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Rock Notes      www.intraigiarun.it

 

Circa la via Ardizzon al Trapezio del Piccolo Lagazuoi

 

note di Gabriele Villa (collaborazione e foto di Stefano Toninel)

 

 

Potremmo cominciare con il parlare del “luogo alpinistico” cui faranno riferimento le note che seguiranno.
Non si tratta di una cima, ma parte di questa, cioè del Piccolo Lagazuoi sopra Passo Valparola.

Questo “luogo alpinistico” è stato chiamato il Trapezio da Eugenio Cipriani e da lui così così descritto:
“Ho chiamato il Trapezio quel settore, di forma vagamente trapezoidale, del versante ovest del Piccolo Lagazuoi compreso tra la Torre n’tra i sass ed il ghiaione calante dall’Anfiteatro.
Qui si trovano la roccia migliore e gli itinerari più belli e ripetuti.
La roccia è splendida, appigliata e ricca di clessidre nonché scaldata dal sole dalle dieci del mattino sino al tramonto.
L’avvicinamento è esiguo, la discesa veloce, le vie numerose e ben attrezzate.
Che volete di più? C’è chi lo considera una “palestra”, il che può anche essere e mi sta bene purché si tenga presente che ci troviamo comunque in ambiente d’alta montagna.

Ciò significa che la vicinanza della rotabile, la comodità d’accesso e la relativa abbondanza di protezioni (sottolineo il termine relativa) non influiscono assolutamente sui temporali, sulle sempre possibili cadute di sassi e sulla pericolosità di eventuali voli da capocordata che, specie, su vie di media difficoltà, sono sempre da evitare.”


Di una di queste vie “numerose e ben attrezzate” ho scritto in un post inviato al sito internet per cui scrivo “intraisassblog”, da cui si riporta l’ampio estratto che segue qui sotto: 

ELOGIO DELLA VIA ARDIZZON
[… poi… conobbi la via Ardizzon alla zona del Trapezio del Piccolo Lagazuoi.
Fu nel 1993, quando arrivò in biblioteca al CAI Ferrara il volumetto a schede plastificate “Primi passi da capocordata”, edito nel 1991 dalla sezione del CAI di Mestre in occasione del trentennale della scuola di alpinismo Cesare Capuis; andato subito esaurito, fu prontamente ristampato nel 1992. Era una raccolta di itinerari scelti di arrampicata: schede blu per i percorsi in prevalenza di terzo e quarto grado (erano la maggioranza), schede rosse per quelli di quarto e quinto grado; lo si poteva avere ordinandolo direttamente alla sezione editrice, cosa che feci subito, assieme agli altri arrampicatori della nostra sezione.
Notai subito la via Ardizzon perché ha tutto per piacere all’alpinista senza troppe pretese: aperta nel 1986 dalla cordata Spavento-Tubaro, presenta uno sviluppo di 280 metri con difficoltà di quarto grado, tratti di quarto superiore e passaggi di quinto meno (questi ultimi addirittura evitabili), a venti minuti di cammino dal Passo Valparola e con una discesa di non più di mezz’ora, prima per cengia, poi per tracce di sentiero e infine per ghiaione che riporta sul sentiero di avvicinamento.
La percorsi la prima volta nel 1994 e la ripetei tre volte nel 1995, cominciando a conoscerne le varianti, a volte per curiosità, altre per necessità, come quella volta che il mio compagno Stenio, arrivato alla sosta del primo tiro, sotto al tetto di quinto meno, guardandolo disse: “Immagino che ci sia il sistema di evitarlo, vero?”.
In effetti c’era, e quella volta lo evitammo sulla destra, ma scoprii anche le varianti a sinistra, ancora più facili, così come, anno dopo anno e occasione dopo occasione, a seconda dei compagni (molte volte allievi del corso di alpinismo del CAI ferrarese) e delle condizioni meteorologiche, si saliva più a destra o più a sinistra della linea originale, scoprendo passaggi diversi, ma sempre su roccia solidissima e piacevole da arrampicare.
Un’altra volta, avendo visto un bel diedro sulla destra, quasi oramai al termine della salita, con una traversata lo raggiungemmo, scoprendo un tiro di corda elegante e molto tecnico, all’inizio valutato di quinto, poi ripetizione dopo ripetizione “retrocesso” a quarto grado superiore. 
Beh, a farla breve, in questi ultimi quindici anni passati da quel 1994 ad oggi, la via Ardizzon l’ho ripetuta un totale di 28 volte con 31 compagni di cordata diversi, in 15 volte delle quali avevo cordate di amici al seguito della mia, con 16 compagni di cordata diversi, per un totale di 47 persone. Questi sono i “numeri” che mi piacciono di più, quelli delle persone che hanno condiviso con me non solo il piacere della scalata, ma anche quello di una giornata di montagna e di alpinismo, pur nella comodità del breve avvicinamento e della semplice discesa.
Sicché, così come era successo per la Torre Piccola di Falzarego, la via non è stata più un fine, ma un mezzo per accompagnare gente in arrampicata, amici, allievi dei corsi, neofiti in cerca di esperienze di scalata su quella bella roccia che regala una bella arrampicata, pochi chiodi di passaggio ma, caratteristica da non sottovalutare, con assoluta mancanza di spit o anelli cementati, e tante fessure e clessidre per un’assicurazione da realizzare con mezzi tradizionali e quel minimo di capacità e di intuizione che un aspirante alpinista deve avere.
Il vantaggio rispetto alla Torre Piccola sta nella minore frequentazione e nella possibilità di scelta con tante altre vie aperte sul Trapezio in particolare da Eugenio Cipriani e da lui descritte nella guida “Oltre la folla”, (Volume primo), uscita a metà degli anni ‘90.
Un’altra peculiarità della via Ardizzon, apprezzata a forza di scoprire varianti sia facili che più difficili, è la sua grande versatilità, perché scostandosi dalla linea di salita di pochi metri si può realizzare un percorso facile-facile (terzo grado con passaggi di quarto grado), fino ad arrivare ad un percorso più impegnativo, ma senza troppo eccedere (quarto grado con tratti di quarto superiore e passaggi di quinto meno). 
L’ottima qualità della roccia e la scarsità di chiodi aggiungono poi quel sapore di alpinismo “vecchi tempi” che si riesce a percepire pur nella vicinanza alla strada del Passo Valparola e del trafficato e iperfrequentato Passo Falzarego.
Per questo è diventata, forse, la mia via preferita e continuo a ripeterla ricavandone sempre rinnovate sensazioni e accumulando piacevoli ricordi. …]


La relazione della via Ardizzon è stata ripresa anche nella guida alpinistica di Mauro Bernardi, “DOLOMITI. Arrampicare a Cortina D’Ampezzo e dintorni.”, pubblicata da Athesia nel 2005.
Una guida bella e veramente ben fatta che è diventata in poco tempo punto di riferimento.
A noi pare comunque che ci sia qualche inesattezza circa l’individuazione della via Ardizzon e qui non s’intende correggere il compito a nessuno, ma solo aggiungere le informazioni a nostra conoscenza per chi avesse voglia e intenzione di andare a percorrerla.
Lo spunto ci è venuto dall’incontro con Piergiorgio Lovati, incontrato proprio sul Trapezio, lui in discesa dalla via Ardizzon, noi in salita dalla via del Canale.

 

 

 

 

 

 





Lui ci diceva di avere ripetuto la via Giordano di Eugenio Cipriani e ci raccontava che si sarebbe aspettato di trovare gli spit che normalmente proteggono le sue vie, noi gli abbiamo risposto che dalla descrizione che ci aveva fatto dell’itinerario si doveva trattare della via Ardizzon (che non è di Cipriani) e che, comunque, sul Trapezio tutte le vie, anche quelle aperte da Cipriani sono protette con chiodi normali (pochi, e fatta salva qualche rara eccezione) e che solo in anni successivi (e in altre zone di arrampicata) lo stesso Cipriani aveva iniziato ad adottare la chiodatura sistematica con gli spit.   
Consultando la guida di Mauro Bernardi abbiamo constatato che l’itinerario descritto e disegnato (contraddistinto dal numero 102) corrisponde, senza ombra di dubbio, a quello della via Ardizzon aperta nel 1986 dalla cordata Spavento-Tubaro e che la via Giordano (o spigolo Giordano come la chiama anche Cipriani), aperta nel 1988 dalla cordata Cipriani-Di Sacco, (o spigolo Giordano come altrimenti chiamata) sale a destra di questa, tra l’evidente riga nera e lo spigolo che delimita a destra il Trapezio.

Da un recentissimo sopralluogo effettuato, abbiamo potuto notare uno spit artigianale su una pancia nera sull’esatta linea della via Giordano riportata nello schizzo di Cipriani, là dove parla di “strapiombino”.
Lo stesso schizzo mostra un tracciato assolutamente lineare e quindi si può ritenere a ragione che la via Giordano superi il tetto là dove passa anche la Ardizzon e che poi prosegua parallelamente a questa, più a meno poco più a destra, forse sovrapponendosi in qualche breve tratto.
E’ di conseguenza da escludere con certezza che l’itinerario contraddistinto da Bernardi con il numero 103 sia la via Ardizzon come riportato, ma verosimilmente è un altro itinerario di Eugenio Cipriani subito a destra di “In amor vince chi fugge” descritta dallo stesso nel già citato “Oltre la folla. Volume primo”.
Al di là dei nomi (erronei) attribuiti alle vie, le difficoltà riportate negli schizzi corrispondono alle difficoltà dell’arrampicata.
Tutto questo, come già detto “non per correggere il compito a nessuno”, ma in virtù delle conoscenze dovute a frequentazione diretta e ripetuta della bella parete del Trapezio.


Concludiamo con un semplice consiglio: portatevi sotto al margine destro del Trapezio, prendete a riferimento la riga di rocce nere più a destra e salite per questa "a sentimento" perchè la qualità della roccia è sempre buona, ci si può proteggere con una certa facilità, sia con clessidre naturali, che con dadi e friends medio-grandi.

Come già scritto più sopra la via Ardizzon è versatile, perché scostandosi dalla linea di salita di pochi metri, ora a destra ora a sinistra, si può realizzare un percorso facile-facile (terzo grado con passaggi di quarto grado), oppure arrivare a salire un percorso più impegnativo, ma senza troppo eccedere (quarto grado con tratti di quarto superiore e passaggi di quinto meno). 
P
otete scendere dalla cima del pilastro che delimita sulla destra il Trapezio (in questo caso avrete percorso 190 metri di parete), infilando un canaletto facile che si scende per pochi metri (chiodo per eventuale assicurazione prima del canaletto) e porta all'anello di calata (doppia da una ventina di metri in parte nel vuoto che porta sulla cengia di uscita verso il ghiaione).
Oppure potete proseguire verso l'alto per altri due tiri di corda (arrivando a 280 metri di sviluppo).
Questa soluzione è molto consigliabile per la bella arrampicata.

Primo dei due tiri per una colata nera su rocce gialle, secondo tiro per paretina verticale, ben lavorata, oppure, spostandosi dieci metri più a destra della linea di salita per andare a prendere un bel diedro di roccia solidissima.

In questo secondo caso si esce sempre per cengia percorrendola verso est, fino ad arrivare a scendere per roccette con detrito e arrivare al ghiaione che riporta alla base della parete.


Bibliografia.

PRIMI PASSI DA CAPOCORDATA.
Scuola di alpinismo "Cesare Capuis". Club Alpino Sezione di Mestre. Anno 1991

OLTRE LA FOLLA. Volume primo.
Eugenio Cipriani. Edizioni CIP. Anno: non indicato, probabilmente 1996 

DOLOMITI. Arrampicare a Cortina d'Ampezzo e dintorni.
Mauro Bernardi. Editrice Athesia. Anno 2005