SPIGOLATURE. 28/11/2010 -
Dalla stampa: prime valanghe, parla
Messner, 130 anni del CAI Ligure
Incidente in val Seriana. Prima neve,
prime valanghe: gravissimo un alpinista rimasto sepolto per ore.
BERGAMO - La sua vita è appesa ad un filo esilissimo. E' rimasto sepolto
per oltre quattro ore sotto la neve. Un periodo lunghissimo, che ha
fatto scendere la temperatura corporea ben al di sotto dei parametri
vitali. Si chiama «ipotermia acuta» la condizione gravissima in cui
versa, in un letto della Rianimazione degli Ospedali Riuniti di Bergamo,
l'escursionista di 43 anni di Parre che ieri mattina è stato travolto da
una valanga mentre saliva al rifugio Coca, sopra Valbondione, in Alta
Valle Seriana. Insieme a due amici,
nonostante le condizioni del
tempo non fossero ottimali (sulla zona nevicava dopo le abbondanti
precipitazioni del giorno prima), intorno alle 9 si è incamminato lungo
il sentiero che porta in vetta. All'improvviso si è staccata una valanga
di notevoli dimensioni che ha travolto in pieno il 43enne e solo lambito
uno dei suoi due compagni di escursione.
E' stato proprio
quest'ultimo (poi ricoverato a scopo precauzionale all'ospedale di
Piario) a lanciare l'allarme con il telefono cellulare.
E' scattata immediatamente la macchina dei soccorsi, anche se
raggiungere il luogo dell'incidente non è stato facile a causa della
fitta nevicata che imperversava. Per ore hanno lavorato in condizioni
molto precarie più di una ventina di volontari del Soccorso Alpino
insieme a cinque unità cinofile. Intorno a mezzogiorno un cane ha
segnalato la presenza di un corpo sotto la neve. L'alpinista di Parre è
stato trovato sotto più di un metro in stato di incoscienza. I
soccorritori lo hanno portato alla piazzola di Valbondione da dove, in
elicottero malgrado le proibitive condizioni meteo, è stato trasferito
prima al vicino ospedale di Piario e poi, vista la gravità della
situazione, agli Ospedali Riuniti di Bergamo. Le possibilità di
salvargli la vita sono molto esigue: la permanenza sotto la neve è stata
troppo prolungata.
Seppure il cuore non abbia cessato di battere, il brusco abbassamento
della temperatura corporea potrebbe avere causato gravi conseguenze
sull'organismo. Nella stessa mattinata di ieri gli uomini del Soccorso
Alpino avevano dovuto intervenire per recuperare due escursionisti che
erano rimasti bloccati al rifugio Coca.
Le abbondanti nevicate delle
ultime ore, evidentemente, sono state sottovalutate da chi si è
avventurato comunque sui pendii delle Orobie.
[ Tratto dal Corriere della Sera del 22 novembre 2010 ]
L'alpinismo resti nei suoi confini di REINHOLD MESSNER
Mercoledì scorso sono andato a Londra per partecipare a una giornata
dedicata alla montagna più alta del mondo e intitolata «First on
Everest». L'ha organizzata Doug Scott, famoso alpinista, anche per
raccogliere fondi per la sua fondazione che si occupa in Nepal di
costruire scuole per gli abitanti delle valli himalaiane.
La giornata ha
avuto un ottimo successo, nonostante il costo dei biglietti tutt'altro
che indifferente. Gli inglesi hanno molto interesse per la montagna e in
particolare per l'Everest, che sentono come cosa loro. Tanto più che la manifestazione è stata
ospitata dalla Royal Geographical Society, che per vari decenni, dagli
anni Venti ai Cinquanta soprattutto, fu il motore delle spedizioni che
cercarono di raggiungere gli 8850 metri della vetta, compresa quella del
1953 che portò Edmund Hillary e Tenzing Norkay al primo successo. Allora
i privati non potevano nemmeno sognarsi di tentare quella scalata,
perché non era possibile avere i permessi se non tramite organizzazioni
tipo questa società, che finanziò esplorazioni in tutto il mondo.
Con me hanno raccontato le loro scalate dell'Everest George Band e Mike
Westmacott, due dei componenti della spedizione vittoriosa del 1953, lo
stesso Scott con Tur Braithwaite e Pertemba Sherpa, che nel 1975
salirono la parete Sud-Ovest, Peter Habeler, che insieme a me fece la
prima salita senza ossigeno nel 1978 e lo svizzero Erhard Loretan.
Dodici ore di conferenze e discussioni.
Tutti d'accordo:
bisogna tenere vivi i principi
guida dell'alpinismo tradizionale, nato più di 200 anni fa. Oggi invece
si va sempre più verso una deriva sportiva, anche sugli 8000.
[ Tratto da La Gazzetta dello Sport del 21 novembre 2010 ]
La ricorrenza. Cai Liguria, 130 anni in parete
CENTOTRENT'ANNI ben portati,
quelli della sezione ligure del Club Alpino Italiano, che lunedì
festeggerà a palazzo Spinola il tempo trascorso dalla sua costituzione,
nel 1880. Va detto che andare in montagna mantiene giovani:
attesi tra gli altri Pier Luigi Ansaldo, con 90 bollini testimonianza di
altrettante scalate e Umberto Marana, classe 1932, socio dal 1950,
appartenente ad una delle famiglie fondatrici del Cai genovese, da tre
generazioni impegnati a tramandare l'amore per la montagna e
l'escursionismo.
L'associazione genovese, presieduta da Gianni Carravieri, conta 2200
iscritti e oltre 230 volontari tra istruttori, capi-gita e manutentori
di sentieri. Durante la festa di lunedì verrà consegnato il
premio Stelutis ad Alessandro Gogna, per la sua attività come scalatore,
scrittore ed editore di montagna.
[ Tratto da La Repubblica – Genova del 21 novembre 2010 ]