Non ne possiamo più di queste “esperienze”
Ponti tibetani, skywalk, terrazze
panoramiche, zipline, passerelle a sbalzo,
aperitivi in ovovia, panchine giganti, turismo esperienziale e (tanto)
altro.
di Luca Trentini
“Give me new noise
Give me new affection
Strange new toys from another world"
(da What use? in Half Mute dei Tuxedomoon, 1980).
Da qualche tempo, la Montagna è invasa da queste “esperienze”: inizia la
fine della biodiversità umana?
L’unico ed esclusivo scopo di queste attrazioni o “valorizzazioni del
territorio” è commerciale, attirare turisti facendo lavorare un po’ di
bar e ristoranti, nemmeno tutti.
I costi di realizzazione, ingentissimi, sono a carico dell’Erario, in
tutto o in parte, analogamente le manutenzioni pure costosissime. Un
comune economicamente florido, di circa 5.000 abitanti, fa spendere, per
ora, alle casse pubbliche 2.500.000,00 per ponte tibetano, altro
floridissimo comune di circa 1.000 abitanti fa spendere a dette casse,
per ora, 7.000.000,00 di euro in lungolago di due chilometri
(ciclistico?) a sbalzo, e così via.
Questa premessa, ancorché abbastanza ovvia, è necessaria perché permette
di collocare queste attrazioni-valorizzazioni al loro giusto posto, al
di là delle entusiastiche dichiarazioni dei politici (valorizzazione del
territorio, beneficio per i residenti e per l’Umanità, ecc.) che devono
giustificare la ingente spesa di danaro pubblico.
L’attrattività di un ponte tibetano consisterebbe, secondo l’artefice
politico, in “… un’attrazione imperdibile per tutti coloro che amano
l’avventura e le esperienze adrenaliniche… un’esperienza all’insegna
dello stupore…“ (cit. Trentino.com) e quindi “offerte" – hotel,
ristoranti, ecc. – nelle vicinanze.
Ed ancora (cit. Il Trentino-quotidiano online della PAT) “… vista
mozzafiato e che si inserisce in un percorso che intende valorizzare la
zona montuosa anche grazie al vicino skywalk raggiungibile con la
funivia… si arricchisce l’offerta per turisti e per tutti i
cittadini… per garantire il futuro della Comunità e per dare a più
persone la possibilità di godere di questi luoghi meravigliosi…“.
In sintesi, si arriva in funivia da fondovalle, si va alla terrazza, con
fondo in vetro (skywalk), e poi al ponte tibetano anche con passeggini
(attenzione alle grate).
Il tutto in un’ora circa (chi vuole questo giretto lo può fare anche in
sette ore), poi a mangiare e a bere, prelibatezze locali, perché
l’esperienza è necessariamente anche eno-gastronomica.
Tutto commercio, insomma. Ma cosa si propone in realtà:
– un’esperienza totalmente artificiale, un artefatto. Tutte opere
artificiali, prive di una qualsiasi intrinseca naturalità. Si fornisce
un’esperienza già possibile senza tanti artifici: per la montagna la
vista mozzafiato c’è già, i sentieri pure, magari anche esposti e tutti
ne possono già godere, magari a costo zero;
– un’esperienza senza alcun rischio, a dispetto dell’adrenalina vantata;
almeno si spera, vista la recente skyline con morto;
– un’esperienza veloce, di un’oretta, e poco faticosa, anche per
passeggini, cani sconsigliabili, visto che hanno paura del vuoto;
– un’esperienza sostanzialmente eno-gastronomica, visto che è ciò che
invariabilmente accede alla proposta (sia nella sua pubblicità che negli
intenti di chi la promuove).
Sono, quindi, esperienze limitate, veloci, replicabili ovunque nel Mondo
(una moda che potrebbe magari esaurirsi con la fine legislatura del
politico proponente) e sostanzialmente a carico dei contribuenti tutti.
Ma direi che il danno non è solo per l’Erario, ma anche dal punto di
vista ambientale ed umano:
1) l’ambiente viene palesemente degradato, riempito di ferraglie e
cemento;
2) l’Umano, pure viene degradato. Queste attrazioni sono un’offerta
veloce, emozionale e narrativa, come quella di pianificata a tavolino da
fior di esperti, eliminando ogni variazione, rischio ed incertezza,
totalmente massificata e replicabile. In altre parole, si favorisce il
venir meno della “biodiversità umana”.
L’esperienza, in ogni caso, deve essere veloce, in un’ora si può
concludere. L’apoteosi del “turismo mordi e fuggi” che tutti deprecano,
ma che le categorie di governo (politici, baristi e ristoratori)
promuovono.
Si può concludere con quanto scritto da Lamberto Maffei, in Elogio della
lentezza, 2014 Bologna, “… che relazione esiste, si domanderà il lettore
tra pensiero rapido e lento e consumismo? Una relazione basilare!
Il consumismo è figlio del pensiero rapido perché anche il consumo deve
essere per cambiare desiderio altrettanto rapidamente e tornare a
comprare… bulimia dei consumi si è associata una grave anoressia delle
idee e purtroppo anche dei comportamenti una volta ritenuti civili
morali…”.
Sono concetti non certamente nuovi, ma che ritengo vadano ripresi, a
fronte della bulimia di iniziative adrenaliniche e veloci che viene
proposta, bulimia che potrebbe portare ad “… un cervello che tende a
usare funzioni più primitive che lo facilitano nella socialità nel mondo
globalizzato… nella necessità di avere risposte rapide…
nell’ottimizzazione del tempo perché questo è denaro business e così
via…“.
Non parliamo dell’enogastronomia, che nell’offerta di attrazioni tipo
ponti tibetani, ecc., sembra sempre imprescindibile, ma questo è un
capitolo a parte.