Nel labirinto della Torre Innerkofler

di David Zappaterra


"Davide, quand’è che mi porti a fare una bella avventura alpinistica vecchio stile e magari con un po’ di misto?"
Credo che sia partita circa così ...
Passa un po’ di tempo e un bel giorno arriva la chiamata ...
"Che dici David se ci facciamo un bel fine settimana a Fontanazzo? Si può dormire in appartamento da me e da li muoverci; pensavo alla Normale alla Torre Innerkofler o giù di li, che dici?"
La mia risposta non può che essere positiva, da ingenuo principiante penso:
"Beh, una via normale da fare in relax ci può stare ..."
Cosi, dopo esserci organizzati e accordati su materiali, orari e tragitti, venerdì sera si parte ...

La mattina di sabato la sveglia suona alle quattro; un po’ presto contando che la sera prima eravamo arrivati su verso l’una circa.
Alle cinque siamo già operativi fuori di casa e verso le cinque e tre quarti siamo lungo il sentiero che ci porterà in tre orette comode ai piedi del canalone Moppo ...
Bene, già fin qui è stata un bella gita, ora comincia il bello.
La speranza era di trovare il canalone ghiacciato da risalire velocemente con ramponi e piccozza, ma la realtà è ben diversa: il Moppo si presenta nudo e crudo, pendenza sui cinquanta gradi e ghiaione bastardo da affrontare con passo molto sicuro ...

Finalmente, dopo un’oretta abbondante, si arriva alla sella che dal versante sud ci porterà al versante nord; qui il canalone da affrontare in breve discesa si presenta ghiacciato, così, calzati i ramponi, piccozza alla mano e qualche capo di vestiario in più, si parte.
Basta abbassarsi di una trentina di metri per incontrare l’attacco della Innerkofler sulla destra.
Ai tempi dell’apertura della via, il colatoio doveva sicuramente presentarsi ricoperto da uno strato di un paio di metri di neve che ora si è visibilmente ridotto: lo capiamo dalle soste e da qualche cordone marcio situati ad altezze non proprio raggiungibili ...

La partenza non è banale, c’è un tratto di roccette che nonostante risulti attorno al terzo grado è da affrontare comunque con i ramponi ai piedi, anche perché non sappiamo che tipo di terreno si presenterà dopo: infatti, segue un tratto di neve, ghiaccio e roccette difficilmente proteggibile e da affrontare con estrema cautela ... qualche chiodo, qualche vecchio cordone e si va ...
Il tratto di misto proseguirà per circa un centinaio di metri o poco più, in cui si susseguono raffiche di vento freddo, schizzate di acqua da parte di piccoli torrentelli dovuti allo scioglimento del ghiaccio e perplessità su come proteggersi durante la scalata, problema per di più lasciato al mio compagno che indubbiamente ha molta più esperienza di me in materia ...
Ora siamo sicuramente fuori dal tratto ghiacciato e si può proseguire senza l’ausilio dei ramponi.
Il primo terrazzino, ghiaiosissimo, ci dà qualche noia e, oltre tutto, commettiamo un piccolo sbaglio causato dall’errata lettura della relazione che ci porterà via una mezz’oretta buona di tempo.
Ritrovato il percorso si riparte; segue un tratto da affrontare in conserva corta in un paesaggio favoloso, fatto di guglie, creste e roccia a più non posso, così, sempre avanzando cautamente, ci troviamo ai piedi della paretina data di secondo e di terzo grado dalla nostra relazione.
Indubbiamente un secondo e terzo grado "vecchia maniera", con l’ultimo balzo leggermente strapiombante.
La sosta si trova a cavallo di uno sperone con un colatoio alla sua destra, abbastanza minaccioso e da evitare tassativamente.

Segue un altro tratto appoggiato e ghiaioso che ci porterà su un’ampia terrazza attorniata da rocce frastagliate che creano una specie di anfiteatro.
Arrivare fin qui non è stato un gioco da ragazzi e fra tratti di misto, ghiaioni e ricerche varie della via, sono già passate parecchie ore.
Da qui la relazione diventa un po’ ambigua, infatti, dice di spostarsi leggermente a destra rispetto alla terrazza e seguire un colatoio con passaggi di secondo e terzo.

Davide parte e prova per un colatoio, il quale sembra effettivamente quello spiegato dalla relazione, ma, dopo una quarantina di metri, di secondo, terzo o quarto grado non c’è più traccia, cosi, con estrema cautela, ridiscende e torna in sosta.
Successivamente segue un altro tentativo un po’ più a destra e questa volta recupera anche me in una sosta attrezzata con un paio di chiodi.
Valutiamo bene il percorso e soprattutto il da farsi: sì, è vero, siamo ad un passo dalla cima, ma non c’è verso di trovare un passaggio (verremo poi a sapere che si trovava un po’ più in basso e a destra, oltre un canalone di ghiaccio e roccette) e il cielo sembra peggiorare: infatti, siamo attorniati da nuvole minacciose e dalla nostra posizione non riusciamo a capire come sia il tempo oltre le guglie che ci circondano, considerando poi che il rientro, da affrontare in corda doppia lungo il percorso di salita, porterà via tre o quattro ore circa.
La decisione di ritirarsi a un passo dalla vetta è dura, ma la necessità di tornare sani e salvi a casa è prioritaria.
Cosi comincia l’avventura della discesa, la ricerca dei punti di calata e l’attraversamento di ghiaioni non protetti da non affrontare a cuor leggero!
Le manovre di doppia sono lunghe anche perché il terreno è friabile e la corda tende spesso ad impigliarsi e smuovere sfasciume.

Altri problemi nascono quando siamo nel canalone ghiacciato, primo perché comincia a sgocciolinare per un breve periodo e alla pioggia si sostituirà poi un vento alquanto freddo; secondo perché comunque fare doppie nel colatoio con ramponi su un tratto di misto, roccia e ghiaccio, risulta un bell’allenamento psicofisico.
Dopo varie peripezie ci troviamo finalmente alla base della via.
Sfilo la doppia e, quando sto recuperando gli ultimi trenta metri, un capo si impiglia in qualche anfratto e faccio mille vani tentativi per disincagliarla, mentre Davide avvolge l’altra mezza corda per recuperare tempo, visto che sentiamo dei tuoni e comincia nuovamente a piovere.
Non c’è soluzione, dovremmo riattrezzare la sosta per risalire il tratto di misto e provare a liberarla, ma Davide, con voce decisa, dice che il costo della corda non vale la nostra incolumità e io non posso che dargli ragione, cosi con coltello alla mano salviamo la trentina di metri recuperati.
Ora non resta che ridiscendere, come surfisti, il ripido ghiaione del canalone Moppo e poi imboccare il lungo sentiero che ci riporterà all’auto.
Ormai siamo salvi, esausti, ma salvi.
Oltre tutto il tempo migliora e permette spettacolari vedute sulle montagne circostanti.
Dopo ben quindici ore, arriviamo all’auto e sembra di averla abbandonata lì da settimane, tanto questa avventura ci ha allontanati dalla nostra vita normale e, togliendoci finalmente i pesanti zaini dalle spalle, sembra di volare.

Questa bellissima avventura mi ha fatto indubbiamente capire che una via "Normale" non è mai da sottovalutare e che spesso le difficoltà non stanno solo nel grado, ma anche nella severità dell’ambiente in cui ti trovi e nell'insieme del percorso.
Per quel che riguarda invece la ritirata, non la considero una vera e propria sconfitta, ma un insegnamento della montagna ad essere cosciente dei propri limiti e delle proprie capacità, e che la montagna stessa non va mai sottovalutata in nessuna forma ...
In ogni caso, comunque, chissà, quel che è rimandato non è mai perso!

David Zappaterra
Nel labirinto della Torre Innerkofler
Gruppo del Sassolungo, domenica 5 luglio 2015
 


Nota tecnica a cura della redazione (tratta dalla rete)