Ce lo dicono i ghiacciai

di Roberto Belletti


I recenti eventi di crolli dai ghiacciai, dalla tragedia della Marmolada alla impressionante valanga in Kirghizistan fino ai crolli in Adamello, hanno fatto segnare, in questa estate con permanenza a quote decisamente elevate dello zero termico, un picco d’interesse da parte dei principali mezzi d’informazione. E, di conseguenza, del pubblico.
Eventi certamente drammatici ed eclatanti. Tanto dirompenti e imprevedibili riguardo al momento del loro verificarsi, quanto attesi come consequenziali a fenomeni ben più lenti ma inesorabili innescati dal cambiamento climatico che, da tempo, sta esibendo il nostro pianeta.
Ce lo dicono i ghiacciai che qualcosa è cambiato.
E loro di clima se ne intendono, essendo molto meno inclini di noi a confonderlo con il tempo meteorologico.
Essi, con il loro ciclico accumulare e fondere, calcolano di fatto la media nel lungo periodo delle precipitazioni, del freddo e del caldo, degli inverni e delle estati.
Il risultato di questa operazione matematica naturale ce lo mostrano attraverso il loro stesso corpo.
Spessore, superficie, movimento della fronte (avanzamento o ritiro), colore. Sono tutte caratteristiche il cui andamento nel tempo è legato a quello del clima, nei confronti del quale i ghiacciai ricercano un equilibrio dinamico. A proposito di questo equilibrio, è particolarmente significativa la quota alla quale accumulo e fusione si bilanciano (denominata ELA: linea di equilibrio), nonché la sua variazione nel tempo.

La Sforzellina.
Il ghiacciaio della Sforzellina è situato in Val di Gavia sotto alla parete nord-ovest del Corno dei Tre Signori a una quota media di circa 2900m ed è uno dei ghiacciai più studiati e monitorati. E’ un piccolo ghiacciaio (sempre più piccolo ogni anno che passa, in verità) la cui fronte è facilmente avvicinabile percorrendo un sentiero naturalistico che parte dal rifugio Berni.
La variazione annuale di lunghezza (cambiamento della distanza fra la fronte e un punto di riferimento fisso) è misurata in maniera pressoché ininterrotta dal 1925, mentre le variazioni di spessore (evidenziate tramite aste graduate chiamate “paline ablatometriche”) sono osservate dal 1987.
Dall’inizio delle misurazioni al 2018 la fronte è arretrata di 550 metri e lo spessore è diminuito di 38 metri, con ritmi di decremento più marcati negli ultimi anni.
La superficie (valutata tramite foto aeree) si è ridotta da 0,54 km2 del 1954 a 0,22 km2 nel 2018.
Anche la ELA sta progressivamente aumentando, dai circa 3000m dei primi anni ’90 ai 3200m attuali.
Il ghiacciaio della Sforzellina sta inoltre diventando un ghiacciaio “nero” a causa dell’accumulo di detriti in superficie. La copertura detritica superficiale rappresenta inizialmente un fattore di accelerazione dello scioglimento, ma, via via che il deposito aumenta di spessore, assume una funzione protettiva rallentando la fusione. Nonostante ciò, si stima che questo ghiacciaio abbia ancora solo una ventina d’anni di vita (il tempo di un battito, dal punto di vista geologico).



Effetti termici.
Il Rio Dosegù si origina dallo scioglimento dell’omonimo ghiacciaio, che si trova a una quota intorno ai 3000 metri in prossimità di Passo Gavia. Fanno da cornice a questo ghiacciaio diverse cime ben note a chi pratica lo scialpinismo, come, ad esempio, Punta San Matteo, Cima Dosegù, Punta Pedranzini e il Pizzo Tresero: tutti punti di passaggio dell’itinerario noto come “Traversata delle 13 cime”.
Poco al di sotto del ghiacciaio, il torrente inizia il suo percorso verso il mare con una suggestiva e alta cascata ben visibile dal sentiero che porta al bivacco Battaglione Ortles e alla cima di Vallumbrina.
Queste foto della cascata sono state scattate a fine luglio del 2022 a distanza di sole quattro ore l’una dall’altra: rispettivamente alle 10 di mattina e alle 14 del pomeriggio.

L’effetto dell’incremento di temperatura, caratteristico di una soleggiata giornata estiva, sulla portata d’acqua e quindi sulla velocità di scioglimento del ghiacciaio, non necessita di commenti. Lo stesso sentiero che risale la valle seguendo il torrente fino ai pressi della cascata, era asciutto all’andata ma invaso dall’acqua al ritorno, costringendo a un percorso alternativo più alto.

Nessun crepaccio.
Il Pizzo Tresero è una bella cima che sfiora i 3600 metri e che domina dall’alto l’abitato di Santa Caterina Valfurva.
Alcune relazioni di salita per la via normale menzionano il breve attraversamento di un ghiacciaio (la Vedretta Pedranzini, quota 3500 metri circa), segnalato come privo di crepacci per cui parrebbe persino superfluo legarsi in cordata.
Tralasciando l’opportunità di legarsi in cordata a prescindere per attraversare un qualsiasi ghiacciaio, la situazione effettiva a fine luglio 2022 è quella mostrata nelle foto seguenti.



Attenzione quindi alle reali condizioni degli itinerari, che, data la situazione e l’evoluzione climatica, possono e potranno sempre più differire e anche di molto da quelle a cui le relazioni facevano riferimento.

Ma ancor più attenzione a quanto sta accadendo in generale al clima del nostro pianeta. Al di là degli eventi eclatanti e tragici che, come abbiamo visto per la Marmolada, polarizzano intensamente il pubblico per brevi periodi, è quanto sta accadendo nel lungo termine su cui dovremmo concentrarci. Ce lo dicono, e da tempo, i ghiacciai.

Roberto Belletti
Ce lo dicono i ghiacciai
Santa Caterina Valfurva, luglio 2022