La via
Decima, sedici anni dopo ...
di
Gabriele Villa
“Ma tu, questa
via, l’hai già fatta?”
“Sì, una quindicina d’anni fa”.
L’amico mi guarda dritto negli occhi con un’espressione che mi
pare un pò incredula e quasi di rimprovero; sembra pensare “... sa
tiè vecc! ... “ (Se sei vecchio ...).
La giornata è bella. Dopo giorni di scirocco africano, con l’igrometro
di casa finito a fondo scala e quel caldo appicicaticcio a cui noi
ferraresi, nonostante tutto, non riusciamo ad abituarci, il vento da nord
ha spazzato via ogni nube e il cielo è terso e azzurro. Prepariamo le
corde per la scalata.
In un primo momento avevo pensato di starmene giù, a godermi il sole
autunnale ed a guardare gli altri arrampicare, poi, le premurose
insistenze degli amici mi hanno convinto.
Del resto la via è bella e nemmeno troppo difficile. La conosco per
averla già fatta con Marco, allora giovane promettente istruttore della
nostra Sezione, la vigilia di ferragosto del 1988.
Ricordo che, dopo i primi tiri di corda, gli cadde la macchina fotografica
che finì sul ghiaione sottostante. Dopo la salita, la cercammo con la
speranza di recuperare, almeno, il rullino con le foto scattate, ma
rimanemmo delusi perchè si era aperta e la pellicola aveva preso luce.
Oggi mi legherò con Franz e precederemo Chicco e Alessandro che saliranno
a comando alternato.
Nonostante non sia molto concentrato mentalmente, salgo relativamente
tranquillo; del resto ho compagni affidabili. La via è di una logicità
perfetta, la roccia è solida e sicura, verticale ed a tratti
strapiombante, ma con maniglie nette e abbondanti; veramente una bella
realizzazione.
La via Decima, Todesco,
Della Santa, Brustolon, fu aperta nel 1976 ad opera di una cordata di
agordini che ho tutti conosciuto personalmente.
Gigi Decima lo ricordo seduto sul divano di casa De Donà, intento a
parlare con alcuni amici assieme ai quali era venuto a trovare Bruno, in
quegli anni alpinista di riferimento dell’intero agordino, conosciuto da
tutti gli arrampicatori della zona. Con gli occhialini e la faccia pulita
dello studente universitario, parlava e scherzava in modo brillante;
passammo un paio d’ore divertenti a parlare di montagne e di
arrampicate. Era un buon scalatore ed aveva al suo attivo parecchie
classiche, anche in artificiale. Di lì a pochi giorni concluse la sua
breve vita precipitando in discesa dalla Torre Venezia. Gli amici che
erano scesi prima di lui lo videro volare senza un urlo e sfracellarsi ai
piedi della parete. Rimasi molto colpito da quell’episodio e decisi che
non sarei mai salito sulla Torre Venezia e, a tutt’oggi, ho rispettato
quella decisione.
Fausto Todesco lo avevo intravisto di sfuggita a Pecol di San Tomaso, il
paese dei miei zii materni dove, in quegli anni, trascorrevo abitualmente
le vacanze estive. Bruno mi aveva parlato del Fausto e, in particolare,
della loro salita alla diretta Steger sul Catinaccio che si era conclusa a
notte fonda, con una discesa fatta “ a naso” sul versante
bolzanino e qualcuno che, mosso a compassione, li aveva riportati in auto
a Gardeccia. Bruno rideva divertito nel ricordare l’entusiasmo di Fausto
per la bellezza dell’arrampicata che manifestava con continui
apprezzamenti, mentre lui lo sollecitava ripetendogli “... sì, l’è
bèl, ma mòvete ...” (Sì, è bello, ma fai in fretta ...). Poi
Fausto l’ho conosciuto di persona ed apprezzato come gestore del rifugio
Carestiato alla Moiazza e l’ho sempre salutato più che volentieri ogni
volta che ho frequentato quelle crode.
Sonia Della Santa la vidi una sola volta, sempre a casa da Bruno, di
ritorno da un’arrampicata che avevano fatto assieme ad un gruppo di
amici del luogo. Mi ricordo una morettina, vivace e anche carina, che
parlava di arrampicata in toni entusiastici. Ricordo che abitava a Caprile
e che, oltre a quella volta, non la incontrai più.
Del Pier Costante Brustolon ne avevo solo sentito parlare, naturalmente da
Bruno. Lo conobbi in anni successivi al Vazzoler, il rifugio che gestiva
assieme alla madre ed alla giovane moglie.
Facemmo tappa al rifugio con la comitiva dell’alpinismo giovanile e
ricordo che alcuni ragazzi, fra i quali mio figlio, giocando nel
giardinetto botanico, avevano combinato qualche danno. Mi dovetti sorbire
una più che giusta ramanzina dal Pier, il quale mi richiamò severamente
ai miei doveri di educatore e di accompagnatore. Ebbi l’impressione che,
conoscendo i miei ascendenti agordini e considerata la comune amicizia con
Bruno, non avesse troppo calcato la mano, quel giorno, nel rimproverarmi,
trattenendosi, pur se con visibile sforzo.
Adesso mi dicono gestisca il piccolo rifugio Maria Vittoria Torrani sulla
Civetta.
Ma questi sono soltanto
ricordi personali che poco centrano con l’arrampicata di oggi, anche se
della tragica fine di Gigi Decima ho fatto cenno agli amici.
La “sua” via è veramente entusiasmante e sono contento di essermi
sforzato di salire, ricacciando l’idea di starmene in panciolle, senza
pensieri, alla base della parete. Anche perchè la giornata si è andata
guastando tanto che, mentre scendiamo dagli Scalet delle Masenade, ha
cominciato a cadere un nevischio insistente. Rientrando siamo passati per
il Carestiato a salutare Fausto Todesco; stava “sbaraccando” come ha
detto lui, perchè gli hanno dato lo sfratto.
Il rifugio dovrà essere ristrutturato l’anno prossimo e poi la gestione
passerà probabilmente ad altri.
Non ci ha nascosto la sua delusione, dopo ventisette anni di gestione e
noi abbiamo ascoltato con partecipazione il suo amaro sfogo. Rientrati al
Passo Duran aspettiamo poi gli altri amici al rientro dalla Torre Jolanda.
Arrivano dopo un pò, mentre continua a nevicare e il termometro segna
–4°C.
Adesso sì che è arrivato l’autunno.
Gabriele Villa
Ferrara, 10 novembre
2004
Gruppo della Moiazza
- Pala delle Masenade
Via Decima, Todesco, Della Santa, Brustolon
Sviluppo: 350 metri
Difficoltà: IV e V grado, con un passo di V+
Francesco Pompoli con Gabriele Villa - Michele Scuccimarra e Alessandro
Zavatti (com. alt.)
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