CURIOSITA'. 21/11/2023 - Gli ottant'anni di Piero Radin, alpinista accademico vicentino
Ottanta candeline per Piero Radin, Leggenda dell'alpinismo vicentino. decano degli accademici vicentini, ancora in
attività.
“Ci farei la firma ad arrivare in forma così a quell’età” è la
frase che viene spontanea quando ci si imbatte in un personaggio come
Piero Radin che il 22 novembre 2023 taglierà il traguardo delle ottanta
primavere. E che primavere! Il curriculum alpinistico del decano degli
Accademici del CAI vicentini tutt’ora in attività (gli altri due
Accademici “seniores” sono Piero Fina e Adriana Valdo, ma non
arrampicano più) è di quelli che per leggerlo tutto ci vuole quasi un
pomeriggio.
Eppure Piero arrampica “solo” da poco più di mezzo secolo, per
l’esattezza da cinquantadue anni.
Fino a ventotto anni, infatti, non era interessato alla montagna quanto
piuttosto alla musica e trascorreva gran parte del tempo libero a
suonare in una piccola band. Poi un giorno, nel 1972, Diego Campi e
Claudio Ciscato lo portano, un po’ per scherzo e un po’ per distrarlo
dalla musica, ad arrampicare. E lì scatta il colpo di fulmine fra
Pierino (come lo chiamano tutti) e la roccia.
Inizialmente è solo qualche saliscendi nella palestra in Gogna, poi
Piccole Dolomiti a tutto spiano.
Dopo un anno, nel 1973, Radin è già in odore di sesto grado e sale la
Boschetti-Zaltron al Soglio d’Uderle, in Pasubio.
Un ottimo risultato, ma il bello deve ancora arrivare. Fra un appiglio e
l’altro, in Gogna conosce un tipo robusto, determinato e di poche parole
che di lì a poco lo condurrà nell’iperuranio dell’arrampicata,
nell’Olimpo dell’alpinismo.
Quel tipo si chiamava Renato Casarotto. I due fanno comunella e, assieme
a Diego Campi, nell’inverno del 1974 affrontano lo spigolo “Strobel”
sulla Rocchetta alta di Bosconero. E’ una impresa epica: la neve è
tantissima (impiegano un giorno intero solo per arrivare all’attacco) e
ogni appiglio è incrostato di neve e ghiaccio. Seguono poi due giorni
interi di scalate e un altro per scendere e fare infine ritorno
all’auto. Dopo la Rocchetta, il sodalizio Casarotto-Radin si consolida
con altre avventure, una in particolare, questa volta estiva ma in uno
degli angoli più verticali, solitari e (allora) misteriosi delle
Dolomiti: le Pale di San Lucano.
Lì, in sei giorni di tempo tutt’altro che stabile e sereno, realizzano
il loro capolavoro: il gran diedro dello Spiz di Lagunaz, una via
chilometrica con difficoltà costanti di V e VI grado e con alcuni
passaggi anche più difficili. Il tutto isolati dal mondo e, ovviamente,
senza chiodi a pressione. Un’impresa epica che ancora oggi rappresenta
una delle mete più ambite e prestigiose per ogni dolomitista. Ma stare
dietro a Casarotto logora anche le fibre più forti e così Radin decide
ad un certo punto di andare per la propria strada e trova in Giacomo
Albiero il compagno ideale per dedicarsi alla ripetizione delle grandi
classiche di sesto grado sia in Dolomiti che altrove.
Passano gli anni, Pierino macina chilometri e chilometri su roccia e
ghiaccio partecipando pure a spedizioni sulle Ande e in Himalaya. Non
sempre le cose gli vanno bene e sull’Annapurna non solo si rompe una
gamba ma, a causa di un congelamento, perde anche le prime falangi della
mano destra. Qualunque altro scalatore si sarebbe dato una calmata a
quel punto. Ma Radin non è uno qualunque, Radin è un “Pierino il
terribile” e, da buon Pierino, ne combina di tutti i colori lasciando
che gli anni gli scivolino via sulla giacca a vento come la pioggia
quando era sul diedro dello Spiz di Lagunaz. Continua quindi negli anni
ad arrampicare e, una volta pensionato, l’attività aumenta, sia in
montagna che sulle pareti di fondovalle o in palestra, dai Berici alle
Piccole Dolomiti e dalla Val d’Astico alle più lontane valli dell’Adige
e del Sarca; oltre che sulle Dolomiti, ovviamente.
Arrampica con gli amici del Gruppo Rocciatori Renato Casarotto, di cui è
uno dei componenti di riferimento, ma anche con coetanei liberi da
impegni lavorativi come lui. Nel luglio del 2017 un altro incidente: gli
si sbriciola in mano un appiglio su una cima delle Pale di San Martino e
cade per alcuni metri rompendosi tibia e perone. Segue uno stop forzato
sino al successivo inverno quando ormai le candeline sono
settantaquattro! Qualunque altro scalatore, a questo punto e a quella
età, si sarebbe dato la proverbiale calmata.
Ma, ormai lo sappiamo, Radin non è “uno qualunque” e quindi, come se
nulla fosse, la sua fisioterapia si chiama palestra di roccia “indoor”
con gli amici e poi, in primavera, di nuovo su per le crode.
Negli ultimi anni, non avendo più nulla da dimostrare, Radin non cerca
più l’avventura estrema in alta quota ma si dedica alla ripetizione, da
capocordata o a comando alternato, delle vie cosiddette “plaisir” (cioè
difficoltà elevate ma protezioni abbondanti) in modo particolare quelle
aperte dal suo amico e instancabile apritore, Tranquillo Balasso, altro
esponente di riferimento del Gruppo rocciatori Renato Casarotto. In
vista dei suoi ottant’anni, però, nell'ultima estate Pierino si è
concesso un regalo speciale: col nipote Paolo Sartori è andato a
ripetere la via Casarotto alla Roda di Vael, 400 metri verticali con
pochi chiodi e su difficoltà costanti di IV, V con tratti di V+. Una
bella soddisfazione per l’ottuagenario scalatore berico ma anche, da
parte sua, un omaggio a un amico indimenticabile e a uno scalatore fuori
dagli schemi.
Come fuori dagli schemi, d’altronde, è lo stesso Radin al quale tutta la
comunità alpinistica vicentina e tutto il Club Alpino Accademico sono
pronti ad augurare buon ottantesimo compleanno il 22 novembre prossimo.
(A cura
di Eugenio Cipriani)