Inseguendo i profili  

Mauro Mazzetti

 a cura di Gabriele Villa

Dopo una breve illustrazione del programma 2006 della nuova serie di “Inseguendo i profili” da parte di Beatrice, della presentazione di Mauro Mazzetti, l’ospite della serata, è lui stesso che prende la parola per introdurre la sua proiezione, “Le montagne del Far West – Dalle Alpi Occidentali all’Aconcagua”, delineandone per sommi capi i contenuti.
Appare subito un tipo alla mano, simpatico, estroverso, questo genovese brevilineo, dalla parlata spigliata e dall’occhio vivace, venuto a Ferrara a raccontare delle montagne dell’ovest, le Marittime e le Cozie, quelle che i ferraresi conoscono più che altro per averle studiate a scuola, nelle ore di geografia, piuttosto che per averle frequentate.
Poi si fa buio in sala e comincia la proiezione, poche altre volte iniziata come questa in maniera così diversa: appaiono immagini della Lanterna, il famoso faro del porto di Genova, poi lo stesso porto con sullo sfondo il Monte di Portofino, infine scorci della città con tutte quelle case che paiono ammassate sul fianco della collina e a ridosso del mare.
Il pubblico percepisce subito quel senso di appartenenza alla propria terra che dev’essere tipico dei genovesi e che diventerà ben presto il filo conduttore della serata.
Attraverso le immagini delle colline genovesi prima e delle montagne dell’entroterra ligure in seguito, fino a spingersi nel cuneese ed arrivare all’Argentera, al Corno Stella, al Marguareis, al Castello-Provenzale, al Monviso, Mazzetti accompagna gli spettatori in un viaggio ideale alla conoscenza di quel mondo che fa parte del suo vissuto di alpinista.
”Ho cominciato a frequentare la montagna come escursionista e di escursioni ne ho fatte molte” – dice mentre sullo schermo appare una sua immagine nella quale, ancora ragazzo, lo si vede con lo zaino in spalla, gli scarponi, i calzettoni e le immancabile braghe alla zuava.
In seguito approda all’alpinismo che pratica fino a diventarne istruttore.
Prima della serata, tra un boccone di pizza e l’altro, ci aveva simpaticamente raccontato di essere stato inizialmente scartato come allievo alla selezione per entrare a frequentare un corso di alpinismo della propria sezione e aggiunge poi: ”In seguito mi sono rifatto, fino a diventare istruttore ed ora partecipo ogni anno al corso di alpinismo ed alla gita alpinistica. Mi piace partecipare alla vita della Sezione”.
Attraverso le immagini delle montagne del Far West si comprende come si sviluppa la sua attività alpinistica svolta in tutti gli ambienti e su tutti i terreni: falesie di arrampicata, canaloni di neve, cascate di ghiaccio, montagne di misto nelle quali la roccia si alterna al ghiaccio, creste innevate e sullo sfondo, all’orizzonte, quasi sempre, quel mare da cui sembra provenire e non volersi staccare.
”Noi genovesi siamo abituati alle grandi salite di misto, piccozza alla mano e ramponi ai piedi, magari non troppo difficili tecnicamente, ma dove si avverte e predomina l’impegno complessivo della salita e le caratteristiche ambientali della montagna. Per questo, ma non per snobbarle, pensiamo le Dolomiti come dei grandi “paracarri”: belle e verticali, anche difficili, ma su cui si fa solo arrampicata su roccia.”.
Parla poco di gradi di difficoltà, in effetti, quasi a voler sottolineare quella “normalità alpinistica” cui si sente di appartenere e che si avverte nel suo parlare della montagna nell’aspetto ambientale prima ancora che tecnico.
La seconda parte della serata è costituita da un DVD che racconta la sua avventura più recente, di nemmeno un anno fa; la salita al Cerro Aconcagua, la cima più alta del Sud America con i suoi 6962 metri.
”Tengo subito a precisare che io non sono arrivato sulla cima; ci sono arrivati i miei due compagni Armando Antola e Alessandro Bianchi. – e aggiunge – Loro sì che sono forti alpinisti. Per me più che altro è stata un’avventura interiore, una conoscenza di me stesso, anche perché era la mia prima spedizione, quasi alla soglia dei cinquant’anni”.

Questa “conoscenza di se stessi” è una frase usata da molti (e a volte abusata), ma nel video, le immagini confermano le parole dette prima e riescono a farlo anche se la proiezione non è accompagnata da commenti, ma solo da musiche.
”Se non fosse stato per mia moglie Laura molto probabilmente non sarei andato all’Aconcagua. Stare lontano da casa un mese, lasciare lei e Gabriele, il nostro bimbo di sei anni, proprio nel periodo delle feste natalizie, mi avrebbe fatto rinunciare. Però si trattava di un’occasione importante, lei lo ha capito e mi ha spinto a coglierla”.
Al termine della proiezione, ancora non sembra stanco di parlare, racconta aneddoti di viaggio, risponde a qualche domanda del pubblico che lo segue coinvolto da questa sua carica.
Ed a Beatrice che sottolinea questo suo parlare fluido risponde con un sorriso e una battuta:
”Eh sì! Me la cavo meglio a parlare che ad arrampicare”.
Si conclude, infine, l’incontro nel quale abbiamo conosciuto un alpinista dal “profilo normale”, ma in cui ci si può riconoscere più facilmente rispetto ai fuoriclasse.
Ne è risultata una serata probabilmente con un po’ meno “spettacolo”, ma con più “cultura ambientale”. 
Ma ci pare che la cosa non guasti. Anzi, tutt’altro.

Gabriele Villa
Ferrara, mercoledì 18 ottobre 2006