Incontro con Giuliana Steccanella e Sergio Coltri
Una corda, due cuori, una passione ...
di Gabriele Villa
Incontri occasionali, amicizie comuni trasversali, pagine Facebook,
posta elettronica ... è così che spesso ci si conosce e ci si incontra
nel mondo virtuale e poi ... si può anche diventare amici nella realtà,
scoprire affinità o esperienze convissute nella comune passione per la
montagna, per l'arrampicata, per l'alpinismo.
Questo è il racconto di un'amicizia (per me doppia), nata così, per caso
e per fortuna, tutt'ora in corso d'opera ...
La prima conoscenza tra mondo virtuale e realtà
Sergio Coltri lo avevo conosciuto a Platano di Caprino veronese,
nel 2014, durante
la presentazione di un nuova guida di arrampicata "Monte Baldo Rock",
firmata dagli amici Cristiano Pastorello e Eugenio Cipriani, anche
quelle due amicizie prima virtuali e poi diventate "reali", tramite
intraigiarùn con Cristiano, tramite Facebook con Cipriani.
Alla presentazione della guida era presente il fior fiore degli alpinisti
che aveva contribuito a scrivere la storia dell'arrampicata
di bassa quota sulle pareti che sovrastano la Valle dell'Adige. La
serata per me era molto interessante a livello "storico", meno a livello
"pratico", dal momento che si parlava di vie di elevato impegno, fuori
dalla mia portata, epperò, essendo riuscito a percorrerne qualcuna
grazie ad amici arrampicatori più bravi di me, potevo capire il livello
delle persone che stavano raccontando quelle storie. C'era anche un
ospite emiliano, il parmense Alberto Rampini, così scoprii la rivalità
che era nata tra i parmensi e i locali caprinesi, Coltri in testa, che
si vedevano "portare via" delle prime dagli "invasori" emiliani, i
quali, dopo avere guardato tante volte le pareti passando per andare ad
arrampicare sulle Dolomiti, alla fine si erano fermati e, vista la buona
qualità della roccia, avevano iniziato a salire aprendo vie, scatenando
la contrarietà degli scalatori locali. Gli attriti erano stati forti ed
era stato molto bello vedere gli interpreti di quei contrasti rivivere,
a distanza di anni, quei ricordi e sorriderne in allegria, raccontando
aneddoti in un clima fortemente amichevole. Rampini è un istruttore
nazionale e Accademico del CAI che conosco dagli anni '80 nelle vesti di
esaminatore ai corsi verifica e aggiornamento che ho frequentato in più
di trent'anni, ogni cinque anni; con lui avevo avuto modo di scambiare
due chiacchiere a fine serata. Sergio Coltri lo incontravo per la prima
volta ma ne avevo
sentito parlare
(a dire il vero con grande
considerazione) dal mio amico Eugenio Cipriani, cui chiesi di
presentarmelo, così potei parlare un po' con lui chiedendogli della sua
attività alpinistica che conoscevo assai poco.
Non presi appunti per cui di quel piacevole colloquio mi rimase solo il
ricordo delle salite in Dolomiti di cui mi aveva raccontato e
l'impressione di una grande modestia, pur nella consapevolezza di non
essere l'ultimo arrivato.
Giuliana Steccanella era un nome ricorrente sulla pagina Facebook di un gruppo di arrampicata veronese, quello della LAAC (Libera Associazione Alpinisti Chiodatori), svolgeva un'attività di arrampicata di tutto rispetto e mi aveva colpito il fatto che era molto seguita e si capiva che godeva di molta considerazione nell'ambiente. Le chiesi l'amicizia su Facebook quando seppi che era lei l'amministratrice della pagina della LAAC e io desideravo entrare a far parte del gruppo che si scambiava informazioni di arrampicata su quelle pagine. Mi rispose molto gentilmente e accontentò la mia richiesta; erano i primi di dicembre del 2016 e quattro mesi dopo, nell'aprile del 2017, ci conoscemmo di persona ad una serata di alpinismo presso la sede del CAI di Verona. Un'altra conoscenza virtuale si era trasformata in una conoscenza reale. Intanto l'amicizia virtuale mi consentiva di seguire le arrampicate che pubblicava sulla sua pagina Facebook e così riuscii ad apprezzare il suo approccio alla montagna e all'arrampicata, molto maturo, senza esasperazioni tecniche, con una mentalità "vecchi tempi" che mi piaceva. Le chiesi quindi di mandarmi dei commenti alle foto di alcune arrampicate che pubblicava in modo che potessi a mia volta inserirle su intraigiarùn e così divenne un'apprezzata autrice anche del nostro sito, seppur modesto. Il resto è storia più recente ed è legata alla rassegna "Inseguendo i profili", perchè la mia proposta di invitare Sergio Coltri e Giuliana Steccanella era stata accettata e quindi, nell'imminenza della serata, concordammo di incontrarci per fare due chiacchiere di approfondimento.
L'incontro a Spiazzi e ... scoprire come non sia facile intervistare
Giuliana
Dopo un viaggio di due ore con le ripetute code e rallentamenti
per le asfaltature in corso sulla Transpolesana eccoci arrivare a
Spiazzi, paesino collinare con vista lago di Garda; Giuliana ci aspetta
sulla strada e mi guida per stradine fino nel cortile di casa. Appena mi
guardo intorno riconosco il panorama tante volte visto sulla pagina
Facebook di Giuliana quando lei condivide tramonti sul lago con colori
sempre diversi e sempre stupefacenti.
Arriva anche Sergio e ci sediamo fuori al sole, sorseggiando un
"bianchino" che farà scivolare meglio la conversazione. Giuliana
racconta di avere tenuto una serata tempo fa a Lonigo di Vicenza (che è
il suo paese natale) e che, con sua sorpresa, c'era la sala piena;
tuttavia subito precisa che non le piace farsi pubblicità così come
Sergio per quanto sia comunque più conosciuto nell'ambiente.
In effetti, confermo che sulla rete, è più facile trovare notizie di
Sergio che non sue e che so poco di lei.
Come se si fosse acceso un interruttore Giuliana inizia raccontare: "La
mia più grande passione era lo scialpinismo: cominciavo a novembre e
finivo a giugno. Ancora più grande era la passione per l'alta montagna.
Ero affascinata dalla neve, dal bianco, dall'ambiente innevato. Con la
prima neve partivo e all'inizio era soprattutto la Marmolada, poi veniva
l'alta montagna. Quando ho preso lavoro da Sportler mi spingevano a
svolgere attività, ma spesso non avevo il tempo sufficiente per portare
a termine i progetti più belli che avevo in mente. Ricordo che una volta
sono smontata dal turno e sono partita subito per fare la nord del Gran
Paradiso con un compagno che aveva accettato di condividere la
scialpinistica. Abbiamo fatto tutta una tirata e sono arrivata a casa a
notte, dopo due giorni, al mattino mi ero presentata al lavoro ma ero
distrutta e se ne sono accorti subito. Il fatto è che io ogni tanto
chiedevo una giornata, ma non sempre me la concedevano e allora mi
dovevo arrangiare. In quel periodo arrampicavo anche, poi ho avuto il
bambino e quando aveva l'età di cinque mesi mi è capitato di rischiare
grosso con un temporale e allora ho capito che con un bambino piccolo
non era possibile fare certe cose: o stavo a casa io o stava a casa il
mio compagno. Così mi sono data alla bicicletta, ho avuto una prima
esperienza negativa, poi ho capito come funzionava e ho cominciato a
vincere, andavo bene e ho fatto parecchie vittorie. Solo quando il
figlio ha cominciato con la scuola ho ripreso ad arrampicare."
Io annuisco, ascolto, taccio e scrivo; Giuliana si è infervorata,
dal suo parlare sembra uscire energia. Non ho nessuna intenzione di
farle domande che potrebbero interrompere il flusso dei suoi ricordi.
"Mi proposero di partecipare ai campionati nazionali, però non me
l'ero sentita e così rimasi con la mia squadra di Lonigo. Per tre anni
ho fatto le gare "24 ore", solo per donne, in squadre da quattro o sei.
Nessuna gradiva correre di notte e allora lo facevo sempre io. A Roma
ebbi un incidente, ma ho rifiutato l'ospedale e così mi hanno ricoverato
quando sono rientrata a casa. L'infortunio al piede era grave e
richiedeva un chirurgo esperto, così alla fine sono stata operata a
Malcesine, però dopo l'operazione mi dissero che non avrei più potuto
fare attività
agonistica. Avevo quarant'anni e mi sentivo ancora in
pieno vigore. Per fortuna il dottore mi ha incoraggiato, dandomi la
speranza di poter fare ancora qualcosa, così ho preso a correre a piedi
e ci ho voluto credere. Ad un certo punto ho voluto andare a fare la Transalpin Run (sono 250 chilometri con 15.000 metri di dislivello
positivo) e così ho chiesto un contributo al titolare di Sportler e mi è
stato concesso. Probabilmente ero la commessa preferita."
Sergio che fino a quel momento aveva ascoltato silenzioso si fa una
risata e precisa:
"Era la preferita perchè vendeva molto e faceva guadagnare bene."
Giuliana subito riprende il filo del suo racconto: "Mi hanno dato
attrezzature e assistenza; ho fatto anche il test Conconi, ma mi dissero
che non avevo il cuore da atleta, non avevo battiti bassi e così andavo
su di giri, però sulle gare lunghe uscivo alla distanza. Io però ho
voluto farla lo stesso, era una gara a coppie e il mio collega era di
Bolzano, molto allenato e con forte spirito competitivo, per cui mi
spingeva sempre a forzare con insistenza. Era assillante e devo dire che
una volta mi era venuto il pensiero di buttarlo giù in qualche burrone.
Comunque su sessanta coppie partecipanti se ne ritirarono trenta e noi
arrivammo al quindicesimo posto."
Le chiedo se fosse stato proprio il professor Conconi a sottoporla
al test.
"No, era stato un medico 'normale'. Poi ci furono altri problemi con
l'alimentazione perchè io non sopporto le barrette energetiche,
preferisco pane e salame. Quando sono andata allo spigolo dell'Agner mi
sono portata un pollo arrosto, come facevano Renato Casarotto e
Giacomo Albiero. Sergio mi ha incoraggiato molto a farlo, così ho
trovato il compagno giusto e siamo andati. Dormendo al bivacco Cozzolino,
salendo lo spigolo e arrivando al bivacco Biasin, per fortuna prima che
facesse buio, abbiamo diluito l'impegno su tre giorni e non ho sentito
tanta fatica. Sergio invece lo aveva fatto in solitaria."
Sergio, con estrema pacatezza, raccoglie l'invito di Giuliana e
inizia a raccontare.
"Lo spigolo dell'Agner l'ho salito nel 2007 dopo avere avuto i
problemi al cuore e in seguito all'applicazione del defibrillatore. Ho
portato una bicicletta a Frassenè e poi mi sono trasferito con l'auto a
Taibon. La scalata solitaria l'ho fatta in sei ore e mezza e ho avuto la
fortuna che hanno aperto la seggiovia e sono potuto scendere con quella
risparmiando un bel po' di fatica."
Beh, lo spigolo dell'Agner è la scalata più lunga delle Dolomiti,
circa 1600 metri di parete e quasi tutti i "grandi" dell'alpinismo si
sono misurati su quella solitaria che lui racconta come nulla fosse.
Ricordo che era la stessa pacatezza che aveva a Platano quella sera in
cui mi aveva raccontato di solitarie incredibili senza alcuna enfasi,
mentre io strabuzzavo gli occhi nel solo ascoltarlo. Per fortuna è
Giuliana che lo sollecita a raccontarne un'altra di quelle sue solitarie
sulle grandi classiche delle Dolomiti.
"Ero salito al rifugio Brentei con l'intento di salire la classica
via delle Guide al Crozzon di Brenta però devo dire che erano stati
scortesi e mi avevano negato il posto letto; allora sono sceso dormendo
in auto e sono risalito partendo alle tre e mezza del mattino.
All'attacco della via ho trovato due conoscenti, ma sono subito partito
verso l'alto scalando la via in un'ora e quaranta minuti (si tratta di
oltre 800 metri di sviluppo con difficoltà fino al V+. N.d.R.). Sono
sceso a corde doppie lungo lo spigolo del Crozzon e al pomeriggio ero a
casa a lavorare."
Giuliana puntualizza: "Allora aveva una moglie che non condivideva la
sua attività arrampicatoria e lo ostacolava non lasciandogli il tempo di
andare in montagna." Sergio conferma e fa capire che i contrasti
erano forti e sono stati all'origine di una situazione che ha portato
nel tempo ad un logoramento ineluttabile di quel matrimonio.
Vista la piega che ha preso il discorso, Giuliana riprende con rinnovata
lena il filo del suo racconto.
"Avrei dovuto andare pure io a ripetere quella via, ma non
ho mai voluto
legarmi a gente che non conosco. Alla fine siamo andati in tre con
l'amico Fabio Bullio, portando noi due il materiale in modo che Sergio
potesse essere più leggero durante l'avvicinamento alla parete. Era
anche partito prima di noi, ma al Casinei non lo trovammo e lo vedemmo
solo quando oramai eravamo in vista del Brentei. Ci siamo divisi i tiri
da capocordata e abbiamo fatto la via, temendo di avere "concorrenza"
nel piccolo bivacco in cima al Crozzon, ma alla fine ci trovammo da
soli. Quello che ricordo con piacere sono il meraviglioso tramonto del
sole e l'alba che godemmo dalla cima della montagna. La discesa avvenne
con le corde doppie attrezzate dalle guide alpine."
Il discorso ritorna alle Dolomiti, alla Torre Trieste nel gruppo del
Civetta, dove Sergio ripeté in solitaria la via Cassin, in giornata
ancora partendo e tornando da casa. Poi è Giuliana a riprendere il filo
del racconto.
"Siamo andati insieme per fare la Cassin alla Torre Trieste e c'era
bel tempo annunciato. Ci siamo portati alla prima cengia per trascorrere
la notte in bivacco. Ad un certo punto mi sono svegliata e ho visto dei
lampi in lontananza; era bello e io mi sentivo molto fortunata ad essere
lì."
Interviene Sergio, quasi sovrapponendosi: "Io invece mi sono
svegliato, ma più tardi, venivano giù secchiate d'acqua e per un'ora e
mezza ha piovuto di brutto."
Conclude Giuliana: "Non abbiamo più dormito per il resto della notte!
Al mattino lui mi ha chiesto come stavo e abbiamo provato a proseguire,
però mi è venuta la tachicardia e così siamo scesi. Avevo capito che il
mio fisico non era in grado di affrontare una salita così."
Io ascolto e intanto continuo a scrivere in automatico; mi sono tornate
alla mente
le serate che trascorrevo, tanti anni fa, a casa da Bruno e Giorgio De
Donà, su a Pecol di San Tomaso agordino, loro a raccontarmi le arrampicate che
facevano e io ad ascoltare affascinato. Più o meno quello
che
stava succedendo lì, in quel momento, a Spiazzi con Sergio e Giuliana e glielo dico molto
sinceramente che era da un bel po' di tempo che non trascorrevo una
serata così piacevole. Intanto il sole sta calando e si è nascosto
dietro i contrafforti del Baldo; entriamo in casa e subito Giuliana ci
propone un giro di canederli e a seguire qualche verdura con affettato e
formaggi.
A tavola non s'invecchia ed è anche più facile confidarsi
A tavola continuiamo a parlare, ma non solo di montagna, di tutto un po',
infine, con mia sorpresa si arriva a parlare del grave incidente
successo a Giuliana oramai quasi un anno fa durante un'arrampicata in
Sardegna.
E' Sergio che apre il rubinetto di quei ricordi drammatici e l'emozione
sgorga come un getto: lui che avvisa il secondo di cordata di quel masso
in bilico che aveva notato salendo da primo, il sasso che nonostante
tutte le attenzioni precipita verso Giuliana senza investirla, ma
tranciando la corda; lei che non se ne rende conto e fa per appendersi
precipitando verso il basso verso la scogliera sotto più di un centinaio
di metri, quindici metri di volo e un terrazzino con un cespuglio di
rovi che un po' attutisce e, infine, arresta la caduta, lei che rimane
sospesa e dolorante sul vuoto e viene raggiunta da Sergio che si cala
con le corde e la mette in sicurezza.
Osservo Giuliana che ascolta le parole di Sergio con visibile
commozione, mentre lui continua il racconto di quelle due ore e mezza di
tensione, prima dell'arrivo dell'elicottero e della riuscita di un
soccorso al quale, in quelle zone, non sono abituati e di conseguenza
poco preparati. L'esperienza e la freddezza di Sergio sono di aiuto ai
soccorritori e Giuliana arriva all'ospedale, dove lui la raggiunge più
tardi, prendendo atto che "non era stata ancora la sua ora" e la vita
sarebbe continuata. Il racconto mi turba nonostante ne avessi seguito la
cronaca attraverso i giornali e le notizie su internet, mentre la mia
ammirazione per Sergio aumenta nell'apprendere tanti particolari che i
giornali non potevano né conoscere e nemmeno raccontare, di pari passo
ho un'idea meglio definita del calvario che ha dovuto affrontare
Giuliana in questi dieci mesi che sono seguiti e di quanto sia calzante il soprannome "Wonder Woman" che
gli amici le
hanno dato da tempo.
Lei racconta che gli esami fatti dicono che tutto va bene, però
permangono dei dolori che deve affrontare, tanto che si è messa anche in
mano anche ad un "praticone" del posto che comunque le ha fatto sentire
dei benefici.
Nonostante tutto però sono andati in vacanza nelle gole del Verdon
(Francia), ma lei ammette che ha sofferto e che il "praticone" da cui è
tornata dopo le ha detto di "rallentare".
A quel punto una domanda mi è sorta spontanea, avendo letto che è andata
di recente a ripetere assieme a Sergio la via che lui ha aperto in
solitaria dopo l'incidente, dedicandola a lei: "Com'è la via
'L'Aldilà può attendere'?"
"E' dura, dura. - mi risponde - Ho perso forza nelle braccia e
in strapiombo faccio fatica, mentre in placca me la cavo meglio." Le
fa quasi eco Sergio (forse per consolarla un poco?) lamentando che la forza è un po' calata anche a lui,
ma che però l'esperienza maturata negli anni aiuta a gestire le
situazioni di arrampicata.
Ovviamente la sua dichiarazione,
conoscendolo, va presa con il dovuto metro di misura, considerando il
fatto che
"L'Aldilà può attendere" (ripetiamo, via aperta in solitaria) presenta
tratti di 6b e passaggi di 6b+ (equivalente a VII+ in scala UIAA). Personalmente
penso a che condizioni di forma dovesse avere quando era più giovane e si
allenava "duramente per ore e ore e con una forte motivazione".
Un aneddoto che mi aveva raccontato e che ho trovato tra gli appunti la
dice lunga sui suoi allenamenti:
"Una volta feci una giornata intera alle gole di Ceraino, quel giorno c'era
vento e neve, ma io stavo chiodando degli strapiombi e non mi bagnavo.
Ad un certo punto venne un contadino che abitava nei paraggi e mi gridò
'sei lì da tutto il giorno, vieni zo'!'. Quando scesi ed arrivai
a terra mi accorsi che non riuscivo a stare in piedi perchè avevo le
gambe congelate." Intanto il tempo è trascorso e la buona
educazione vuole che noi si tolga il disturbo per ritornarcene verso
casa. Fuori le luci della pianura e attorno al lago di Garda danno
spettacolo; abbracci e strette di mano come vecchi amici e poi ci diamo un
arrivederci a Ferrara per la serata di "Inseguendo i profili".
Ecco emergere dai ricordi la vera storia dei rinvii anti-Coltri
Leggendo vecchi articoli per preparare la presentazione dei
nostri ospiti per la serata del 24 ottobre, mi imbatto in un articolo di
Eugenio Cipriani che traccia la biografia alpinistica di Sergio Coltri e
un passaggio di questa, in particolare, mi riporta ad un ricordo di
almeno quindici anni prima che ora, alla luce della serata della lunga chiacchierata fatta proprio con lui e Giuliana venti giorni prima,
riesco a "decifrare" con precisione.
Scrive Cipriani: "Le vie nuove aperte da Sergio Coltri in solitaria
in Val d'Adige, poi ripetute non senza difficoltà da numerose cordate,
sono la testimonianza inequivocabile dell'altissimo livello di
preparazione dello scalatore caprinese e la serietà assoluta di ogni sua
affermazione. Un aneddoto, al proposito, merita
di essere ricordato. Quando nel periodo a cavallo fra gli anni Ottanta e
Novanta gli itinerari realizzati sia da solo che in cordata da Coltri
sulle pareti della Val d'Adige iniziarono a essere conosciuti e
frequentati, fra gli alpinisti che andavano a ripeterli si diffuse la
pratica di utilizzare degli appositi attrezzi che permettevano loro di
poter agganciare i moschettoni ai chiodi piantati da lui, tanto lontani
l'un l'altro erano stati posizionati i punti di sicurezza. Si trattava
dei cosiddetti «rinvii anti-Coltri», ...". Ecco allora affiorare un
ricordo dei primi anni 2000 quando andammo a tentare di ripetere una via
di Coltri, una di quelle in arrampicata artificiale, così chiamata
perchè la progressione avviene per lo più agganciando ai chiodi infissi
i propri moschettoni, eventualmente anche usando le "staffe", apposite
scalette a quattro gradini. Assieme all'amico Francesco avevamo studiato
la strategia, lui avrebbe fatto i primi tiri verticali, io sarei passato
in testa alla cordata nel superamento del tetto di dodici metri che
precludeva l'uscita dalla via. Non che fossimo degli incoscienti, solo
pensavamo di potercela fare. Il primo tiro di corda con i suoi chiodi
lontanissimi, fuori dalla portata degli allunghi di Francesco, lo
costrinsero a dei rischiosi e faticosi virtuosismi sulle staffe, ma
lo sforzo era tanto e fu giocoforza abbandonare prima ancora di arrivare
alla sosta. Così feci costruire dai miei colleghi di lavoro idraulici
una specie di uncino con maniglia, in acciaio, senza immaginare che
stavo realizzando uno strumento anti-Coltri, come poi ne vedemmo in uso
ad altre cordate: chi era ricorso al filo di ferro, chi alle antennine
telescopiche delle autoradio, chi alle stecche di plastica nastrate
attorno alle fettucce dei rinvii. Lo avevamo sentito chiamare "il
furbino", per noi era semplicemente "il rampino", però non fu
sufficiente ad avere ragione nella nostra sfida personale e anche il
secondo tentativo di scalata, nonostante il nuovo attrezzo in
dotazione,
naufragò miseramente. Tornammo con le pive nel sacco facendoci una
domanda: "ma quanto sarà alto questo Sergio Coltri per piantare i
chiodi così lontani?" La domanda rimase senza risposta. Adesso, dopo parecchi anni,
pensavo che mi stava capitando l'occasione di dare una
risposta a quella domanda inevasa.
A Ferrara: Una corda, due cuori, una passione ...
Le serate con gli ospiti alpinisti hanno ormai una scaletta ben
collaudata: il ritrovo in Piazzetta Municipale tra le sette e le sette e
trenta, la prova delle strumentazioni di proiezione, una cena tutto
sommato sobria in trattoria tipica di Piazzetta Savonarola, due passi in
piazza (facoltativi e se rimane tempo), accoglienza del pubblico se ci
sono libri o gadget da vendere e, infine, la proiezione delle immagini e
dei filmati.
Il mio compito principale è quello di presentare gli ospiti, e per
questo cerco di preparami per conoscerli più approfonditamente in modo
da non dovermi limitare a leggere dei curriculum con delle date e dei
nomi di montagne scalate. Durante la cena ho l'occasione per poter
parlare con loro così posso approfondire un pochino la loro conoscenza;
con qualcuno è più facile conversare, con altri, più restii, a volte non
mi è riuscito.
Con Giuliana e Sergio ci siamo addirittura incontrati prima ed abbiamo
parlato una sera intera: per me è il massimo. Come oramai ci siamo
abituati, il pubblico non è mai numeroso, ma ci siamo detti e ce lo
ripetiamo, e lo dico anche durante la presentazione, che la riuscita
delle serate "culturali" non è proporzionale al numero di persone
presenti in sala. Poi presento Giuliana e Sergio e, di personale, aggiungo
il ricordo degli strumenti anti-Coltri, il pubblico ride divertito e
quando tiro fuori dalla tasca il mio "rampino" e invito Sergio ad
allungare il braccio per verificare il suo allungo rispetto al mio
dotato dello strumento, in sala ridono un po' tutti. Poi si
inizia per davvero.
Giuliana e Sergio sono una buona cordata anche sul palco. Si vede che lui è riservato e un po' restio, più di lei che in questo caso fa il capocordata nella presentazione della loro proiezione.
La proiezione sarà una carrellata sulle attività di entrambi che spaziano
in gran parte del mondo della montagna. Come spiega Sergio quando prende
la parola, entrambi hanno fatto un po' di tutto nelle loro vite
precedenti.
Si sono conosciuti e piaciuti in età matura, quando le loro storie di
vita personali si erano concluse, hanno entrambi un figlio grande e
condividono la comune passione entro quello che non hanno remore a
chiamare "amore".
Del resto si vede la loro grande sintonia e quella che entrambi
definiscono "la fortuna di esserci incontrati".
Non è usuale che i "personaggi" che vengono a tenere le loro serate si
aprano così spontaneamente sul loro privato, ma Giuliana e Sergio hanno
fatto eccezione, testimoniando una spontaneità ammirevole. Alla fine
hanno aperto anche una "finestra" sull'incidente dello scorso anno che
quasi costava la vita a Giuliana; una cicatrice non ancora completamente
assorbita, ma che hanno avuto la forza morale di affrontare e
raccontare, concludendo con un inno alla vita che continua, bene
prezioso, come ben sa chi ha rischiato di vederla sfuggire tra le dita.
Gabriele Villa
Incontro con Giuliana Steccanella e Sergio Coltri (Una corda, due
cuori, una passione ...)
Ferrara, mercoledì 24 ottobre 2018