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un commento-racconto che prende spunto da un commento di Gabriele Villa 

 

di Massimo Bursi

 

Caro Gabriele Villa,
consentimi di darti del tu.

Ho appena letto il tuo appassionato commento al racconto di Mauro Loss della sua prima salita al Campanile Basso e mi è venuto spontaneo ripensare alla mia estate e alle analoghe sensazione ed emozioni provate andando in montagna con i miei figli…

Premetto che una volta mi piaceva tantissimo arrampicare e scalare dappertutto neve e ghiaccio, Dolomiti e Monte Bianco e poi decisi assieme a mia moglie di mettere al mondo una nutrita schiera di 4 figli con cui siamo sempre andati in montagna d’estate e d’inverno a piedi, con gli sci e con la bici.
Ma l’attività in montagna ne ha risentito…
Ora i tre maggiori sono adolescenti e i rapporti con loro non sono di facile gestione – alcuni miei amici senza figli mi dicono “dovresti fare così e lasciargli meno libertà…”, la realtà è che fare i genitori con i figli degli altri è semplice ma con i propri è una lotta!!!!
Da quando i tre maggiori hanno assaporato la libertà adolescenziale non siamo più riusciti a portarli in montagna con noi …. fino a quest’estate!

Bene, a fine luglio, terminati gli impegni lavorativi, ho 45 anni, mi sono proposto di partire qualche giorno per il Brenta con obiettivi nebulosi e sostanzialmente con tanta voglia di camminare da solo per giorni e giorni.
Finché preparavo lo zaino Paolo il secondogenito mi avvicina e mi chiede se può venire anche lui:  
Certo, - ho risposto - prendi uno zaino, un’imbragatura e qualche moschettone ed andiamo!
Non pensavo di passare giorni di attività frenetica su e giù per tutti i rifugi del Brenta, facendo tutte le ferrate che mai avevo fatto integralmente e soprattutto cercando di stare dietro ad uno scatenato Paolo pieno di energia.
Ho rivisto, dall’alto le montagne, le pareti di cui negli ultimi anni mi ero completamente scordato ….
Paradossalmente la sera prima di effettuare il percorso delle Bocchette ero un po’ in apprensione “Paolo ce la farà?” ed ancora “Speriamo che non succeda nulla” e comunque faticavo a dormire nel rifugio Pedrotti.
Ero un padre emozionato ed in tensione su un percorso che vent’anni prima avevo percorso con i dopo-sci per andare all’attacco del Campanile….
Per fortuna alla mattina l’azione e l’entusiasmo contagioso di Paolo hanno dissipato ogni mio dubbio…
Insomma questa traversata del Brenta mi ha dato molto entusiasmo e subito mi sono detto:
Questa è stata la mia più bella giornata in montagna!” e l’emozione di condurre un figlio nelle amate Dolomiti, credimi Gabriele, è una sensazione stupenda e di una potenza incredibile.

Poi siamo tornati a casa e, gasati, abbiamo organizzato una micro-spedizione di otto giorni di tutta la famiglia e quindi tutti sei sul Monte Bianco con base ad Entreves di Courmayeur.
Ovviamente ho dovuto comprendere diverse esigenze: chi voleva vedere animali con il binocolo, chi voleva fare shopping a Chamonix, chi voleva andare in piscina ma con vista sul Dente del Gigante, chi voleva andare al Parco Avventura e così via. Per fortuna sono riuscito ad infilare in macchina, carica all’inverosimile, anche una sporta con tre paia di ramponi, piccozze, caschi e corda… non si sa mai!
Le giornate scorrono piacevolmente fra gite e temporali fino a quando, complice una bella giornata, decidiamo di salire il Petit Mont Blanc, montagna non difficile, ma lunga e che richiede un certo allenamento e consuetudine a ramponi e piccozza nella sua parte sommitale. Accompagno Francesco e Paolo e fatico a tenere il loro passo, con noi ci sono altri amici di Torino, siamo un bel gruppo.
Arriviamo al Bivacco Rainetto poco sopra i 3000 metri e mi rendo conto che non ho più fiato e forse ho un po’ di mal di montagna, cosa che non ho mai mai avuto in tanti anni di alpinismo ma ora complice l’età, lo scarso (nullo) allenamento e la mancata consuetudine con la quota evidentemente salta fuori anche questa novità.
Ci leghiamo e faticosamente mi trascino verso la cima, con i figli che mi chiedono come mai vado così lento e come mai le altre cordate che troviamo ci superano senza problemi. Ma non mollo anche se questo mi costa tanta fatica.
Con estrema fatica e lentezza arriviamo in cima, io sono commosso, piango in silenzio quando mi rendo conto che non sto sognando ma che sono qui con i miei due figli più grandi.
Osservo il panorama, grandioso come sempre, preghiamo assieme, non riesco a mangiare nulla, i ragazzi mi fregano l’acqua, ma sono ancora sul Monte Bianco dopo 20-25 anni e questa volta sono qui con i figli che per tanti anni ho portato sullo zaino, che per tanti anni ho tenuto con gli sci in mezzo le mie gambe a spazzaneve, che per tanti anni ho cercato, con tutti i miei limiti, di educare e a cui per tanti anni ho cercato di far amare la natura selvaggia.
E’ un momento veramente di fortissima emozione che da tanto tempo non vivevo.

Peccato che mia moglie non sia potuta salire con noi, ma sia rimasta con MariaLucia e con Giovanni a Chamonix ad osservare il Dru. Saliremo l’anno prossimo con lei e magari ci alleniamo un po’ per salire in cima al Monte Bianco di nuovo come ai vecchi tempi.
Alla fine rimane questa fotografia, da screensaver, con - da sinistra - Daniele, Alessandro, Massimo, Paolo, Francesco. In realtà con Paolo e Francesco si è creato un legame di forte complicità che tornerà utile nei prossimi momenti di crisi adolescenziale.

Caro Gabriele ecco cosa mi è toccato vivere quest’estate in maniera fortuita ed assolutamente non preparata a tavolino. Complimenti ancora ai tuoi interventi di blogger su INTRAISASS ed alla bella iniziativa di INTRAIGIARÙN che leggo, entrambi, sempre molto volentieri.

Massimo Bursi
Verona, estate 2008