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I nostri commenti   www.intraigiarun.it


a “A BACK - DOWN Le nuvole e i tempi” di Rita Vassalli  
 

di Gabriele Villa



"Allora non arrampichi proprio, oggi?"

"No, la schiena mi fa male... Preferisco stare seduta a scrivere."

"E che cosa scrivi?"

"Pensieri...

Erano i primi giorni di aprile di un anno fa, l'ambiente era quello dei Sassi ai Colli Euganei, la giornata era bella e mentre io, armato di forbici, sega e spazzola d'acciaio, provavo a contrastare l'avanzare della vegetazione sulla trachite, in vista di future arrampicate, Rita iniziava a scrivere quello che sarebbe diventato "A BACK - DOWN
Le nuvole e i tempi
", un racconto che avrebbe impiegato parecchi mesi ad arrivare in redazione a intraigiarùn perchè l'autrice aveva sempre qualcosa da modificare, qualche parola da togliere o un'altra da aggiungere, sembrava se lo volesse coccolare.

La prima lettura era stata un po' difficoltosa, c'erano almeno tre font diversi che si alternavano e si mescolavano ai corsivi, il tutto per poter evidenziare là dove si intersecavano il presente, il passato, l'immaginario, i flash back, ma al di là di ciò il racconto trasmetteva sensazioni e introduceva il lettore in un mondo personale quasi indefinito, nel quale si capiva che dove non aveva potuto la realtà aveva provveduto la fantasia creativa.
Alla fine potrei cavarmela con una annotazione molto semplice: "Proprio un bel racconto".

 

C'è però anche una considerazione che questo racconto di Rita mi ha ispirato.

Quando si arrampica (specialmente se si va sull'impegnativo) molto spesso ci si concentra soprattutto sulle difficoltà tecniche della via da affrontare e l'attenzione si sposta "fuori" dalla cordata; al contrario quando si arrampica su vie meno difficili, quindi con uno spirito più rilassato, è più facile pensare "dentro" la cordata e allora ci si accorge che chi è legato a noi non solo è un arrampicatore, ma porta con sé un "mondo interiore", spesso tutto da scoprire.

Il pregio del racconto di Rita è di proprio quello di aprire spiragli di conoscenza sul suo mondo interiore legato all'arrampicata sul quale sembra dominare una paura ancestrale, che è comune a tutti quelli che arrampicano, ma che in lei ha assunto connotati più precisi e quindi per questo molto più tangibili e condizionanti.

Forse proprio per questo nella storia viene immaginata una caduta durante una corda doppia ed ecco materializzarsi un "angelo protettore", figura consolatoria, ma ugualmente non risolutiva nei confronti delle conseguenze subite.

Il finale lascia aperto il dubbio nel lettore, non c'è una risposta definitiva, rimane quasi un senso di ansia.

Forse l'unica certezza che viene lasciata a chi legge è che quella fantasia sia stata evocata con le funzioni di un esorcismo contro la paura, proprio "quella paura", la stessa che il ricorso al "carapace" non è riuscito a sconfiggere.