Montagna.tv 07/04/2023 - Articolo di Stefano Ardito
E se reintrodurre gli orsi in Trentino fosse
stato un errore?
Dopo la tragica morte di Andrea Papi, alcune riflessioni
sulla reintroduzione degli orsi in Trentino e la loro gestione.
Per un giorno e mezzo, tra giovedì e venerdì Santo,
milioni di appassionati di natura (e tra loro chi scrive) si sono augurati
che ci fosse una spiegazione diversa. Che l’orribile
fine di Andrea Papi, runner e appassionato di montagna di
Caldes, in Val di Sole, potesse
essere spiegata in modo diverso da quello che tutti gli indizi raccolti
indicavano, e cioè con l’attacco da parte di un orso.
Accanto all’amore per la natura selvaggia, incarnata in questo caso negli
orsi, ha probabilmente pesato l’abitudine ai film e alle serie televisive
nelle quali, grazie alle autopsie, gli incidenti e i delitti vengono
ricostruiti in maniera assolutamente precisa. La tragedia accanto alla
strada di Malga Grum, purtroppo, non è avvenuta su un set, ed
è probabile che molti dettagli dell’evento
non verranno mai conosciuti.
Ma il quadro generale, purtroppo, è chiaro.
Claudio Schwarz, responsabile del Soccorso Alpino locale, ha parlato di
“ferite devastanti alla testa e su tutto il corpo, non spiegabili con una
caduta accidentale o con lo scontro con un animale di piccola taglia”.
Sembrano indicare un attacco da parte dell’orso (o dell’orsa) anche il
“terreno sconvolto dai segni evidenti di una lotta” di cui scrive
Giampaolo Visetti su Repubblica, e il sangue trovato su un tronco e
su un ramo di larice strappato e forse usato come arma da Andrea Papi.
Non potrei dimostrarlo in tribunale, ma la spiegazione più logica è che il
ventiseienne di Caldes, scendendo di corsa e al crepuscolo, abbia sorpreso
un orso, o peggio un’orsa affiancata dai cuccioli.
La reazione dell’animale, purtroppo, è
stata quella che tutti i manuali e tutti gli esperti indicano.
Qualche settimana fa su questo sito il veterinario
Alessandro De Guelmi, grande esperto dei plantigradi del Trentino, ha
spiegato a Simone Bobbio che gli orsi “non attaccano gli umani per
predarli, ma solo spinti dalla paura”. E che “nella stragrande
maggioranza dei casi, le persone ferite dai plantigradi sono escursionisti
soli, che si muovono nei boschi in silenzio e colgono di sorpresa l’animale”.
Le statistiche del National Parks Service, che gestisce le aree protette
degli USA, parlano di circa 40 attacchi di orsi contro esseri umani ogni
anno, e di uno o due morti all’anno. Secondo i dati del NPS, circa la metà
di questi attacchi viene compiuto da orse
che temono per i loro cuccioli, e circa la metà ha per bersaglio un
umano accompagnato da un cane. De Guelmi, nell’intervista a Simone,
suggerisce di segnalare la propria presenza parlando, tossendo o battendo
tra loro i bastoncini. Due volte, in aree protette degli States, i ranger
hanno permesso a me e ai miei amici di percorrere un sentiero solo dopo che
abbiamo trasformato delle lattine di Coca-Cola in sonagli riempiendole di
sassolini. Sorprendere un orso è il modo
più sicuro per farlo reagire in malo modo. Correre in silenzio e in
discesa, purtroppo, rientra proprio in questo scenario.
In Trentino, negli ultimi anni, tutti gli attacchi da parte di orsi hanno
interessato persone del posto, e nessuna escursionisti o turisti arrivati da
fuori. Molte vittime, come Alessandro Ciccolini attaccato un mese fa in Val
di Rabbi, erano accompagnate da cani.
Cosa accadrà nei prossimi giorni? Ieri Maurizio Fugatti,
Presidente della Provincia di Trento, si è espresso con moderazione e
cautela. “Questo è il momento del dolore”, “siamo in attesa
degli esiti scientifici” ha dichiarato alla stampa e postato sui
social. Nello stesso comunicato, però, Fugatti afferma di aver già spiegato,
nella riunione del Comitato Provinciale per l’Ordine Pubblico, quali saranno
i provvedimenti in caso di conferma dell’attacco.
L’orso o l’orsa responsabile, dopo essere stato identificato grazie al DNA,
verrà quasi certamente abbattuto.
Tra gli elettori di Fugatti (che è un esponente della Lega Nord) e tra i
membri della sua maggioranza alla Provincia si trovano posizioni molto più
dure, che si possono facilmente scoprire leggendo la pagina ufficiale del
Presidente su Facebook. Luca Pianesi, collega del sito Il Dolomiti,
segnala che il consigliere provinciale Lorenzo Ossanna, del Partito
Autonomista Trentino Tirolese (PATT) ha pubblicato sui social un post che
afferma “se confermato… poi NON ci sarà pietà!!!’”. Dal canto suo
Paolo Calovi, responsabile per il Trentino della Confederazione Italiana
Agricoltori, ha affermato che “la gestione degli orsi va consegnata con
pieni poteri al governo locale perché chi vive e frequenta la montagna non
può sottostare a richieste (a volte pretestuose) di chi è lontano da questi
territori e difficilmente comprende l’angoscia e l’apprensione di non poter
uscire di casa”.
Qui la palla, com’è giusto, torna alla
politica. E quella nei confronti
degli orsi, da decenni, è carente sia a Trento sia a Roma. Nel 1999,
l’arrivo dei primi orsi sloveni tra i boschi dell’Adamello e del Brenta è
stato voluto dalla Provincia Autonoma, e sostenuto per qualche tempo con
entusiasmo. Mentre i territori vicini (Alto Adige, Lombardia, Baviera,
cantone svizzero dei Grigioni) si rifiutavano di entrare nel progetto,
il Trentino è andato avanti con orgoglio.
Poi le cose sono completamente cambiate, e il primo segnale è stata la
scomparsa dell’orso dalla promozione turistica del Trentino. “L’habitat
biologico si è confermato buono per l’orso, quello politico no. La politica
sfrutta l’orso in modo ideologico, a fine di propaganda. Nel 1999 il 75% dei
trentini era pro-orso, oggi il 75% è contrario” ha dichiarato ieri
Andrea Mustoni, lo zoologo che ha seguito la reintroduzione. “La paura
della gente va rispettata, bisogna spiegare come comportarsi, impedire agli
orsi l’accesso a cibo e rifiuti. Gli abbattimenti, in casi estremi, non
devono essere un tabù” ha concluso.
Qualcosa del genere è accaduto a livello nazionale. Dopo i primi anni di
entusiasmo, il Ministero dell’Ambiente si è
disinteressato di orsi e lupi, delegando la loro gestione all’ISPRA
(Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), che è
formato da ottimi professionisti ma resta un organo tecnico, che non può
prendere iniziative politiche. Negli ultimi mesi la questione dei predatori
è passata dal Ministero della Transizione Ecologica al Ministero
dell’Agricoltura. E il suo responsabile, Francesco Lollobrigida, si è
espresso più volte a favore degli abbattimenti.
I giorni del dolore non sono ancora conclusi, e lo shock per i residenti della Val di Sole è destinato a durare. Ci auguriamo, ma non ne siamo certi, che nelle prossime settimane la ricerca e la “punizione” dell’orso responsabile della morte di Andrea Papi avvengano in maniera sobria. Ma è possibile, se non probabile, che il tono sia completamente diverso. Non è possibile dire con certezza che se il ragazzo di Caldes fosse sceso urlando o cantando, o avesse avuto su di sé dei sonagli o simili sarebbe tornato a casa senza danni. È certo però che quasi tutti gli attacchi da parte di orsi in Trentino hanno riguardato persone del posto, che si sono spinti in zone dove i plantigradi ci sono facendo degli errori molto seri, come farsi accompagnare da un cane e non segnalar la propria presenza. È possibile cambiare questi atteggiamenti, e invitare a comportamenti corretti? La politica di Roma, e soprattutto di Trento, dovrebbe porsi il problema. Altrimenti, e lo dico con enorme dolore, arriveremo a pensare che riportare l’orso tra i boschi e le vette del Trentino sia stato un grande e terribile errore.