Potremmo
cominciare con il parlare del “luogo alpinistico” cui faranno
riferimento le note che seguiranno.
Non si tratta di una cima, ma parte di questa, cioè del Piccolo
Lagazuoi sopra Passo Valparola.
Questo “luogo
alpinistico” è stato chiamato il Trapezio da Eugenio Cipriani e da
lui così così descritto:
“Ho chiamato
il Trapezio quel settore, di forma vagamente trapezoidale, del
versante ovest del Piccolo Lagazuoi compreso tra la Torre n’tra i
sass ed il ghiaione calante dall’Anfiteatro.
Qui si trovano la roccia migliore e gli itinerari più belli e
ripetuti.
La roccia è splendida, appigliata e ricca di clessidre nonché
scaldata dal sole dalle dieci del mattino sino al tramonto.
L’avvicinamento è esiguo, la discesa veloce, le vie numerose e ben
attrezzate.
Che volete di più? C’è chi lo considera una “palestra”, il che può
anche essere e mi sta bene purché si tenga presente che ci troviamo
comunque in ambiente d’alta montagna.
Ciò significa che la vicinanza della rotabile, la comodità d’accesso
e la relativa abbondanza di protezioni (sottolineo il termine
relativa) non influiscono assolutamente sui temporali, sulle sempre
possibili cadute di sassi e sulla pericolosità di eventuali voli da
capocordata che, specie, su vie di media difficoltà, sono sempre da
evitare.”
Di una di
queste vie “numerose e ben attrezzate” ho scritto in un post inviato
al sito internet per cui scrivo “intraisassblog”, da cui si riporta
l’ampio estratto che segue qui sotto:
ELOGIO DELLA
VIA ARDIZZON
[… poi…
conobbi la via Ardizzon alla zona del Trapezio del Piccolo
Lagazuoi.
Fu nel 1993,
quando arrivò in biblioteca al CAI Ferrara il volumetto a schede
plastificate “Primi passi da capocordata”, edito nel 1991
dalla sezione del CAI di Mestre in occasione del trentennale della
scuola di alpinismo Cesare Capuis; andato subito esaurito, fu
prontamente ristampato nel 1992. Era una raccolta di itinerari
scelti di arrampicata: schede blu per i percorsi in prevalenza di
terzo e quarto grado (erano la maggioranza), schede rosse per quelli
di quarto e quinto grado; lo si poteva avere ordinandolo
direttamente alla sezione editrice, cosa che feci subito, assieme
agli altri arrampicatori della nostra sezione.
Notai subito
la via Ardizzon perché ha tutto per piacere all’alpinista senza
troppe pretese: aperta nel 1986 dalla cordata Spavento-Tubaro,
presenta uno sviluppo di 280 metri con difficoltà di quarto grado,
tratti di quarto superiore e passaggi di quinto meno (questi ultimi
addirittura evitabili), a venti minuti di cammino dal Passo
Valparola e con una discesa di non più di mezz’ora, prima per
cengia, poi per tracce di sentiero e infine per ghiaione che riporta
sul sentiero di avvicinamento.
La percorsi la prima volta nel 1994 e
la ripetei tre volte nel 1995, cominciando a conoscerne le varianti,
a volte per curiosità, altre per necessità, come quella volta che il
mio compagno Stenio, arrivato alla sosta del primo tiro, sotto al
tetto di quinto meno, guardandolo disse: “Immagino che ci sia il
sistema di evitarlo, vero?”.
In effetti
c’era, e quella volta lo evitammo sulla destra, ma scoprii anche le
varianti a sinistra, ancora più facili, così come, anno dopo anno e
occasione dopo occasione, a seconda dei compagni (molte volte
allievi del corso di alpinismo del CAI ferrarese) e delle condizioni
meteorologiche, si saliva più a destra o più a sinistra della linea
originale, scoprendo passaggi diversi, ma sempre su roccia
solidissima e piacevole da arrampicare.
Un’altra
volta, avendo visto un bel diedro sulla destra, quasi oramai al
termine della salita, con una traversata lo raggiungemmo, scoprendo
un tiro di corda elegante e molto tecnico, all’inizio valutato di
quinto, poi ripetizione dopo ripetizione “retrocesso” a quarto grado
superiore.
Beh, a farla
breve, in questi ultimi quindici anni passati da quel 1994 ad oggi,
la via Ardizzon l’ho ripetuta un totale di 28 volte con 31 compagni
di cordata diversi, in 15 volte delle quali avevo cordate di amici
al seguito della mia, con 16 compagni di cordata diversi, per un
totale di 47 persone. Questi sono i “numeri” che mi piacciono di
più, quelli delle persone che hanno condiviso con me non solo il
piacere della scalata, ma anche quello di una giornata di montagna e
di alpinismo, pur nella comodità del breve avvicinamento e della
semplice discesa.
Sicché, così
come era successo per la Torre Piccola di Falzarego, la via non è
stata più un fine, ma un mezzo per accompagnare gente in
arrampicata, amici, allievi dei corsi, neofiti in cerca di
esperienze di scalata su quella bella roccia che regala una bella
arrampicata, pochi chiodi di passaggio ma, caratteristica da non
sottovalutare, con assoluta mancanza di spit o anelli cementati, e
tante fessure e clessidre per un’assicurazione da realizzare con
mezzi tradizionali e quel minimo di capacità e di intuizione che un
aspirante alpinista deve avere.
Il vantaggio
rispetto alla Torre Piccola sta nella minore frequentazione e nella
possibilità di scelta con tante altre vie aperte sul Trapezio in
particolare da Eugenio Cipriani e da lui descritte nella guida “Oltre
la folla”, (Volume primo), uscita a metà degli anni ‘90.
Un’altra
peculiarità della via Ardizzon, apprezzata a forza di scoprire
varianti sia facili che più difficili, è la sua grande versatilità,
perché scostandosi dalla linea di salita di pochi metri si può
realizzare un percorso facile-facile (terzo grado con passaggi di
quarto grado), fino ad arrivare ad un percorso più impegnativo, ma
senza troppo eccedere (quarto grado con tratti di quarto superiore e
passaggi di quinto meno).
L’ottima
qualità della roccia e la scarsità di chiodi aggiungono poi quel
sapore di alpinismo “vecchi tempi” che si riesce a percepire pur
nella vicinanza alla strada del Passo Valparola e del trafficato e
iperfrequentato Passo Falzarego.
Per questo è
diventata, forse, la mia via preferita e continuo a ripeterla
ricavandone sempre rinnovate sensazioni e accumulando piacevoli
ricordi. …]
La relazione
della via Ardizzon è stata ripresa anche nella guida alpinistica di
Mauro Bernardi, “DOLOMITI.
Arrampicare a Cortina D’Ampezzo e
dintorni.”, pubblicata da Athesia nel 2005.
Una guida
bella e veramente ben fatta che è diventata in poco tempo punto di
riferimento.
A noi pare
comunque che ci sia qualche inesattezza circa l’individuazione della
via Ardizzon e qui non s’intende correggere il compito a nessuno, ma
solo aggiungere le informazioni a nostra conoscenza per chi avesse
voglia e intenzione di andare a percorrerla.
Lo spunto ci è venuto dall’incontro con Piergiorgio Lovati,
incontrato proprio sul Trapezio,
lui in discesa dalla via Ardizzon, noi in salita dalla via del
Canale.

Lui ci diceva
di avere ripetuto la via Giordano di Eugenio Cipriani e ci
raccontava che si sarebbe aspettato di trovare gli spit che
normalmente proteggono le sue vie, noi gli abbiamo risposto che
dalla descrizione che ci aveva fatto dell’itinerario si doveva
trattare della via Ardizzon (che non è di Cipriani) e che, comunque,
sul Trapezio tutte le vie, anche quelle aperte da Cipriani sono
protette con chiodi normali (pochi, e fatta salva qualche rara
eccezione) e che solo in anni successivi (e in altre zone di
arrampicata) lo stesso Cipriani aveva iniziato ad adottare la
chiodatura sistematica con gli spit.
Consultando la
guida di Mauro Bernardi abbiamo constatato che l’itinerario
descritto e disegnato (contraddistinto dal numero 102) corrisponde,
senza ombra di dubbio, a quello della via Ardizzon aperta nel 1986
dalla cordata Spavento-Tubaro e che la via Giordano (o spigolo
Giordano come la chiama anche Cipriani), aperta nel 1988 dalla
cordata Cipriani-Di Sacco, (o spigolo Giordano come altrimenti
chiamata) sale a destra di questa, tra l’evidente riga nera e lo
spigolo che delimita a destra il Trapezio.
Da un
recentissimo sopralluogo effettuato, abbiamo potuto notare uno spit
artigianale su una pancia nera sull’esatta linea della via Giordano
riportata nello schizzo di Cipriani, là dove parla di
“strapiombino”.
Lo stesso
schizzo mostra un tracciato assolutamente lineare e quindi si può
ritenere a ragione che la via Giordano superi il tetto là dove passa
anche la Ardizzon e che poi prosegua parallelamente a questa, più a
meno poco più a destra, forse sovrapponendosi in qualche breve
tratto.
E’ di
conseguenza da escludere con certezza che l’itinerario
contraddistinto da Bernardi con il numero 103 sia la via Ardizzon
come riportato, ma verosimilmente è un altro itinerario di Eugenio
Cipriani subito a destra di “In amor vince chi fugge” descritta
dallo stesso nel già citato “Oltre la folla. Volume primo”.
Al di là dei
nomi (erronei) attribuiti alle vie, le difficoltà riportate negli
schizzi corrispondono alle difficoltà dell’arrampicata.
Tutto questo,
come già detto “non per correggere il compito a nessuno”, ma in
virtù delle conoscenze dovute a frequentazione diretta e ripetuta
della bella parete del Trapezio.
Concludiamo
con un semplice consiglio: portatevi sotto al margine destro del
Trapezio, prendete a riferimento la riga di rocce nere più a destra
e salite per questa "a sentimento" perchè la qualità della roccia è
sempre buona, ci si può proteggere con una certa facilità, sia con
clessidre naturali, che con dadi e friends medio-grandi.


Come già
scritto più sopra la via Ardizzon è versatile,
perché scostandosi dalla linea di salita di pochi metri, ora a
destra ora a sinistra, si può
realizzare un percorso facile-facile (terzo grado con passaggi di
quarto grado), oppure arrivare a salire un percorso più impegnativo, ma
senza troppo eccedere (quarto grado con tratti di quarto superiore e
passaggi di quinto meno).
Potete scendere dalla cima del pilastro che
delimita sulla destra il Trapezio (in questo caso avrete percorso
190 metri di parete), infilando un canaletto facile che
si scende per pochi metri (chiodo per eventuale assicurazione prima
del canaletto) e porta all'anello di calata (doppia da una ventina
di metri in parte nel vuoto che porta sulla cengia di uscita verso
il ghiaione).
Oppure potete proseguire verso l'alto per altri due tiri di corda
(arrivando a 280 metri di sviluppo).
Questa soluzione è molto consigliabile per la bella arrampicata.
Primo dei due tiri per una colata nera su rocce
gialle, secondo tiro per paretina verticale, ben lavorata, oppure,
spostandosi dieci metri più a destra della linea di salita per
andare a prendere un bel diedro di roccia solidissima.


In questo secondo caso si esce sempre per cengia
percorrendola verso est, fino ad arrivare a scendere per roccette
con detrito e arrivare al ghiaione che riporta alla base della
parete.
Bibliografia.
PRIMI PASSI DA CAPOCORDATA.
Scuola di alpinismo "Cesare Capuis". Club Alpino Sezione di Mestre.
Anno 1991
OLTRE LA FOLLA. Volume primo.
Eugenio Cipriani. Edizioni CIP. Anno: non indicato, probabilmente
1996
DOLOMITI. Arrampicare a Cortina d'Ampezzo e dintorni.
Mauro Bernardi. Editrice Athesia. Anno 2005