Ieri, oggi e…domani

di Maurizio Caleffi 

E' una bellissima giornata, forse un po' triste: oggi tutto è andato bene come altre centinaia di volte. Forse è merito dell'esperienza di tutti questi anni oppure, ancora una volta, del destino che non vuole accanirsi su di me mentre faccio una cosa che tanto mi piace. Ho più di sessant'anni e arrampico da quasi trentacinque: forse è più giusto affermare che vado in montagna da una vita, non come lo può fare un professionista o un abitante del luogo, ma solo per passione, pura passione! Fare un bilancio adesso è un po' difficile: ho iniziato sin da piccolo, ma con le corde il mio primo approccio avvenne a ventisette anni. Alle spalle tante escursioni e ferrate e finalmente avevo avuto l'occasione di fare il "gran salto". La mia è stata un'evoluzione lenta, a tratti interrotta da qualche piccolo infortunio, ma credo che se non avessi avuto tutta questa passione per le montagne, forse oggi sarei a giocare a carte con qualche amico in un circolo per anziani. Forse il mio destino aveva già disegnato la mia vita; forse tutto quello che ho fatto era scritto in quel libro che ognuno di noi ha, ma che fortunatamente non è leggibile da nessuno se non a posteriori.

Che bella salita oggi! Avevo scelto questa parete di ghiaccio non difficile, ma affascinante, proprio per la mia gran passione, o meglio una passione nella passione. Gli amici e le persone che mi conoscono sanno che più di tutto in montagna mi piace andare con piccozze e ramponi. Non so perché ma per me il fascino del ghiaccio e sempre grandissimo e forse posso assicurare che nessuna arrampicata su roccia sa darmi emozioni come una salita su ghiaccio o neve. Guardando le mie vecchie piccozze che ancora stringo in mano mi vengono in mente mille ricordi: sono brutte, vecchie, ammaccate ed in qualche punto arrugginite, ma sono le prime che ho acquistato. Non avevo ancora trent'anni ed affascinato dalle cascate di ghiaccio le comprai in "società" con un amico che poi aveva smesso di arrampicare. Quante paure ed emozioni nel loro manico di gomma ormai sbriciolato: la prima cascata a Sottoguda, la prima salita solitaria nella Val di Crepa, la mia prima parete nord alla Presanella, l'interminabile Canalone Neri nel Brenta, la nord del Ciarforon e tante altre salite. Piccozze che hanno visto passare amicizie grandissime, grandi amori, allievi di corsi, allenamenti "a secco" su prese di resina in palestra o su poveri alberi nel bosco; ore passate con la lima per affilarle e guarire qualche ferita provocata da maldestri colpi dati su roccia o sassi. Insomma posso dire che sono state le fedeli amiche di tutta la mia passione alpinistica, e come tutte le belle storie anche questa sta per finire: loro sono ora come me, piene di bei ricordi, consumate dall'uso, rappezzate di qua e di là, sicuramente obsolete ma proprio per questo preziosissime.
Stamattina, o meglio stanotte, quando sono partito da solo per quest'altra avventura, ero pieno di paure così come sempre in tutti questi anni: "La paura è sinonimo di prudenza…" dicono! E' sempre stato così: a casa quando prepari la salita e la studi sei carico e automaticamente in te cresce il desiderio e la voglia di concretizzare questa specie di sogno. Quando arrivi sotto la parete ti vengono mille dubbi: hai veramente calcolato tutto? Certo che no! Altrimenti sarebbe tutto troppo semplice! Le paure incominciano ad affiorare e a volte arrivi al paradosso che desidereresti tornare indietro. Poi arriva l'esaltazione, quella che sta nel bel mezzo dell'impresa. Superato l'avvicinamento, spesso ai primi colpi di piccozza è come se tutto svanisse; timori, fatiche, stress e dispiaceri della vita di tutti i giorni si frantumano come il ghiaccio. La cima invece è la fine di un sogno, un sogno che lascia dentro di te solo le parti belle e cancella le brutte: se penso ora a tutte le salite fatte, non ce n'è una che non rifarei… giuro non una, nonostante tutte le energie in esse spese!!
Ma questa, forse, è una salita speciale: nel programmarla ho pensato che fosse la mia ultima. Non che a più di sessant'anni possa considerarmi troppo vecchio… è da quando ne ho compiuti quaranta che mi lamento, ed invece sono ancora qui con tutti i miei anni e i miei acciacchi! Credo invece che ci sia un tempo per tutto: la mia passione per la montagna non è finita, anzi, forse è più grande che mai! Vorrei stare in questi posti fino all'ultimo dei miei giorni ed emozionarmi con i panorami che solo questi posti sanno dare. Oggi ho capito che posso finalmente godermi tutto questo senza più grandi fatiche: camminare intendo, posso camminare per le migliaia di chilometri di sentieri che ogni posto come questo ha. Camminare è bellissimo e anche adesso mentre scendo da questa montagna me ne accorgo: tutto è a misura d'uomo e nulla di artificiale come auto, strade di cemento, aerei, funivie, corde e chiodi, moschettoni ecc. Sei tu solo e la natura che ti circonda: unico elemento di un mondo perfetto, sognato, desiderato. 
Apprezzi anche la solitudine che ti circonda: non a caso nella programmazione di questa salita la scelta è stata quella di affrontarla da solo. Nella mia misera carriera alpinistica altre volte ho affrontato itinerari in solitaria: sicuramente però in questo modo non ho mai affrontato salite estreme. Andare da soli in montagna è sempre un rischio, anche per una semplice camminata! Ok … ci sono i telefonini, le radio e altre mille diavolerie elettroniche, ma sei da solo e quindi te la devi cavare in ogni caso. L'alpinismo solitario è la forma più completa dell'andare in montagna ed anche la più egoistica: tutto e solo per te e con le tue forze, nessun aiuto!
Poche volte mi sono dedicato alle solitarie su roccia, ma su neve o ghiaccio spesso mi lascio tentare anche se molti pensano che sia più pericoloso. Io penso che se le cose le fai con la testa e con il cuore, hai già dimezzato il fattore rischio: l'altra metà va gestita sul momento ed in piccola parte anche dalla buona sorte.
Durante la salita di oggi ho potuto godere di una bellissima alba: l'emozione di vedere sorgere il sole, contornato dalla magnificenza di queste bellissime montagne, vale sempre ogni sacrificio: la fatica fatta ieri per raggiungere il bivacco, la pietosa cena di ieri sera (…nemmeno un sorso di birra!!), la notte passata fra una dormita e un pensiero alla salita, la sveglia alle 3,00, la colazione scarsa con un tè e cinque biscotti (solo perché sono abituato a caffelatte e biscotti in quantità!!) ed infine tutto l'avvicinamento alla parete.. ben due ore!!
Ora, nelle prime ore di questo assolato pomeriggio posso voltarmi ed ammirare con un pizzico di orgoglio la mia cima: la roccia gialla, la candida neve e il ghiaccio azzurro, un cielo così blu da sembrare finto! Ed invece è tutto vero e le tracce del mio passaggio di questa mattina ne sono quasi la conferma: a metà parete il punto dove mi sono autoassicurato con la corda e a fil di cielo la cresta di discesa. A fondo valle i prati e i boschi sono verdi e in mezzo a tutto questo silenzio mi sembra di poter sentire il frusciare del torrente che solca la valle millecinquecento metri più in basso. In questo momento mi rendo conto di aver giustamente sacrificato tutto il tempo libero della mia vita per attimi come questo.
Vedo un enorme masso affiorare dalla morena, alla fine del ghiacciaio: decido di arrivare in quel punto per fermarmi a sistemare materiale e zaino …e perché no, riposarmi un po'. Sono infatti più di dieci ore che sono "in moto" ed effettivamente le sento tutte: "…non sono più un ragazzino!!", penso, anzi a pensarci bene sono un vecchietto arzillo ma decisamente stanco. Come tutte le mete prefissate la sosta arriva dopo un interminabile tempo e un'accaldata e appesantita marcia su neve ormai molle e sassi instabili.
Finalmente!! Mi tolgo faticosamente lo zaino e lo lascio cadere a terra: mi tolgo la giacca che ormai mi soffoca e immediatamente passo all'imbragatura con tutto il suo pesante ed ingombrante carico di moschettoni, viti da ghiaccio e ferraglie varie. Apro lo zaino per estrarre il thermos con il tè; ne bevo due sorsi e mi accorgo che ormai è quasi freddo e soprattutto sta per finire: poco male, al ritorno al bivacco troverò una bottiglia d'acqua che avevo preventivamente lasciato per il mio ritorno. Come al solito sento il gran desiderio di affogarmi in una fresca birra, ma purtroppo la lattina era troppo pesante per essere inserita nell'immenso zaino che già dovevo portare: mi consolo pensando che al mio ritorno a fondo valle nulla e nessuno me la potrà negare!
Un morso dietro all'altro divoro una tavoletta di cioccolata fondente e l'accompagno con un pacchetto di cracker.
Sono comodamente seduto con le spalle appoggiate al grande masso e la fronte esposta al caldo sole di questo bellissimo pomeriggio: con gli occhi semichiusi inspiro profondamente l'aria per carpirne ogni odore e sapore.
Complice la stanchezza, questo momento di relax in breve si trasforma in una pennichella, quasi uno stato di dormiveglia, nel quale la mente si svuota di tutti i miei pensieri.

*******

"Buongiorno signore!"
Improvvisamente mi desto da questo stato "comatoso" e di fronte a me trovo un bambino basso con una folta capigliatura castana e due occhi marrone, vestito in modo strano. Infatti era inconsueto vedere che nel terzo millennio qualcuno metta i pantaloni alla zuava di velluto a coste e gli scarponi di cuoio! Il suo saluto deve essere di cortesia: forse non si è accorto che stavo dormendo e passando di li e vedendomi ha pensato di fare cosa educata nel rivolgermi quel saluto.
"Ciao… cosa stai facendo di bello?".
"Sto facendo un giro".
"Ma sei da solo?"
"No! Mia mamma e mio papà sono più in basso: si sono fermati per riposarsi ed io sto facendo un giretto".
Incuriosito gli chiedo: "….Come ti chiami?"
"Maurizio".
" Ma lo sai che anch'io mi chiamo così!!…" rispondo subito sorpreso, "….e quanti anni hai?"
"Undici e mezzo!" risponde quasi fiero del suo "mezzo".
E' strano come da bambini si tenda ad arrotondare in eccesso la propria età ed invece da adulti si faccia di tutto per il contrario!! Non siamo mai contenti di quello che siamo: da giovani abbiamo fretta di crescere e da vecchi vorremo tornare bambini!
"Ti piacciono queste montagne?"
"Si, molto!" risponde con gli occhi che gli brillano.
"Vieni spesso in montagna?"
" In estate sempre, per le vacanze"
"E d'inverno? Ti piace la neve?"
"No d'inverno mai … e la neve mi piace molto! Quando a Ferrara nevica io e i miei amici incominciamo a gridare: "NEVICA!! NEVICA!!" e corriamo a dirlo in giro…"
"A Ferrara, hai detto??!!.. ma anch'io vengo da la! È incredibile!!!"
Sono veramente stupefatto da questa circostanza: questo ragazzino si chiama come me e viene dalla mia stessa città! La mia curiosità aumenta … ma anche la sua.
"E lei signore da dove viene? … ha scalato qualche montagna?"
"Si, Maurizio. Vedi quella cima là … sono salito questa mattina ed ora sto scendendo per tornare a casa".
Il suo sguardo nella direzione da me indicata si fa attento e subito dopo girandosi verso di me e indicando il mucchio di materiale che era accatastato al mio fianco mi chiede:
"…e quelle cose lì cosa sono?"
"Chiodi da ghiaccio…" rispondo io afferrandone uno per mostrarglielo.
Incuriosito il bambino si avvicina a me e subito replica:
" …e questi li pianta nel ghiaccio?"
"A dir la verità li avvito …. Anzi volendo hai ragione; sarebbe più giusto chiamarle viti!"
La sua curiosità si allarga anche al resto del materiale: moschettoni, ramponi, corda. Quando arrivo a mostrargli la piccozza rompe ogni indugio e mi chiede di impugnarla.
"… però com'è pesante!" mi dice. Io gli spiego che forse lo è ma aggiungo pure che sicuramente quando sarà grande anche lui ne possederà una ed allora forse non gli sembrerà più così pesante.
"Davvero!!?? Io però ho già una piccozza ma è diversa da questa: ha il manico di legno ed è piena di targhette , una per ogni passo che ho fatto con mamma e papà". Poi mi elenca una serie incredibile di passi dolomitici: il Sella, il Pordoi, la Fedaia. Il Rolle, il Costalunga ecc. ecc.….
Osservo attentamente quel bambino mentre con quelle due braccia magre tiene la piccozza: sembra quasi affascinato da quell'attrezzo e lo guarda rapito. Gli faccio ancora qualche breve domanda ma non mi risponde quasi fosse ipnotizzato.
Dopo qualche attimo cerco di attirare la sua attenzione:
"Ti piace la mia piccozza?"
"Si" , mi risponde quasi intimidito e senza alzare lo sguardo .
Colto da uno slancio di generosità improvvisa e conscio del fatto che ormai avevo deciso di non farne più uso gli dico:
"Te la regalo, Maurizio… se vuoi è tua!"
" …davvero!!?" subito replica con voce emozionata e questa volta guardandomi negli occhi.
" Certo! E se vuoi ti insegno qualche trucco per usarla al meglio. Vieni… vieni qua che vediamo!"
E così ancora una volta mi trovo a fare da istruttore come tanti anni fa: che gioia e che emozione!
Spiegare le cose mi è sempre piaciuto , ma farlo con questo "allievo" molto speciale ha un gusto del tutto particolare. Per prima cosa inserisco la sua fragile manina nella dragonne e gli dico come impugnarla: essendo così corta ben si adatta alla sua statura bassa e quando gli dico di usarla in appoggio, come un bastone, subito il "giovane alpinista" si cimenta in una breve salita sui sassi della morena.
Ma la parte più bella deve ancora venire: poco distante c'è una chiazza di neve vecchia e indurita dai continui sbalzi di temperatura. Una volta avvicinatici a questa specie di piccolo iceberg dico al mio giovane allievo:
"Ora afferra la piccozza per il manico e prova a piantarla nella neve!"
Dopo un piccolo aiuto, necessario per fargli impugnare correttamente l'attrezzo, lo aiuto a fare il primo "lancio".
" Ora prova tu!"
Timidamente, senza dire nulla, prova il primo colpo e poi un secondo ma senza riuscire a piantarla : dopo un mio incoraggiamento riprova una terza volta e la vecchia becca arrugginita fa il suo dovere ed entra nella neve dura.
Lo vedo quasi pietrificato, stregato da quel gesto, incredulo sul suo operato. Dopo qualche secondo decide di riprovare senza che io gli dica nulla e cerca di sfilare la lama ruotando il manico. Ero conscio che la consistenza della neve e la forza di quel bambino non avrebbero sicuramente avuto alcun effetto dannoso sul mio vecchio attrezzo, ma ogni bravo ghiacciatore deve saper sia piantare che togliere la piccozza se vuole evitare di romperla: così gli spiego come estrarla in modo corretto e gli do il via per fare altre prove.
Maurizio è veramente entusiasta di questo nuovo gioco! Con molta attenzione e altrettanta decisione sferra numerosi colpi, alcuni a vuoto, ma altri decisamente efficaci, considerata la sua taglia!
Subito mi viene in mente la mia prima vera spiccozzata data proprio con questi attrezzi: avevo già ventinove anni ma credo di aver provato la stessa gioia ed emozione di questo bambino.
"Se ti piace così tanto e se ti allenerai un giorno potrai anche tu scalare quella montagna: non avere fretta però… guarda me! Lo vedi quanto vecchio sono diventato io prima di salirla! Nella vita devi sempre aspettare il momento giusto… prima o poi se le cose le vuoi veramente, riesci sempre a farle!".
Maurizio mi ascoltava con attenzione, quasi come un nipotino ascolta il proprio nonno…. del resto, visto gli anni di ciascuno di noi , poteva essere benissimo così!
"Fai pure le tue prove, ma fai attenzione a non farti male!! Io intanto metto un po' a posto tutta la mia roba e così scendiamo insieme".
Infatti non avrei mai voluto che una volta rientrato dai suoi genitori con quello strano dono, avesse potuto trovare difficoltà nel giustificarlo. E poi devo dire che ero molto fiero del mio gesto e desideravo che i genitori di quel ragazzino accettassero il mio regalo. Gli avrei spiegato tutto e avrei fatto anche la loro conoscenza!
In poco tempo avevo già sistemato tutto ed ero pronto a ripartire con il mio "allievo".
"Maurizio….andiamo!?"
"No la prego… ancora un po'!"
Lo guardo mentre prende a spiccozzate quel vecchio blocco di neve che evidentemente per lui è come una piccola montagna. Con i suoi vecchi scarponi di cuoio è già salito in cima più volte e poi dalla parte meno ripida si lascia scivolare in basso per poi ripartire nella salita.
"Va bene , Maurizio, io ti aspetto qui dal sassone : quando sei stanco torniamo da mamma e papà!".
Mi rimetto seduto, appoggiato al grande masso, e mentre sento Maurizio salire e scendere in continuazione dalla "sua montagna", penso alla felicità di questo bambino che forse un domani diventerà un alpinista… o forse no!
La mia piccozza, ancora una volta, come tanti anni fa, è passata nelle mani di un allievo al quale ho cercato di insegnare come usarla e rispettarla. Piccola cosa sicuramente rispetto al grande bagaglio che ogni alpinista deve avere per considerarsi tale. Forse un giorno Maurizio conoscerà qualcuno con il quale andrà ad arrampicare e forse verrà al CAI come giovane "aquilotto" per iniziare la sua avventura con la montagna.
Io come al solito spero di avergli dato il primo "input": mi viene in mente che un caro amico tanti anni fa mi ha detto: "Mauri sei come la carta moschicida: chi ti gira intorno prima o poi ti rimane attaccato!".
Il tiepido sole mi riscalda e una lieve brezza mi accarezza: socchiudo gli occhi un attimo ed ancora una volta la mia mente si vuota da tutti questi pensieri.

*******

"Accidenti che freddo!" mi sveglio e ormai il sole si è nascosto dietro le montagne e quindi la temperatura si è abbassata notevolmente. Guardo l'orologio e mi accorgo con stupore di essermi addormentato per un paio d'ore abbondanti. La giornata è sempre bellissima solo che si è fatto un po' tardi; rischio di non fare in tempo a scendere a fondo valle per la tanto sognata birra. Mi affretto a raccogliere tutto il materiale… ma che strano! Mi ricordo di averlo già fatto lo zaino, mentre aspettavo che Maurizio giocasse su quel mucchio di neve qui dietro. E poi la piccozza…. 
Ci sono ancora entrambe … ma una l'avevo regalata a quel bambino … per un attimo sono disorientato. 
Mi volto per osservare il mucchio di neve sul quale giocava il ragazzino e noto che è perfettamente integro come se nessuno l'avesse mai toccato. Ora mi spiego cosa è successo: mi ero sognato tutta la scena! Peccato era un incontro molto bello e quel ragazzino mi era proprio simpatico. Certo che strano il fatto che avesse il mio stesso nome e che provenisse dalla mia stessa città! E quella sua strana passione per la mia piccozza e il mio strano desiderio di regalargliela. Fatto strano: non mi separerei mai dalle mie piccozze! Però ora che ci penso meglio quel ragazzino mi ricorda qualcosa … e il fatto che fosse vestito in quel modo strano, quasi anacronistico. Mi ricordava qualcuno … ma devo affrettarmi a scendere: un'ora circa al bivacco e altre due, andando di buon passo, fino a fondo valle…. 
Eppure, quel ragazzino…. Che strani scherzi fa a volte la stanchezza!

M.ice

Agosto 2023