NOTIZIE. 21/10/2023 - Convegno nazionale del Club Alpino Accademico nel resoconto di Eugenio Cipriani

IL RISCALDAMENTO GLOBALE: i SUOI EFFETTI SULLA MONTAGNA E LA SUA FREQUENTAZIONE
Folta presenza al convegno organizzato dal Club Alpino Accademico a Feltre.

La salita è sempre più ripida e la progressione verso l’alto sempre più veloce. Stiamo parlando della temperatura media globale verso il punto di non ritorno. Quel punto oltre il quale non si potrà più parlare di riscaldamento globale, nemmeno di emergenza o di crisi climatica: si parlerà di punto di non ritorno, di catastrofe planetaria e forse – se continueremo per altro mezzo secolo a comportarci come se niente fosse, “business as usual” in gergo tecnico – di estinzione di massa. La sesta, dopo le precedenti cinque avvenute negli ultimi 540 milioni di anni.

Di tutto questo si è parlato a Feltre sabato 21 ottobre 2023 scorso al convegno intitolato “Il riscaldamento globale e i suoi effetti sulla montagna e la sua frequentazione”. Organizzato in maniera ineccepibile dal Club Alpino Accademico (CAAI), non è stato un convegno “di nicchia” riservato a chi pratica l’alpinismo, bensì un incontro a 360° aperto a giornalisti e a chiunque fosse interessato.
Si è trattato di un incontro ben articolato, dotto, profondo e mai noioso. Un incontro, viene da aggiungere, da cui si è usciti come colpiti allo stomaco da un pugno sferrato con violenza. Dopo una prima parte, diciamo così, istituzionale in cui sono stati presentati tre nuovi soci accademici ad honorem - gli scrittori e giornalisti Enrico Camanni e Marco Albino Ferrari oltre che l’alpinista trentino Giuliano Giovannini, dopo il commosso ricordo da parte dell’Accademico Manrico dall’Agnola del forte scalatore veneto Andrea Marzemin scomparso di recente, la parola è passata agli esperti. All’inizio è stato presentato un toccante audiovisivo sul riscaldamento climatico realizzato da un altro socio del CAAI, Roberto Valenti.

La parola è poi passata al primo dei relatori, Maurizio Fernaglia, anche lui Accademico, Professore ordinario del dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste il quale ha soffermato l’attenzione sulle cause del riscaldamento globale e sulla sua vertiginosa ascesa per poi esaminare i modi di produzione di energia presenti e futuri dimostrando, dati alla mano, la necessità di puntare, in tempi brevi, sull’eolico e sul fotovoltaico in quanto unici sistemi non inquinanti e capaci di garantire una resa in termini di costi e ricavi energetici decisamente a favore di questi ultimi.
Carlo Barbante, dell’Istituto Scienze Polari del CNAR e Università Ca’ Foscari di Venezia, illustrando le proprie ricerche nelle zone polari e sottolineando l’estrema rapidità con cui vanno sciogliendosi i ghiacci polari, ha affermato che ormai non si può più parlare semplicisticamente di riscaldamento globale ma di una crisi climatica a tutti gli effetti. Paola Favero, forestale e già comandante dell’Ufficio per la biodiversità di Vittorio Veneto del Corpo Forestale dello Stato, in maniera brillante ed esauriente ha illustrato la situazione drammatica soprattutto dei boschi del Veneto colpiti da Vaja, prima, e dal bostrico, poi, ma ha anche sottolineato come e quanto i moderni sistemi di taglio ed esbosco, seppure apparentemente produttivi si rivelino poi, alla prova dei fatti, oltremodo dannosi per l’ecosistema forestale, sempre più minacciato sia a livello di scarsa biodiversità che di instabilità del suolo.
Il tema della dannosità degli incendi, già accennato dalla Favero, è stato poi al centro dell’intervento di Silvia Stefanelli, Accademica del CAAI e ricercatrice del Climate Policy Officer della Regione Friuli Venezia Giulia. Il tasso di deforestazione, ha detto la Stefanelli, è diminuito ma non abbastanza e, comunque, viene costantemente minacciato dagli incendi che, se numerosi nell’area mediterranea, lo sono ancora di più e ben più estesi nelle zone circumpolari della Siberia e del Canada dove recentemente sono andate bruciate estensioni boschive grandi quanto l’Italia!

Non vanno bene le cose nemmeno sulle Alpi dove il protrarsi di temperature superiori alla media per molti mesi durante l’estate ha reso precarie strutture alpine quali bivacchi e rifugi, soprattutto in alta quota. Del franamento a valle del bivacco Meneghello della Sezione vicentina del CAI tutti i lettori sono certamente a conoscenza, ma forse non tutti sanno che persino la Capanna Margherita a 4500 metri di quota sul Rosa, il rifugio più alto d’Europa e uno dei più antichi, scricchiola ormai sulle propria fondamenta e, secondo l’Accademico toscano Carlo Barbolini addetto al controllo e alla manutenzione dei bivacchi, è destinato prima o poi a crollare. Fra gli interventi più interessanti merita infine ricordare quello dell’Accademico lombardo Claudio Inselvini che, con una verve umoristica degna di Claudio Bisio, ha intrattenuto il pubblico spiegando come, proprio a causa del riscaldamento globale e delle temperature troppo elevate, stiano cambiando e siano sempre più destinate a cambiare le mete alpinistiche sia sulle Alpi che sulle montagne extraeuropee e come persino le guide alpine stiano rivedendo le proprie proposte ai clienti così da garantire uscite quanto più sicure possibile. Sul monte Bianco e sui Quattromila ad esempio – ha detto sempre Inselvini – è ormai impossibile arrampicare in piena estate e questo sta inducendo molte guide d’oltralpe a condurre i clienti sulle (apparentemente) più sicure Dolomiti contribuendo così al sovraffollamento delle stesse.
L’ultimo intervento è stato appannaggio di Adriano Favaro, giornalista veneto. Rimbalzando da un argomento all’altro, dal mito di Gilgamesh sino a “La montagna preso in giro” di Bepi Mazzotti, Favaro ha lanciato strali avvelenati contro la categoria cui appartiene sostenendo che tanti, troppi giornalisti non sanno – secondo lui - offrire ai lettori un’informazione corretta sia sulla montagna in genere che sull’alpinismo in particolare.

Nutrita la presenza di Accademici del CAI vicentini fra i quali anche il decano berico ancora in attività del prestigioso sodalizio, Piero Radin, ormai alle soglie dell’ottantesimo anno ma tonico ed entusiasta come un ragazzino. E’ da augurarsi che convegni come questi vengano proposti un po’ ovunque e non solo nelle sedi associative legate alla montagna. La crisi climatica è una realtà purtroppo ancora troppo sottovalutata nonostante i suoi effetti siano ormai sotto gli occhi di ognuno di noi: informarsi e parlarne è un bene per tutti. 
(Articolo di Eugenio Maria Cipriani)