Ciaspolata con vista al Col de Giatei

di Gabriele Villa


Dalla terrazza del Rifugio Fedare il Col de Giatei, nonostante i suoi soli 2.183 metri, si presenta con una discreta rilevanza grazie alla ripida parete rocciosa che incombe e scende sulla strada del Passo di Giau.
Il versante opposto digrada obliquamente fino a innestarsi in una dorsale tutta innevata che collega alcuni colli che formano le creste di Zonia, le quali arrivano e terminano su di una cima di 2.282 metri che sovrasta il Passo di Giau e dà il nome alle creste. Con buone condizioni di innevamento le creste di Zonia possono essere percorse con le ciaspole, in un senso o nell'altro, offrendo un'escursione molto panoramica che non presenta troppe difficoltà per chi abbia un poco di pratica. Per chi ama la tranquillità la salita al Col de Giatei può essere una buona scelta perchè non essendo molto frequentato offre sia solitudine che il piacere di scegliere e battersi la traccia in neve fresca, esattamente quello che abbiamo deciso di fare noi in una domenica che le previsioni meteo davano eccezionale, con cielo terso, ottima visibilità e, soprattutto, senza vento dopo giorni in cui lo stesso aveva sferzato le Dolomiti.

Per l'escursione si può partire direttamente dal Rifugio Fedare, posto a 2.000 metri di altitudine, ciaspole alla mano, a fianco strada per circa trecento metri fino ad arrivare ad una curva della strada nei pressi di un paio di baite.

Calzate le ciaspole si cerca il percorso del sentiero estivo, ma noi siamo stati fortunati a trovare una traccia di sci nella quale non si sfondava molto e saliva con percorso lineare e logico che ci ha portato fin su alla strada del Giau e poi, a fianco di questa e sopra al guard-rail sulla neve dura gettata dalla fresa-spazzaneve, siamo arrivato alla conca che arriva fin su al Passo Giau e in bella vista della nostra cima.

Non ci sono tracce se non di sci, che non ci interessano più di tanto perchè il percorso ce lo dobbiamo battere noi scegliendo i tratti meno ripidi ed evitando i cumuli di neve ventata che in questa zona non mancano di certo.
Questa prima parte presenta una crosta di neve dura ma non è portante per cui ad ogni passo si sfonda un po'.
Puntiamo leggermente a sinistra per arrivare alla base del pendio per poi salire alla cresta che si collega alla parete che scende dal Col de Giatei.

Ci vuole calma e regolarità perchè in questo tratto che non prende sole la neve è più farinosa, ma per fortuna non si sfonda tanto e pian piano si continua a salire.

In corrispondenza di un cumulo di neve scavo con il bastoncino e vedo che dai trenta centimetri di spessore si passa ad oltre un metro, ma intanto guadagniamo quota e il panorama comincia ad "allargarsi", in un cielo blu.

Eccoci finalmente all'ampia forcella di fronte al profilo inconfondibile del versante nord-ovest del Civetta, ma è al pendio sommitale del Col de Giatei che guardiamo e alla incredibile cornice di neve formata dai forti venti.

Il tratto di pendio che porta alla cima lo saliamo non facendoci guidare dagli occhi bensì dai piedi, infatti sono loro che ci fanno accorgere che verso la cornice il vento ha depositato tanta neve mentre, una decina di metri più a destra, lo spessore del manto è inferiore, infatti scavando con il bastoncino arrivo a vedere i licheni del suolo.

Ed ecco che la pendenza diminuisce passo dopo passo e, infine, si annulla nel ripiano della cima: dai qui non si domina ma si spazia verso l'orizzonte e anche le scie degli aerei e le nuvole fanno da cornice ad un quadro stupendo dove la scena è tutta per il monte Pore, in primo piano, e la Marmolada, sulla sfondo, ma "regina".

Il raggiungimento della vetta di una montagna è una grande emozione e il panorama tutt'intorno ne è la sostanza che nessuna foto può contenere e raccontare se non in piccola parte.
Di foto ne puoi scattare fin che vuoi ma l'emozione è solo tua e non è trasmissibile, magari con le parole e le fotografie puoi provare a fare venire la voglia a chi ascolta e guarda di andare per provarla a sua volta.
Oggi di vento non c'è traccia e il sole tiepido favorisce una pausa per mangiare e guardarsi intorno a sazietà.

Iniziando la discesa possiamo vedere meglio le creste e così decidiamo che le seguiremo per il tratto che non presenta ripidità fino a trovare un pendio che ci riporti nel vallone sottostante per poi chiudere il percorso disegnando un anello che ci riporterà sulla traccia di andata all'imbocco della conca.

Dall'alto della cresta possiamo vedere e valutare meglio gli accumuli di neve prodotti dal vento che abbiamo evitato con la nostra traccia di salita: a volte guardando dal basso verso l'alto non si riesce a coglierne a pieno le dimensioni e la conseguente pericolosità quando ci sono condizioni termiche che producono pericolo valanghe.

Ci teniamo a debita distanza dal bordo perchè non siamo riusciti a valutare bene la grandezza della cornice e preferiamo traversare tra licheni e tratti di neve crostosa per stare sul sicuro.

Cerchiamo il pendio più regolare possibile e poi iniziamo a scendere traversando abbastanza lungamente fino a raggiungere la conca e la attraversiamo puntando ad un piccola baita chiusa avendo la fortuna di trovare una panca asciutta dove facciamo una lunga pausa per goderci il caldo sole del pomeriggio.

 

La nostra panca è anche un buon punto di osservazione dal quale riusciamo a vedere il giro che stiamo facendo.

Il piacere però non è finito, davanti a noi c'è un pendio candido senza la benché minima traccia di passaggio che ci porterà giù alla strada asfaltata a fianco della quale troveremo le nostre impronte della salita.
Seguendole a ritroso ci riporteranno al Rifugio Fedare.
A fine escursione saranno poco più di tre chilometri percorsi con circa duecento metri di dislivello in salita superati, ma non sono certo i numeri a misurare la soddisfacente bellezza di questa giornata tutta fuori traccia e in libertà.    

Gabriele Villa
Ciaspolata con vista al Col de Giatei
Domenica 28 gennaio 2024