A Franz Dallago

di Alessandra Panvini Rosati


Tra le crode pallide e maestose delle Dolomiti, esisteva un personaggio tra i più forti del suo tempo, uno Scoiattolo, una Guida Alpina che aveva dedicato la sua vita a esplorare, tracciare, aprire percorsi e vie attraverso quelle montagne. Croda da Lago, Gusela, Tofana di Rozes… Sono decine le vie aperte da lui. Sempre attuali i suoi libri che descrivono itinerari anche solo escursionistici, sui luoghi della Grande Guerra.

Aveva affrontato le pareti rocciose con rispetto quasi mistico, come se ogni parete fosse un luogo di culto da violare con umiltà. Non era solo un esperto alpinista, ma un vero e proprio maestro dell'arte di arrampicare.
Ogni via che apriva era un dono ed un invito per gli altri a seguirlo, in quel dialogo silenzioso tra uomo e roccia.
Le sue vie sono patrimonio degli scalatori che ancora amano il “classico” e che ogni anno le ripetono. Io, sono una di loro. Era Franz Dallago. Fu tra i componenti della cordata degli Scoiattoli sulla “Via del centenario degli Alpini” nel 1972 alla Tofana di Rozes. E’ sua la prima invernale della parete nord del Sorapiss (via Müller).

Ricordo ancora la prima volta che decidemmo di salire una delle sue vie: Il Diedro Dallago al Cason di Formin.
Una salita classica, abbastanza lunga, ambiente unico e roccia ottima. Ricordo le mie mani fredde all’attacco, l'aria pungente del primo chiarore del mattino, l’ansia del dover affrontare il primo tiro e il timore dell’incognita.

“Il primo tiro, è sempre il primo tiro”…
Disse colui che avrebbe tirato la via.
E, tra l’altro, è dove si trova il passaggio più difficile di tutto il tracciato, se la memoria non mi inganna.
Il Diedro fu scelto dal libro del Bernardi, Bibbia assoluta per ogni arrampicatore dolomitico, anche se “della domenica” come me, compatibile con le mie capacità di allora.
Ero felice anche solo di essere lì e nemmeno ero partita, dovevo ancora calzare le scarpette! Avrei scalato una via del mitico Franz Dallago, aperta da lui e Costantini nel 1970.
Guardavo in alto, titubante e timorosa. Quel diedro era, e resta, inconfondibile. Il silenzio ci ruotava intorno, rotto solo dallo strofinio della corda che passava nel moschettone, dai comandi del primo di cordata e dal battito del mio cuore. Ogni mio movimento in salita era un pensiero rivolto a lui, in un modo o nell’altro! Lo ringraziavo per avere aperto un itinerario splendido, lasciandolo come un patrimonio universale montagnino: un regalo, una traccia, che avrebbe collegato per sempre tutti coloro che amavano la montagna e che da lì sarebbero passati.
Nondimeno, lo canzonavo simpaticamente, nei momenti in cui non mi riusciva così facile superare un passaggio: “Franz, ma non potevi startene a casa, al posto di venire qui a metter giù due chiodi e ad aprire ‘sta via? Che adesso mi tocca salirla e non capisco come cavolo hai fatto a passare da qui!?”.
So che qualcuno capirà, altri invece no. Certi personaggi entrano nel nostro immaginario come “amici” mai conosciuti; per lo meno entrano nel mio… e ciò mi basta.

Non ho avuto la fortuna di conoscerlo di persona.  Non so se fosse uomo di molte o poche parole, non posso nemmeno dire se mi sarebbe stato simpatico oppure no. Ma dai… se sei Franz Dallago mi sei simpatico a prescindere! Il suo sguardo, dalle fotografie che lo ritraggono, mi rivela un'interiorità profonda e pulita, fatta di rispetto e amore sconfinato per quelle cime che conosceva come le sue tasche. Altre vie da lui aperte mi videro protagonista, nei tanti anni di scalate, che, in effetti, iniziano ad essere tanti anche per me.
Gli anni sono passati per tutti, anche per quelle crode.

La Saetta del Sorapiss, ad esempio. Quel “repulsivo pinnacolo” (parole sue) che lui scalò nel 1969, con suo cugino Armando e Paolo Michielli Strobel, non esiste più. Crollata dopo il terremoto del 1976. 
Mi piacerebbe trovare il libretto che Franz scrisse raccontando la sua ossessione per quella “Folgore di Pietra”, ma le copie erano davvero poche e donate (sempre parole sue) “a coloro che condividono la convinzione che l’alpinismo non sia uno sport ma uno stile di vita”.

So che si ritirò dalle scalate. Mi piace pensarlo con gli occhi rivolti verso l’alto, con la mente lucida, piena di ricordi e di racconti che condivideva volentieri con chiunque avesse voluto  ascoltarlo.
È rimasto una Guida per molti, anche senza più legarsi alla corda, perché i suoi consigli e le sue parole continuano a ispirare. Soprattutto le sue vie: restano lì a ricordare quello che ha fatto. Quest’anno, come sempre, sono andata in Dolomiti per trascorrervi le vacanze e per arrampicare.
La notizia della sua scomparsa mi ha raggiunto proprio mentre scendevo da una via. Franz Dallago se n'è andato.
Banalmente, come il sole che ogni giorno tramonta dietro le cime, lasciando però un'ombra lunga e una luce che continua a risplendere. Ho subito pensato che fosse morto un amico e mi è salita dal cuore una profonda tristezza, sapendo che un’altra porta si è chiusa. Adesso riposa nel cimitero di Cortina, portato a spalla dagli Scoiattoli e dalle Guide, circondato dalle montagne che tanto amava. Sono andata a fargli doverosa visita trovando subito la sua tomba, non ancora definitiva.
Era un pomeriggio afoso, con nessuno attorno. Le  montagne attutivano il frastuono di ciò che diventa Cortina in periodo estivo. Di meglio non ho trovato se non far suonare tramite il cellulare  “Signore delle Cime”, presente nella mia playlist. Quello che gli ho detto resta nel mio cuore, tra me e lui.
Ogni volta che tornerò tra quelle cime continuerò ad immaginarmi il grande Franz che ci sussurra di continuare a scalare, come ha insegnato a tanti di noi. Senza di lui, senza le sue vie, il mio cammino sarebbe stato molto più povero.
Franz Dallago vive ancora, non solo nel ricordo di chi lo ha conosciuto davvero, ma in ogni scalata, in ogni roccia toccata, in ogni respiro fatto in cima a una montagna.  
Il suo spirito continua a guidare chi, come me, cerca nelle Dolomiti non solo una sfida, ma un rifugio per l'anima.

Alessandra Panvini Rosati
A Franz Dallago
Milano, settembre 2024
 


“È stato trovato a terra con il viso insanguinato da dei passanti: era ancora vivo. Hanno iniziato subito le manovre di rianimazione, chiamando prontamente il 118, ma non c’è stato nulla da fare.
Francesco Franz Dallago, classe 1942, Guida Alpina e componente storico degli Scoiattoli, è morto così ieri, dopo essere finito a terra, presumibilmente colpito da malore. L’uomo residente in Frazione Val Di Sotto al civico 27, dove abitava con la moglie Marina, è deceduto a pochi passi dalla sua abitazione."

Il Gazzettino 23 aprile 2024