Brontolo: una Via nata per caso

di Matthias Stefani


Come d’abitudine, io, Marco e Federico siamo già in auto da un pezzo quando fuori è ancora buio, direzione:
le nostre amate "Piccole". Pronti per un’altra avventura, pronti per disintossicarci dal trambusto lavorativo quotidiano con la nostra "medicina alpina", pronti per una nuova giornata di esplorazione in questo ambiente montano che, come un romanzo, raccoglie pagine di storia alpinistica, esso, che amiamo più che mai.
Le Piccole Dolomiti ci affascinano, le abbiamo sempre preferite a qualsiasi altro luogo, perchè hanno ancora un incanto romantico e pionieristico, con le loro "mughe" (nome locale del “pinus mugus” ) che si espandono qua e là,
con la loro roccia marcia ed instabile, con le loro guglie che spesso affaticano l’alpinista che le attacca.
Non a caso il buon vecchio Brofferio già nel 1906 scriveva: "Il picco calcareo, o meglio dolomitico, si può dire che è come un cane: più è piccolo e più è cattivo".

Tornando a noi: partiti da Verona raggiungiamo Pian delle Fugazze e lasciamo l’auto nei pressi di Malga Cornetto.
La giornata è uggiosa, qualche goccia di pioggia ci bagna, la nebbia ci avvolge ma non importa perchè, come
recitava un vecchio amico alpinista: "Il fine settimana è sacro ed è per l’Alpe!"
La nostra intenzione era di tracciare un nuovo itinerario su roccia di scarso ingaggio, una cosiddetta "Via facile",
all’incirca tra il 3°/4° grado, così da essere un’arrampicata alla portata di tutti, anche da alpinisti “alle prime armi”.
Avevamo puntato un elegante spigolo sulla Torre dell’Emmele Bassa, individuato da Marco la settimana precedente
e così ci incamminiamo fiduciosi per il sentiero dell’Emmele.

Procediamo di buon passo, confrontandoci come al solito sui nostri punti di vista quasi sempre diversi, una disparità di idee che è la nostra caratteristica principale e che se venisse a mancare ... ci impensierirebbe!
Arrivati sotto lo spigolo, alto circa 90/100 metri, guardiamo all’insù e lo valutiamo di difficoltà contenute: sembra avere tutte le caratteristiche che rispecchiano il nostro progetto.
Mentre prepariamo il materiale accanto all’attacco della parete, Federico ci fa notare la presenza di grosse zolle d’erba lì attorno, che subito ci fanno assumere un’espressione di profonda delusione, sottolineata dalle parole di Marco: "Cari ragassi, mejo che cambien obiettivo parchè sto qua le za ocupà!"
Infatti, poco più in alto, nascosto in un diedrino, spuntava un “laccio da scarpe”, segno che qualcuno aveva già fatto un sopralluogo ed aveva intenzione di attrezzare una via. (l’estate seguente sarebbe nata la via “Alba Rossa”).
Presi dallo sconforto abbiamo quindi deciso di fare “quattro passi” lungo il sentiero d’arroccamento in direzione
del Cornetto, mantenendo comunque un occhio sempre vigile ad altre eventuali linee vergini salibili, anche solo per
divertimento.

 

Arrivati nei pressi della forcella tra la Torre dell’Emmele e il Dente Rotto, (dove sapevamo saliva già una via dell’amico F. A. Castagna), Federico ci fa notare una bella fessura che corre poco distante dallo spigolo del Dente Rotto che fare ... ormai siamo qua, tanto vale vedere se porta in vetta!

Ci prepariamo velocemente ed in pochi minuti, superato un facile zoccolo, sto già battendo chiodo per attrezzare
una sosta intermedia ad una quindicina di metri dall’attacco.
Recupero Federico mentre Marco ripulisce la roccia e subito riparto salendo per un ‘altra ventina di metri.
L’arrampicata supera le aspettative, la roccia è molto buona e la via di salita sembra continuare.
Recupero nuovamente i due compagni: ora è il turno di Marco che con veloce e sicura arrampicata sale per altri trenta metri raggiungendo una comoda cengia, trovandosi vicino alla via di Franco. Qui, io e Federico, ci sbizzarriamo per trovare una fessura dove piantare un chiodo su cui fissare il “libretto di via”,
mentre Marco prosegue per un altro tiro di collegamento raggiungendo una forcelletta con un grosso mugo dal quale ci recupera. Ora s’intravvede, tra la fitta nebbia, la cima del Dente Rotto.

Da qui notiamo che la via di Franco sale dritta perpendicolare alla sosta ma noi siamo subito attratti da una serie di placche con roccia veramente eccezionale che si sviluppano più a sinistra ... perfetto. Federico parte ed elegantemente le risale, proteggendosi qua e là tra mughi e clessidre, inghiottito pian piano dal fluttuante grigiore che lo circonda.
Dopo alcuni minuti finalmente sentiamo il classico “urlo” che ogni alpinista attende fiducioso: ”mollaaaaa”.
Bene, è in cima.
Ora tocca a noi fare il lavoro sporco: mentre io pulisco dai detriti, erba e mughi, Marco pianta chiodi e attrezza le clessidre con cordini ed in un batter d’occhio ci troviamo tutti e tre in vetta.

Una bella stretta di mano e quattro chiacchiere, poi iniziamo a scendere pregustando già un buon piatto di pasta ed un bicchiere di vino.
Peccato per la nebbia che non ci ha abbandonato un secondo, ma anche questo fa parte del fascino delle “Piccole”. Dopo un’oretta e mezza siamo seduti al tavolo della Malga Cornetto con la pancia piena e la sete domata, un po' bagnati e un po' stanchi ma soddisfatti della piacevole giornata passata in compagnia.
Alla fine non è andata come pensavamo ma il risultato inaspettato è stato ugualmente positivo.
Infatti, l’itinerario tracciato, tenuto conto della zona, si abbina perfettamente come cavalcata finale alle vie che salgono dal Boale dell’Emmele.
Salutato il gestore risaliamo in auto e con calma torniamo verso Verona, facendo la cosa che più ci riesce meglio: discutere, come sempre, sulla meta per il giorno seguente.

P.S.
Vi starete chiedendo: "come mai questo nome alla via?"
Beh, state cinque minuti con Marco durante l’apertura di una via e lo capirete da soli!

Matthias Stefani
Piccole Dolomiti, giugno 2015