a “Ricordo di una prima volta
al Campanil Basso ” di Mauro Loss
di
Gabriele Villa
Quando ricevemmo in redazione il racconto di Mauro Loss “Ricordo
di una “prima volta” al Campanil Basso” lo lessi con grande
emozione.
Nella mail di
ricevuta ricezione gli scrissi in seguito:
“Il tuo racconto mi è piaciuto molto. Mi ha anche commosso perché un
padre è ciò che non ho mai potuto avere (sono rimasto orfano all'età di
due anni...).
Belle anche le
foto la cui qualità testimonia del tempo passato”.
Beh, posso
dire al di
là ed oltre l’emozione personale che mi ha dato per il motivo suddetto, il racconto mi è
piaciuto anche perché coglie con grande discrezione i momenti di
attenzione del padre verso il figlio e in questo si riconosce la forza
del legame affettivo che li lega, ma anche, io credo, la grande
sensibilità dell’alpinista che sa cogliere le titubanze e le tensioni
che agitano il figlio, riuscendo ad aiutarlo a controllarle e non
farsene sopraffare.
Così nel superare
l’emozione della vigilia di questa specie di “prova da adulto”:
“Papà se ne accorge cerca di tranquillizzarmi, mi sorride e mi parla
come mai aveva fatto prima.
La notte fu una notte agitata passata quasi
insonne pensando al domani.
Papà, che di solito dorme della grossa, questa volta è lì vicino a me
pronto a tranquillizzarmi e darmi coraggio”.
Così ancora
l’indomani nel momento in cui il padre, senza enfasi e con naturalezza, “cede” il comando della cordata
al figlio e poi, intuendone l’emozione, gli parla fino a quando
probabilmente si accorge che quest’ultima è oramai controllata e
l’arrampicata è diventata fluida e quindi più sicura:
“Poco dopo siamo alla base della parete Pooli.
Papà non prende il materiale che gli sto porgendo mi guarda tranquillo e
sereno mi dice:
“Bocia il papà è stanco ora tocca a te”.
Resto sorpreso, non rispondo e stranamente riattacco il materiale e
parto.
Papà mi parla continuamente, sempre con estrema calma e tranquillità,
non sento più freddo e sono sempre più sicuro, la sua voce mi infonde
serenità.
Ora arrampico tranquillo so di essere in armonia con me stesso e la
roccia non fa più paura.
Arrivo in sosta, guardo giù papà e gli altri compagni di avventura e
finalmente sorrido. Da lì in poi solo piacere, piacere di arrampicare e
il sorriso di papà, la sua voce calma e pacata che mi accompagna mentre
arrampico”.
Quando ero ragazzo
mi consolavo della mia condizione di orfano dicendomi che un giorno non
avrei dovuto soffrire per la perdita di mio padre, oggi penso che è vero
il contrario e vale la pena affrontare anche questo inevitabile dolore
che riserva la vita, se dentro di noi abbiamo un patrimonio di ricordi e
di esperienze formative che ci ha trasmesso un genitore.
Devo dire che il racconto di Mauro Loss ha rafforzato questa mia attuale
convinzione.

Questo commento ci dà l'occasione per allegare un paio di immagini che descrivono i
"primi passi" del nostro autore trentino che hanno preceduto quella sua
"prima volta"
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