Sport Week.  19/06/2010 - Articolo di Sandro Filippini


Walter Bonatti, 80 anni in buona compagnia.

Dall'alpinismo estremo alle esplorazioni per "Epoca", fino al grande amore con Rossana Podestà.

Una vita di coraggio e coerenza. E tanti coetanei famosi.
 



Walter Bonatti. Sono arrivati gli 80 anni. Lo dice la carta d'identità. I suoi conteggi lo confermano?

«Per la passione con cui ho affrontato la mia vita, mi pare di averne vissuto anche il doppio. Ma per la voglia di provare nuove emozioni, me ne sento non più di 40. E questo può essere pure pericoloso alla mia età...».


Proviamo a dividere la sua vita in periodi. Di certo c' è quello dei 15 anni di alpinismo, dal 1949 al 1965, dalle prime ripetizioni delle grandi vie classiche realizzate a soli 19 anni, alle incredibili solitarie. In mezzo la tremenda avventura sul K2, la prima sul Gasherbrum IV, le nuove vie sulle pareti più ardue delle Alpi.
Poi ci sono altri 15 anni di esplorazioni e avventure solitarie, fino al '79, con i grandi reportage per la rivista Epoca: dall'Alaska alla foresta amazzonica alla Nuova Guinea.

«Ma prima c'erano stati gli anni dell'infanzia e della gioventù, interrotta dalla guerra. Un'esperienza dura e violenta, che però è stata formativa. Tristemente formativa. Tuttavia la mia personalità aveva già preso forma prima, quando vivevo nei pressi del Po e il grande fiume era per me l'oceano, i grandi sabbioni i deserti e le Prealpi all'orizzonte le montagne più alte del Mondo. Perché io lì rivivevo nella fantasia le storie dei libri che mi appassionavano».


Perfetto: il periodo iniziale è formato dai primi 10-12 anni. Quindi il quarto e ultimo è certamente il più lungo: quello dell'amore con Rossana Podestà, attrice famosa che ha preferito lei alla carriera nel cinema.

«Sono 30 anni che stiamo insieme, anche se non ci siamo mai sposati. Non ce n'è bisogno...».


Torniamo all'inizio. Al primo periodo. Quali erano i libri di cui parlava?
«Tutti quelli di avventura, da Salgari, ovviamente, e poi Melville, London e Defoe».


Lei poi è riuscito ad andare a vedere davvero i posti più selvaggi, perfino quelli inventati, che quei grandi autori avevano descritto e ne ha tratto dei grandi reportage che fecero scuola anche all'estero.
«E ho potuto scoprire che le loro descrizioni dei luoghi erano talvolta d'una precisione impressionante».


A proposito di Salgari: il Sandokan televisivo fece epoca, nella seconda metà degli Anni 70, con punte di ventisei milioni di spettatori...
«Allora non c'erano tanti canali: la televisione univa e, anche se in quel periodo per metà dell'anno ero in giro a vivere le mie esplorazioni, me la ricordo bene quella serie. Io a Labuan, l'isola della bellissima Marianna, ci sono stato davvero. Però cosa c'entro io con Kabir Bedi?».


Lui no. Ma il suo fidato amico Yanez... Si ricorda chi lo interpretava?
«Certo. Philippe Leroy. Un attore famoso allora. Sì, questo accostamento è più accettabile».

Per Bonatti, ma non per Rossana Podestà, che come sempre è al fianco del suo Walter:
«Philippe non lo sopportavo, perché allora ero sposata con Marco Vicario, che era anche regista di alcuni miei film. Non so perché, ma lui di Leroy non era geloso, così ogni volta lo sceglieva come protagonista da affiancarmi...».

 

Walter, passiamo al secondo periodo. La sua vita da alpinista. Anche in questo caso, roba da film.

«Ne sono stati fatti tanti con soggetto la montagna, ma non me ne ricordo di particolarmente belli. Da bambino però restai affascinato da La grande conquista, di Luis Trenker, sulla prima scalata del Cervino. Mi colpì soprattutto la figura di Jean-Antoine Carrel, che, vistosi battuto dall'inglese Whymper, salito dal versante svizzero, non si arrende e riesce a salire dalla sua via sul versante italiano».


Una prova di forza, di carattere e di coerenza. Doti che lei ha coltivato con caparbietà nella sua carriera, conclusa proprio a cento anni di distanza da quelle due prime salite.

«Un film recente che mi è piaciuto ma che in Italia non è uscito è North Face, anche se io la Nord dell'Eiger, dove si svolge la storia, non l'ho salita».
Una parete fra le più famose. C' è anche un film intitolato Assassinio sull'Eiger ...
«Di quel film ricordo che era pieno di assurdità dal punto di vista della tecnica di scalata. Come un incrocio di corde assolutamente non realistico...».
Sì, l'Eiger era lo sfondo per un film di spionaggio. L'attore protagonista volle fare anche le scene di scalata: era Clint Eastwood, pure regista.
«Eastwood in effetti lo ammiro sempre più. Quel che mi colpisce è la sua evoluzione.

Più invecchia e più sa sorprendere. Ha saputo tenere dentro di sé una grande curiosità, così ci sta regalando film bellissimi anche a 80 anni».
E Rossana conferma soddisfatta: «Eastwood sì. Lui mi è sempre piaciuto».


Non c'è dubbio, tuttavia, che le piaccia molto di più l'uomo, altrettanto capace di essere sempre curioso, che ha accanto da 30 anni. La loro straordinaria storia d'amore meriterebbe d'essere immortalata in un film diretto dal premio Oscar. Veniamo all'amore. Se anche su questo tema facciamo riferimento ai classici del cinema, il titolo che fa per voi già c' è: "Un uomo, una donna".

«Non me lo ricordo questo film», confessa Bonatti. Regia di Claude Lelouch, 1966, premio Oscar come miglior film straniero. Interprete principale Jean-Louis Trintignant.
«Ah sì. Un buon attore, certo. Lo ricordo ne Il sorpasso, accanto a Gassman, e ne Il deserto dei tartari».
«Trintignant? Ma no. Walter è molto più bello», è però la sentenza secca di Rossana.


Bonatti preferisce ricordare come nacque il loro amore:

«Ero nel periodo più nero della mia vita. Mi ero lasciato con mia moglie e in più avevo dovuto chiudere il mio rapporto di lavoro con Epoca. La nuova direttrice della rivista non aveva capito il segreto del successo dei miei reportage.

La Mondadori mi aveva dato sempre carta bianca. Lei invece pretendeva di dettarmi i tempi e di decidere dove dovevo andare.

Mi licenziai».


Così si chiudeva il terzo periodo, quello dell'avventura a 360 gradi. Sulle orme anche dei grandi esploratori. Nansen, Scott, Amundsen.

«Che morì nel 1928 per tentare di portare soccorso a Umberto Nobile, precipitato col suo dirigibile Italia sul pack dopo aver raggiunto il Polo Nord. Dopo la mia solitaria invernale della diretta della Nord del Cervino ricevetti un telegramma di congratulazioni proprio da Nobile. E pure da un altro uomo d'avventura allora famosissimo, il navigatore solitario inglese sir Francis Chichester».


Belle e preziose emozioni. La sua fama non aveva confini. Del volo dell' Italia al Polo fu fatto un famoso film: La tenda rossa. Ricorda chi interpretava Amundsen?
«Beh, era famoso come 007: Sean Connery. Giusto? Un grande attore».
«Ma no, a me non è mai piaciuto molto», è però il commento di Rossana.


Torniamo all'addio a Epoca. Fu dura licenziarsi dopo 15 anni così intensi, nei quali aveva girato la Terra dall'Antartide alla foresta vergine dello Zaire, dalle sorgenti del Rio delle Amazzoni all'isola di Comodo.
«Non potevo non farlo, anche se non avevo un altro lavoro. Mi chiusi in casa, a Milano. Non vedevo neanche gli amici. Poi dovetti cedere. A una cena la padrona di casa se ne uscì con quella frase: "E così sei uno degli uomini più ammirati dalle belle donne...". Sul momento non capii. Poi lei tirò fuori un numero della rivista Grazia.

C'era un'intervista a Rossana, una delle attrici più famose. E fra tante sciocche domande c'era anche questa: se naufragasse su un'isola deserta con chi vorrebbe trovarsi? "Con Walter Bonatti" era la risposta.

Mi chiesi se c'era qualche scintilla vera nascosta in quelle righe. Così decisi di contattarla. Le scrissi. Mi rispose.

Sono passati 30 anni e siamo sempre insieme...».


Ci sarebbe da dire del primo appuntamento, che varrebbe da solo un bel racconto. Non c' è spazio e tempo. Chiudiamo con un altro gioco di incastri e ricorsi legati agli anni. Il 1965 è stato di svolta nella sua vita...

«Ero già proiettato in un'altra dimensione. Pronto a partire per l'Alaska. Ma la diretta sulla Nord del Cervino in invernale sarebbe stato un bel modo per chiudere con l'alpinismo di punta. Non avevo intenzione di provarci da solo. I miei due compagni però, dopo che al primo tentativo il maltempo ci respinse, tornarono alle loro faccende. Io rimasi a Zermatt. I giornali titolavano di cordate tedesche e inglesi che si apprestavano a tentare "la via sulla quale Bonatti ha fallito". Questo non potevo digerirlo. Mi aveva fermato solo il maltempo. Chiamai al telefono i miei compagni e quando mi dissero che non potevano proprio venire, urlai esasperato: "Allora vorrà dire che vado da solo!" e intanto già pensavo:
"Ma cosa stai dicendo!". Però l'avevo detto. Due giorni dopo partii davvero».

 

Così venne fuori l'ultima grande impresa: la diretta invernale in solitario della Nord del Cervino, a cento anni dalla prima salita della Grande Becca. Siamo nel 1965, l'anno in cui il deputato Loris Fortuna apre la campagna per una legge che consenta il divorzio. E chi ne sarebbe stato uno dei massimi propugnatori? Marco Pannella. Un suo coetaneo ancora sulla breccia. Anche lui nato nel 1930. Come gli attori che abbiamo citato: Leroy, Eastwood, Connery, Trintignant. Il giochino nel quale ci siamo permessi di condurla era questo. Tutto per dimostrare che la sua è - frase fatta - una classe di ferro.

«Ma no! Incredibili tutte queste coincidenze. Comunque il divorzio fu una legge molto importante. L'Italia cambiava, diventava più moderna».

 

Proprio mentre Walter Bonatti cambiava apparentemente la sua vita, abbandonando da numero uno assoluto l'alpinismo estremo. In realtà mantenendo sempre la stessa rotta: l'esplorazione di se stesso nel contatto con la natura. Alla ricerca dei propri limiti. Quelli di un uomo che, oltre all'amore, ha un solo altro tesoro, oggi come per tutti questi anni. La coerenza. Non è poco.

 

IL COMPLEANNO

Lo festeggerà con gli amici da Messner. Gli 80 anni sono un traguardo speciale. A maggior ragione per chi ha praticato alpinismo di punta davvero ai massimi livelli. Da caposcuola.

Come Walter Bonatti. Che il 22 vivrà una festa particolare, circondato dalla ristretta cerchia dei suoi migliori amici in una cornice davvero suggestiva: Castel Firmiano, a Bolzano, per la parte che potremmo definire pubblica, e, poi, Castel Juval, in Val Venosta, per la parte più privata. Si tratta di due delle sedi dei Musei della Montagna di Reinhold Messner, che ha proposto questo singolare "regalo" a colui che era stato uno dei suoi idoli in gioventù.

Al punto che alle scuole medie lo scelse come protagonista di un tema in classe ("In italiano! Chissà quanti errori avrò fatto...", confessa, divertito, il re degli 8.000, che, altoatesino della Val di Funes, è di madrelingua tedesca).

I due grandissimi scalatori per decenni non si sono frequentati, quando c'era chi li spingeva uno contro l'altro per creare uno di quei dualismi sportivi impossibili: tipo Coppi contro Merckx o Pelé contro Maradona.

Messner non fece altro che proseguire sulla strada di Bonatti e ormai da oltre sei anni i due si sono ritrovati e hanno scoperto che fratelli si può anche diventare.