Il guardiano della val di Fassa

di Mauro Loss


La val di Fassa ha due pilastri che le fanno da guardia, l’uno visibile a chi sale e l’altro visibile a chi scende.
Due pilastri l’uno di fronte all’altro si guardano, si scrutano, ma sono in bella vista slanciati, imponenti come solo due guardiani possono e devono essere. Quello visibile a chi scende mi ha sempre attirato e tutte le volte che ritorno verso casa dopo aver passato una giornata in montagna, alzo lo sguardo verso quell’imponente pilastro pensando se mai avrei avuto la possibilità e soprattutto il coraggio per provare a salirlo.

Tante volte ci ho pensato, tante volte ci sono passato sotto abbassando lo sguardo e cercando di pensare ad altro poi arriva la telefonata di Alessandro non è una telefonata inaspettata ma inaspettata è la proposta.
Proprio lo spigolo. Proprio quello spigolo!
La voce mi si strozza in gola, sono sorpreso riesco a mala pena a rispondere: “ma sei sicuro?”.
Alessandro è stranamente deciso e risoluto.
Ecco, inaspettata, l’opportunità tanto attesa e agognata ma si sa, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…
Il meteo dopo giorni e giorni di tempo stabile decide di fare le bizze.
Mercoledì sera inizia a piovere e così fa per buon parte del giovedì.
Siamo entrambi dubbiosi ma anche risoluti a non farci spaventare e ad aspettare fino all’ultimo prima di decidere di rinunciare. Venerdì non piove ma il cielo rimane coperto e l’aria è carica di umidità con solo pochi e rari sprazzi di sole lasciando presagire quello che sabato potrebbe essere ed è pure quello che le previsioni, a cui ci affidiamo, indicano. Un deciso miglioramento con temperature in aumento ma la parete è pur sempre una nord-ovest, uno spigolo, in verità, che, di per sé, dovrebbe e potrebbe asciugare in fretta ma i dubbi e le perplessità restano così come la fiducia e la voglia di andare.
Dopo tanto aspettare certe occasioni, o opportunità che dir si voglia, non si possono lasciar scappare e quindi dopo un ultimo breve consulto decidiamo di provarci non senza esserci preparati un piano “b” anche se nessuno dei due ci crede e mai vorrebbe dargli seguito.
L’indomani alle cinque sono al parcheggio del casello dell’autostrada dove incontro Alessandro e dopo aver fatto un veloce recup su quanto necessario (non sia mai che ci siamo dimenticati qualcosa), si parte alla volta della val di Fassa. Il cielo presenta ancora nuvole sparse ma si intravede tanto azzurro che ci fa ben sperare e anzi, man mano che saliamo verso la nostra meta, il cielo è sempre più azzurro e con nuvole sempre più rade.
Il viaggio scorre senza intoppi parliamo del più e del meno, futili discorsi che evitano accuratamente la nostra possibile via. Strano ma credo che sia per non alimentare i dubbi sull’effettiva fattibilità della salita che sicuramente ancora ci frullano in testa o almeno nella mia, anche se sono più che sicuro che entrambi abbiamo ripassato più e più volte la relazione e letto e riletto quel poco che siamo riusciti a trovare in rete.
Poi senza quasi accorgercene eccoci al parcheggio il primo di una serie di punti di “non ritorno”.
I dubbi restano ma entrambi non vogliamo esprimerli, troppo pericoloso.
In questo particolare momento potrebbero condizionare e far cambiare idea e quindi ognuno li tiene per sé facendo prevalere la voglia di andare, quindi nessuna parola per i dubbi ma solo il necessario per decidere come dividere il materiale e poi via. Siamo pronti ad incamminarci ed un piccolo colpo di fortuna ci mette di buon umore, una Jeep che sale verso la Val San Nicolò si ferma e ci chiede se vogliamo un passaggio.
Si tratta di un breve tratto di strada ma noi lo interpretiamo come un segno ben augurante.
Devo dire che sono molto timoroso.
Un timore reverenziale che mi ha sempre spinto solamente a guardare quel pilastro e quando cominciamo a salire verso il bivacco Zeni è ormai chiaro ma siamo soli, soli con noi stessi, con i nostri pensieri e con le nostre perplessità. Arriviamo al bivacco e lo troviamo stranamente vuoto, probabilmente il meteo avverso dei giorni scorsi non ha invogliato a partire verso un luogo fantastico, incantato ma freddino e cattivello come è la Vallaccia.
Mi fermo volentieri a tirare il fiato, tolgo lo zaino e mi siedo a guardare la parete ma Alessandro senza dire una parola, prosegue deciso, non si ferma e si avvia lungo la traccia che porta sotto la parete.
Non mi resta che ripigliare il mio zaino e seguirlo.

Una lunga cengia erbosa segnata da una traccia esile e decisamente singolare ci porta verso l’attacco.
Poco dopo quando la cengia diventa esposta e difficilmente percorribile ci leghiamo e proseguiamo in conserva. Sono cento metri orizzontali che ci danno una sonora sveglia costringendoci a fare attenzione e a procedere con cautela fino ad un ampio terrazzo giallastro dove fa bella mostra la sosta della breve calata che ci depositerà sul comodo terrazzo dell’attacco.
Fin cui decisamente pochi problemi e poche parole tra noi.
È Alessandro a rompere questo strano e atipico silenzio quando entrambi siamo sul terrazzo d’attacco.
Guardandomi mentre recupera la corda mi dice: “Ora non ci resta che salire”.
Guardo in su ed in effetti risalire il breve salto appena fatto, non sarebbe semplicissimo e rispondo laconicamente: “E già”. Comincio a preparare l’attrezzatura e a sfilare le corde mentre Alex si carica il necessario per partire.
Sa benissimo che io non parto mai.

I primi tiri non sono particolarmente difficili ma la roccia è umida e scivolosa e soprattutto il secondo tiro, decisamente erboso e infido. Questo ci fa muovere con particolare calma e circospezione poi la roccia migliora e anche se qualche problema di orientamento ci rallenta, la roccia è sempre più asciutta e di buona qualità e questo aumenta decisamente il nostro umore.
Siamo sotto l’incombente parete nord, un’immensa parete giallastra che ti schiaccia e opprime non poco, tanto che la costola obliqua ben visibile alla nostra destra diventa non solo la logica prosecuzione della via ma anche un modo per sfuggire a questo pesante senso di oppressione.
Due tiri su roccia bella, sana e articolata ci depositano sul filo dello spigolo dove un fastidioso venticello ci costringe a far ricorso a piumino e berretto.
E la musica cambia.

I successivi tre tiri ci impegnano non poco, la chiodatura seppur “old age” è abbondante e dà sicurezza.
I chiodini a pressione comportano un gran lavoro per riuscire a rinviarli ma, tra qualche passo in libera e molti in artificiale, siamo fuori dalle difficoltà e gli ultimi tiri, decisamente più facili, ci depositano in vetta finalmente baciati anche da un timido sole.

Ora non ci resta che scendere. Le doppie sono tante ma dovrebbero essere comode e veloci ma si sa il diavolo… i coperchi non li fa… e una corda si incastra costringendomi ad una faticosa risalita per risolvere il pasticcio che abbiamo creato per cercare di guadagnare tempo e che invece ce lo farà perdere.
Risolto il fastidioso disguido, la discesa riprende senza più inghippi e sorprese.
Sono quasi le sette di sera quando siamo finalmente alla base.
Un nuovo messaggio a casa per avvisare che tutto è andato per il meglio, che siamo sul sentiero di rientro e finalmente possiamo scioglierci in un sorriso di contentezza e in un abbraccio che profuma di felicità e di amicizia.

Scendiamo, ora si, parlando allegramente e anche durante il viaggio di ritorno verso casa le chiacchiere non mancano. Ci confidiamo e scopriamo entrambi di aver avuto gli stessi pensieri, gli stessi dubbi, le stesse perplessità, gli stessi timori. Un viaggio di ritorno decisamente più tranquillo e rilassato, siamo stanchi ma super felici finalmente quel pilastro che fa la guardia alla val di Fassa lo guarderò con altri occhi, sempre con estrema riverenza ma anche con un po’ meno timore.
Grazie Alessandro per la gran bella giornata. Una giornata che si è rivelata un crescendo di emozioni, ricca di attimi intensi che ci hanno permesso di vivere un sogno.
 

Mauro Loss
Il guardiano della val di Fassa
Torre della Vallaccia, 7 settembre 2024
 


A cura della redazione per chi vuole saperne di più: foto e note essenziali tratte dalla rete.
 

Lo storico Spigolo nord-ovest sulla Torre della Vallaccia sul Sasso delle Undici sopra la Val di Fassa.
Aperta dall’1 al 4 agosto 1961 da Toni Rizzi e Toni Gross, l’evidente spigolo era considerato
una delle vie più difficili di quel tempo e ancora oggi offre un viaggio indimenticabile.