La traversata Rondinaio - Giovo

di Roberto Belletti


Il gruppo del Monte Giovo, in provincia di Modena, è uno degli angoli, secondo me, paesaggisticamente più belli dell’Appennino Tosco-Emiliano. Le cime del Monte Giovo, del Rondinaio Lombardo e del Rondinaio fanno da contorno a un circo glaciale che dà forma a due bellissimi laghetti in quota, il Lago Santo e il Lago Baccio.
D’estate, l’acqua di questi laghi è talmente trasparente che le montagne intorno vi si perdono dentro e si fa fatica a distinguere il riflesso dall’originale. Pur non avendo impianti di risalita e piste per lo sci, la zona è ugualmente molto frequentata e il rifugio Vittoria, che si trova sulle sponde del Lago Santo, è sempre pieno sia d’estate che in inverno. Anzi, forse proprio perché liberi dall’ingombrante presenza degli sciatori da pista, durante la stagione fredda questi luoghi diventano un paradiso per scialpinisti, praticanti di alpinismo invernale e ciaspolatori.
Gli itinerari in zona non mancano. Si va dalla semplice salita dal parcheggio al Rifugio Vittoria per ammirare il Lago Santo (con annessa visita eno-gastronomica al rifugio), al facile sentiero che porta al Lago Baccio con vista privilegiata sul circo glaciale, alle cime del Lombardo, del Rondinaio e del Monte Giovo, fino ai canali che ne risalgono i versanti e alle creste che ne collegano le vette. Le creste, appunto.

Già d’estate quella che unisce Giovo e Rondinaio è un itinerario interessante, con tratti aerei ed esposti, passaggi di arrampicata per vincere salti rocciosi e, infine, la bella placca verticale della Grotta Rosa attrezzata con cavo d’acciaio. Ma è quando è carica di neve, che questa cresta indossa il vestito più bello.
Quando in Appennino c’è maltempo, di solito soffia anche un vento impetuoso.
E allora sui crinali si formano cornici proiettate nel vuoto che sfidano, almeno temporaneamente, la gravità, mentre i pendii diventano distese di fiori di ghiaccio e bizzarri sastrugi.
Le difficoltà nel percorrere la cresta fra il Rondinaio e il Monte Giovo sono molto variabili a seconda delle condizioni e alla quantità della neve, ma sono comunque contenute e abbastanza discontinue. Tuttavia, vi sono diversi passaggi che richiedono molta cautela, specie se si procede da soli senza assicurazione. C’è inoltre da augurarsi che la placca attrezzata della Grotta Rosa sia sgombra dalla neve, altrimenti il suo superamento potrebbe diventare piuttosto difficoltoso, considerato anche il fatto che la cresta non ha vie di fuga (facili).

E così eccomi in questa fredda mattina di inizio marzo a risalire con l’auto la Valle delle Tagliole dopo essere passato per Pievepelago e a parcheggiare negli ampi spazi presenti alla fine della strada (parcheggio a pagamento). È presto e non c’è ancora quasi nessuno, ma la situazione, al solito, diverrà l’opposto nel pomeriggio.
Caschetto, piccozza e ramponi sono l’attrezzatura minima indispensabile per affrontare questa traversata in solitaria. Potrebbero fare comodo anche le ciaspole per superare eventuali tratti di neve non portante, ma preferisco risparmiare sul peso e guadagnare in agilità.
E così anche questa volta le ciaspole resteranno ad aspettarmi nel bagagliaio dell’auto. La strada che porta al Lago Baccio è ben battuta e non presenta tratti ripidi. Decido quindi di calzare i ramponi più avanti.
Si supera il lago, completamente ghiacciato, dal lato destro e ci si inoltra nell’ampio vallone che degrada dal Monte Rondinaio. Oggi la neve è bella portante e camminabile quindi i ramponi possono ancora riposare nello zaino.

Ormai siamo fuori dal bosco, costantemente accompagnati dal panorama delle cime del gruppo e dei canali che ne risalgono le ripide pareti. A un buon punto della salita fa la sua comparsa la cima del Monte Rondinaio al culmine del vallone. La risalita di un ripido pendio per arrivare alla forcella del Passetto è il tratto finale di avvicinamento alla cresta. Qui, la pendenza e le condizioni della neve, dura e ghiacciata, suggeriscono che finalmente è arrivato anche il turno dei ramponi. Dal Passetto si può osservare abbastanza bene tutta la prima parte del percorso di cresta, che è anche il tratto più impegnativo. La forcella è quindi un buon punto di sosta dove fare le proprie valutazioni sul se e sul come procedere. Come detto, la cresta non ha vie di fuga facili.
L'Altaretto, una delle cime attraversate dalla cresta, sembra abbastanza sgombro dalla neve, e questo fa ragionevolmente pensare che lo sia anche la Grotta Rosa, che ha la medesima esposizione. Inoltre, lungo la cresta c’è una buona traccia. Anzi, lontano c’è anche un nutrito gruppo di alpinisti che mi precede, tutti regolarmente legati fra loro. Più che i singoli punti di difficoltà tecniche che si possono incontrare nel corso di una escursione, i così detti “passaggi chiave”, per me il vero momento “chiave” corrisponde piuttosto all’instante in cui bisogna decidere se intraprendere oppure no l’itinerario o la sua parte impegnativa.
Oggi, giornata e condizioni sono buone e la voglia non manca, quindi decido per il sì. Indosso il caschetto, scambio i bastoncini con la piccozza, un bel sorso d’acqua e via!

Si comincia su un tratto largo e privo di problemi, ma, proseguendo, la cresta inizia a restringersi e a presentare i primi salti di roccia da arrampicare con passi di misto. Se ho capito bene le relazioni che ho consultato, questo dovrebbe essere il tratto più complicato e anche quello esteticamente più bello.
E infatti ci sono diversi punti che richiedono attenzione, con discese, risalite e tratti su stretta cresta in un ambiente davvero bellissimo, che già conoscevo per averlo percorso prima in estate ma che non potevo immaginare come si sarebbe trasformato in inverno. La maggior difficoltà è indubbiamente una stretta cengia con pochi appigli e in leggera discesa, quasi interrotta in un punto dove bisogna fare un passo un po’ lungo al di sopra del vuoto sottostante. Superata la cengia, si ricomincia a salire arrampicando per guadagnare la cima della Porticciola, prima elevazione significativa della cresta. Quindi si scende facilmente (con un po' di esposizione) alla sella con l’Altaretto, punto di arrivo di un interessante canale.

Il versante di salita dell’Altaretto è un pendio a circa 40°, che oggi è completamente pelato da metà in su. E questo è un po' un peccato, perché le condizioni della neve sarebbero state ideali per la salita. Invece tocca affondare i ramponi nella terra o appoggiarli sulla roccia. Compreso un passo di I grado superiore poco sotto alla cima, comunque divertente da superare con i ramponi ai piedi.
In cima all’Altaretto val la pena di voltarsi indietro e fare una foto al tratto di cresta appena percorso e sul quale stanno ora transitando un paio di persone, la cui presenza può dare un’idea, anche a noi che ci siamo appena passati e magari non ce ne siamo resi conto del tutto, dell’esposizione del tratto percorso.

Buona parte delle difficoltà è ormai alle spalle e si può prendere un po' di fiato su pendii più dolci prima di arrivare alla placca attrezzata della Grotta Rosa. La placca è preceduta da un paio di salti di roccia con bei passi di misto. Qui, per la prima volta nella giornata, trovo un po' di affollamento. Anzi, c’è del vero e proprio traffico.

A quanto pare c’è un corso CAI, e diverse cordate stanno percorrendo la cresta nel senso opposto al mio.
Alcune hanno già sceso la placca, altre sono in procinto di farlo e si stanno attrezzando per la calata.
Il tratto è stretto e obbligato, dunque si prospetta una lunga attesa, ma c’è poco da fare. Succede, e la cosa migliore è prenderla con filosofia senza arrabbiarsi. Anzi, ne approfitto per scambiare quattro chiacchiere e scopro che, probabilmente, dovrò scendere per una via diversa da quella che avevo pensato.

Transitata l’ultima cordata finalmente tocca a me e la placca, ultima difficoltà significativa di questa cresta, è rapidamente superata. Anche da qui, sulla sommità della Grotta Rosa, c’è una bella vista su tutto l’itinerario percorso, con la piramide triangolare del Rondinaio sullo sfondo.

La croce di vetta del Monte Giovo, la cima più alta di questo gruppo è ormai in vista ed è raggiungibile con una semplice traversata. La neve e il vento proveniente dal mare hanno giocato a lungo con questa struttura durante le ultime precipitazioni, scolpendole addosso una scultura effimera a cui potremmo dare il nome calzante di “Cristo di ghiaccio”.
Per la discesa avevo pensato di percorrere la cresta Nord, decisamente più facile di quella Sud ma non priva di qualche punto interessante. Tuttavia, la quantità di neve soffice e l’assenza di una traccia assestata mi fanno desistere nonostante conosca bene l’itinerario.
Scelgo quindi di scendere dentro al vallone fra la cresta Nord e il crinale della Bruciata lungo una larga traccia lasciata salendo dai ragazzi del corso che ho incrociato in precedenza.
Il percorso è un po' più lungo rispetto a quello diretto di cresta ma, allo stesso tempo, è privo di qualsiasi difficoltà.
In fondo al vallone, si traversa sotto allo spuntone di roccia che caratterizza la cresta Nord in direzione del Passo della Boccaia. C’è talmente tanta neve, per nulla trasformata, che si sprofonda anche calcando le orme di chi ci ha preceduto.
Ora avrebbero di certo fatto comodo le ciaspole.
Ma, considerato il percorso che ho fatto, penso che la decisione di non portarle sia stata comunque corretta, anche se adesso c’è da soffrire nella neve alta.
Così come sono contento di aver deciso di intraprendere questo itinerario, del quale credo che mi resterà un ricordo indimenticabile, nonostante la fatica del rientro.

Roberto Belletti
La traversata Rondinaio - Giovo

Bologna, 9 marzo 2023