Incontro con Sergio Coltri

Ritratto del "Re" della Val d'Adige, leggenda vivente dell'alpinismo veronese

a cura di Eugenio Cipriani


Non è guida alpina e non fa parte del ristretto e prestigioso gruppo del Club Alpino Accademico, ma il caprinese Sergio Coltri è unanimemente considerato una leggenda vivente dell’alpinismo veronese. I motivi per meritare pienamente questo appellativo ci sono tutti e non sono pochi.

Iniziamo dall’anagrafe.
Coltri è nato a Spiazzi nel 1955 ed oggi ha la bellezza di sessanta anni suonati. Un’età alla quale gran parte degli alpinisti ha già smesso da tempo di muoversi ad alto livello.
Invece lui inanella ancora da capocordata fior di itinerari da brivido su difficoltà che superano abbondantemente il VII grado della scala UIAA e non di rado persino l’VIII con punti di sicurezza anche ben distanti l’uno dall’altro.
Come nelle gole del Verdon, in Francia, dove ha da poco trascorso due settimane all’insegna della vertigine e dei microappigli.

Altro motivo: il curriculum.
Coltri vanta al proprio attivo, dal 1978 (anno di inizio della sua attività alpinistica sotto la naja) ad oggi, un numero impressionante di ripetizioni, soprattutto sulle Dolomiti, ma non solo.
Tutte ripetizioni di difficoltà elevata, vale a dire dal V al VII e VIII grado e molte delle quali – ecco un altro motivo per l’appellativo di “leggendario” – in arrampicata solitaria ed in luoghi estremamente selvaggi.

Non è tutto, però.
Perché a molti scalatori specializzati in solitarie in luoghi appartati, e quindi lontano da testimoni, la comunità alpinistica ha spesso rivolto critiche di scarsa credibilità.
Nel caso di Coltri questo non è mai successo e per un motivo molto semplice: le sue vie nuove aperte in solitaria in Val d’Adige, poi ripetute non senza difficoltà da numerose cordate, sono la testimonianza inequivocabile dell’altissimo livello di preparazione dello scalatore caprinese e la serietà assoluta di ogni sua affermazione.

Un aneddoto, al proposito, merita di essere ricordato.
Quando nel periodo a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta gli itinerari realizzati sia da solo che in cordata da Coltri sulle pareti della Val d’Adige iniziarono ad essere conosciuti e frequentati, fra gli alpinisti che andavano a ripeterli si diffuse la pratica di utilizzare degli appositi attrezzi che permettevano loro di poter già da lontano agganciare ai chiodi piantati da lui i moschettoni così da limitare il rischio di voli, tanto lontani l’un l’altro erano stati posizionati i punti di sicurezza.
Si trattava dei cosiddetti “rinvii anti-Coltri”, così chiamati non per denigrare il fuoriclasse caprinese ma per sottolineare appunto l’elevata difficoltà, psicologica oltre che tecnica, delle sue realizzazioni che venivano, e vengono tuttora, affrontate e ripetute solo da cordate ben preparate.
Ciò però non deve indurre a pensare che Coltri sia stato, o sia ancora, un “cercatore di adrenalina” a tutti i costi e men che meno uno scriteriato. Al contrario, le caratteristiche peculiari della sua attività sono sempre state la serietà e la meticolosità nella preparazione atletica.
Una preparazione talmente elevata da avergli permesso di salire, da solo o in cordata, ogni volta al di sotto del proprio limite. Se a ciò si aggiunge un’esperienza pluridecennale, si comprende facilmente perché le vie firmate Coltri siano considerate tutte itinerari d’arrampicata DOC.
Nell’elenco dei meriti di Coltri viene poi il fatto di aver contribuito alla valorizzazione turistico-alpinistica dell’entroterra gardesano, di Caprino e della Val d’Adige sia attraverso la scoperta e la chiodatura di numerosi siti di arrampicata (fra le sue “creazioni” più importanti ricordiamo le palestre di roccia di Garda, del Sengio Rosso e del Monte Cimo, solo per citarne alcune ma l’elenco sarebbe assai lungo) sia attraverso la pubblicazione, nel 2007, della guida di arrampicata “Tra il lago ed il fiume” fatta assieme all’amico, e spesso compagno di scalate, Beppe Vidali.
Per Coltri, più avvezzo ai virtuosismi sulla roccia che a quelli letterari, la realizzazione del volume è stata un’avventura nuova e difficile condotta però a compimento, come nel suo stile, con serietà e determinazione oltre che con la convinzione che l’arrampicata e, più in genere, le attività sportive all’aperto possano e debbano rappresentare per il turismo baldense un’importante risorsa.
Ed è stata questa convinzione che lo ha portato, assieme ad altri, a dare vita alla LAAC, Libera Associazione Alpinisti Chiodatori, gruppo di appassionati scalatori che si propone appunto di mantenere in buono stato di fruibilità i siti di arrampicata e nel cui ambito Coltri ha rivestito e riveste ancora un ruolo importante oltre ad esserne uno dei personaggi di riferimento e più conosciuti.

C’è infine un ulteriore motivo che rende Sergio Coltri un personaggio fuori dal comune nel panorama alpinistico veronese. Un motivo elencato volutamente per ultimo, ma che la dice lunga tanto sulla sua passione quanto sulla sua incrollabile forza di volontà.
Nel 1992, all’apice della sua carriera alpinistica, dopo aver realizzato ripetizioni in cordata di altissimo livello come la Supermatita al Sass Maor nelle Pale di San Martino (1000 metri di sviluppo, VII grado), dopo solitarie come la Cassin alla Torre Trieste nel Civetta (800 metri di sviluppo, VI grado) in meno di sedici ore con partenza di notte da Caprino e rientro nel pomeriggio per esigenze di famiglia, dopo aver conseguito il prestigioso Premio Biasin, gli viene diagnosticata una displasia aritmogena del ventricolo destro.
Segue un anno di inattività ed un calo drastico della preparazione atletica.
Ma Sergio non molla e riprende ad arrampicare a livelli molto alti, seppure non così alti come in precedenza.
Passano alcuni anni e la malattia si ripresenta.
Di nuovo stop e successiva ripresa che lo porta, nel 2006, a realizzare una solitaria auto-assicurata di grande impegno psicofisico sul “suo” Monte Cimo, in Val d’Adige: è la via “Spettro del passato”, un vertiginoso itinerario con difficoltà obbligatorie di VII (6b scala francese) e passaggi in artificiale.
I fantasmi del passato sembrano scomparsi ma nel 2009 si ripresentano, questa volta in maniera ancor più grave delle volte precedenti.
Seguono tre anni difficilissimi durante i quali, nel vederlo dimagrito e debolissimo, molti lo danno per spacciato.
Ma come la mitica Araba Fenice che risorge dalle ceneri, Coltri si riprende e per l’ennesima volta torna alla sua passione di sempre: l’arrampicata.

Eugenio Cipriani

Incontro con Sergio Coltri

Verona, estate 2015