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scendo dalla macchina, la temperatura è attorno agli 8 gradi, su allo
Zeni sicuramente farà freschetto. Guardo
Il sentiero dopo un breve tratto pianeggiante si fa erto, addentrandosi nel fitto della peccata e come sempre ci si racconta del tempo passato senza vedersi, di salite e di tanto altro. I sassi, le radici, l’erba, scorrono sotto i nostri piedi, al ritmo cadenzato e veloce dei passi di Daniele, ben allenato dopo aver montato la teleferica del Velo.
Con la fatica nasce anche una domanda che la sera prima, trasportato dall’entusiasmo, non mi ero posto: sarò in grado di percorrere la via di oggi? Riuscirò a superare le difficoltà di quei 5 muri che sbarrano l’accesso alla sommità della Piramide Armani? Evito di pensarci, anche perché fino a quando non si prova …. Arriviamo all’attacco, scorgiamo un’altra cordata sullo spigolo a sinistra, la nostra via attacca direttamente una placca piena di buchi all’apparenza invitante. A Tommaso toccano i primi tre dei nove tiri della via; subito assaggiamo di che pasta era fatta la cordata Maffei – Leoni: percorso poco evidente, da trovare metro dopo metro, scarse protezioni, difficoltà di integrare con friends e nuts a causa della compattezza della roccia, inoltre il freddo e l’umidità presente in questo tratto non aiutano la progressione. Tommaso però è bravo e trova la strada in questo mare di placche, con pochi chiodi e difficoltà intorno al 6 e 7 grado.
Intanto il mio stato di forma può essere classificato da pessimo ad orrendo e continuo a maledirmi per non poter godere a pieno e rilassato del panorama e della roccia magnifica. Dopo
qualche errore di percorso, a causa di un chiodino fuori via, Tommaso
arriva con una galoppata di Per un attimo ho soppesato l’idea di gettare la spugna, di mettere sotto i tacchi l’orgoglio e far andare avanti chi più in forma, ma poi ho pensato a come mi sarei sentito se almeno non avessi provato. Appena presa la decisione il sangue ha cominciato a circolare più velocemente, a riscaldarmi i piedi, le mani e a darmi più energie mentali e poi c’erano gli altri due che ridevano e scherzavano, cosa che rendeva l’atmosfera tutt’altro che tesa. Parto
in direzione della prima clessidra con cordino, la rinvio e volgo lo
sguardo verso l’alto: placca con alcune tacche, poi dei buchi che
sembrano buoni, ma il cordone successivo è bello lontano. Vado, non vado,
vado, non vado, vado… e in quel momento ero solo io e la Vallaccia, pensavo solo ai movimenti che venivano da soli e la roccia era talmente
bella che mi faceva dimenticare dove fosse l’ultima protezione ed il
panorama talmente grandioso che mi sentivo troppo bene ed ero talmente
contento di essere lì che quasi non facevo caso agli avambracci ghisati e
dopo Altri due tiri uno di 4 e l’altro di 5+ ci portano sotto l’ultimo muro di 7+; ora tocca a Daniele che elegantemente danza sui buchetti di queste placche fantastiche, chioda con meravigliosi equilibrismi, annoda cordini con una sola mano in clessidre nascoste e leggero arriva alla cengia alla fine delle difficoltà. In cima l’abbraccio e in quel momento ho sentito di essere a casa, di non essere estraneo a quel meraviglioso mondo, di essermi guadagnato il diritto di godere, di bere, di divorare con gli occhi tutto quello che la natura ci stava offrendo e mi son sentito fortunato per poterlo condividere con Amici. Ora
cosa resta? Oltre ad una pagina di diario con alcuni numeri e delle
impressioni, fortunatamente niente, probabilmente il vento ha già portato
via quella poca polvere bianca che abbiamo lasciato sugli appigli.
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