Il bisonte bianco di Barry Bona

di Teddy Soppelsa



Figlio d’arte, scultore e alpinista, Barry Bona coniuga il talento artistico con la passione per la montagna nel rispetto per la madre terra (non meravigliatevi se incontrerete un bisonte bianco sotto il Cimon di Palantina).
Per le tribù dell’America del nord, il bisonte bianco era il simbolo del Grande Spirito, della divinità assoluta.
Ancora oggi per i discendenti di tali tribù, ogni visione, sogno o segnale riguardante il bisonte viene interpretato come un messaggio dei Sacri Spiriti a vivere in armonia con la madre terra e con l’universo intero.

Il bisonte bianco di Barry pascola mansueto sotto il Cimon di Palantina. E’ il custode delle pareti di ghiaccio e ci mette in guardia dai pericoli che si corrono se ci allontaniamo dall’amore di ciò che ci dà la vita e ci nutre.
Il Cimon di Palantina è una vetta del gruppo Col Nudo–Cavallo di poco superiore ai 2000 metri, propaggine occidentale delle Dolomiti Friulane e stupendo balcone panoramico sul bellunese, per la sua forma inconfondibile è chiamato il Cervino dell’Alpago.

In inverno è una montagna dai due volti: sullo scivolo regolare del versante sud-ovest si cimentano gli scialpinisti più esperti, mentre sulle gelide pareti di nord-ovest i moderni ghiacciatori trovano pane per i loro denti.
La prima via alpinistica fu aperta nel settembre 1925 dal ventiduenne Mario Vazzoler, tra i fondatori della sezione CAI Conegliano, insieme al trentacinquenne Alessio Alvazzi Del Frate, alpinista piemontese e tesserato presso il CAI di Aosta. Per rivedere altri alpinisti su quelle pareti bisognerà però attendere quasi cinquant’anni e saranno i fratelli Alvio e Ettore Bona a tracciare nuovi itinerari. Ci vuole però ancora un’altra generazione per immaginare come quei dirupi di roccia precaria mista a erba, possano con il gelo trasformarsi in un nuovo terreno di avventure.
E’ Barry Bona, il figlio di Alvio, ad avventurarsi in inverno in più riprese, sia con il padre, sia con la giovane guida alpina trentina Peter Moser. E così negli anni a cavallo del 2010 la famiglia Bona e amici tracciano diversi itinerari invernali che fanno la storia recente del Cimon.
Ma gli inverni non sono tutti uguali e chi vuole ripetere le vie di Barry deve avere pazienza, a volte tanta pazienza, e attendere l’incantesimo, la formula magica che ogni tanto scende dal cielo e trasforma la montagna in colatoi ghiacciati degni delle migliori goulottes delle Alpi occidentali. All’inizio di questo inverno molto nevoso e umido, pochi giorni prima di Natale, l’incantesimo si è materializzato ancora una volta. Il bisonte bianco di Barry è ritornato a pascolare, porta il messaggio dei Sacri Spiriti, era quello il momento buono per agire.

Andrea, Barry, Diego e Santi
La mattina del 20 dicembre, Andrea Capovilla e Barry Bona sono alla base della parete nord-ovest del Cimon di Palantina che hanno raggiunto con gli sci. Pochi giorni prima Barry, che sa tutto di quanto succede sul Cimon, dice che è il momento buono per ripetere Cugi's Corner, la via aperta da lui e Simone Favero nel 2011 e che a oggi sembra non aver ripetizioni.
«La parete è perfetta, smaltata di ghiaccio molto più dello scorso anno» scrive Andrea nella sua pagina facebook. «Entusiasmo a bomba, i tiri si susseguono molto continui e mai banali, uno più bello dell’altro, il penultimo tiro è veramente impegnativo, a tratti strapiombante su misto di roccia, loppe e ghiaccio molto fino, una goduria! Barry ne ha da vendere come sempre, così in poco più di tre ore siamo in cima con un sorriso enorme!».

Solo tre giorni dopo, il 23 dicembre, altri due alpinisti si presentano sotto la parete, sono il feltrino Diego Toigo e la guida alpina catalana Santi Padros (ormai zoldano d’adozione). Sono lì per ripetere Questo Gioco di Fantasmi, via aperta da Barry e Peter Moser nel gennaio del 2011. «E’ una linea bellissima su una parete poco blasonata ma dal grande fascino» scrive Diego sulla sua pagina facebook.
«Complimenti a Peter e Barry per aver aperto questa piccola perla, ieri sembrava di essere su una grande nord delle terre dell’ovest. Grande Santi a risolvere il secondo tiro molto delicato e difficile da proteggere».
E Santi nella sua pagina scrive: «Il destino ci porta a condividere queste magnifiche giornate con persone che passano il loro tempo con addosso zaini pesanti, con levatacce assurde, camminando al buio i posti sconosciuti, cercando il divertimento nella scalata su terreno misto e ghiacciato, alle volte tanto umido. Prima, durante e dopo regna un bel sorriso nelle nostre facce, c’è una magia molto particolare, ci siamo trovati tutti, dal Barry all’Andrea, al Claudio, al Stefano, Ed, Luca e Diego che mi regala sempre questi tironi infiniti di una bellezza indescrivibile e anche un po’ terrifici. Questo Gioco di Fantasmi è veramente una perla sconosciuta, complimenti agli apritori per la loro determinazione. Ole!».

Come otto anni fa
Penso all’incantesimo del Cimon di Palantina e al potere che ha sugli uomini, alla magia che trasforma la roccia in ghiaccio, capace anche di unire le persone alle montagne. Mi viene in mente l’intervista di Michela Canova che fece a Barry per altitudini.it quasi otto anni fa. Vado a rileggerla e trovo quanto mi basta per capire come sono maturate queste due ripetizioni. Credo che Barry sia anch’esso parte dell’incantesimo.
Mi chiedo: cosa avrà fatto Barry in questi otto anni? Come avrà trascorso le sue giornate in attesa del sortilegio? Lo vedo nel suo laboratorio mentre scolpisce, su legno e pietra, esili figure spogliate del superfluo, mentre osserva il Cimon e pensa all’alpinismo come a “una fantasia d’arte, un’autentica espressione estetica; bisogno di conoscenza che gli antichi bene rappresentarono nei miti di Icaro e Ulisse”.
Penso a Icaro, il personaggio della scoperta, della curiosità pura che si spinge oltre il consentito e poi all’intelligenza, all’arguzia e alla nostalgia di tornare alla terra natale del buon Odisseo.
Icaro, Odisseo e Barry forse sono la stessa cosa?

Ciao Barry, dalla tua intervista di otto anni fa, è cambiato qualcosa nella tua vita di alpinista e di uomo?
Da allora svolgo la mia attività alpinistica con molta meno frequenza, proprio sette anni fa sono diventato padre di una bellissima bambina (Ines) e oltretutto, nello stesso periodo, ho avviato la mia attività di scultore, come lavoratore autonomo. Quindi ho dovuto ridurre le uscite, al massimo una decina a stagione e nel raggio di una giornata, comunque con la rapidità che da sempre contraddistingue il mio alpinismo.
Non sono mai stato amante dei bivacchi in montagna o delle permanenze di più giorni in ambiente, a meno che non si tratti di una salita che valga veramente (come la trasferta per le grandi pareti nord delle Alpi).
Tuttavia ho ancora più entusiasmo ed energia di quanta ne avevo dieci anni fa, sono più consapevole di quello che posso fare, senza farmi influenzare da fattori esterni, coerente con la mia idea di alpinismo.
E’ sbocciata così la passione per le scalate in solitaria, con l’uso della corda, e da qualche anno è diventata la maniera migliore per conciliare l’arrampicata con gli impegni familiari e lavorativi.
Sono riuscito a salire vie del calibro della Benvegnù al Sasso di Càleda, oppure la Livanos all’Elefante in Civetta, rientrando a casa nel pomeriggio per lavorare. Con il laborioso sistema dell’autosicura, che prevede di salire ogni lunghezza di corda due volte per poter recuperare il materiale, ho acquisito ancora più rapidità ed efficienza anche quando mi lego in cordata con compagni altrettanto veloci, e il piacere dell’arrampicata assume per me sensazioni forti. Sono ancora fortemente innamorato dell’alpinismo praticato con una precisa etica, prediligo ancora itinerari classici con la ricerca dell’avventura.

E cosa è cambiato nel mondo dell’arrampicata sulle vie di misto, rispetto a quelle che hai aperto e altre che hai ripetuto?
Il mondo dell’arrampicata in montagna si sta orientando sempre di più sulla velocità di esecuzione, sull’uso di materiali ultraleggeri e di una tecnica raffinata. Per la scalata invernale queste sono delle prerogative importanti a cui non si può fare a meno. Si è visto negli ultimi anni salire le pareti nord sempre più rapidamente, anche in stagione fredda: la nord-est del Pizzo Badile è forse l’esempio più sbalorditivo, con le rivisitazioni invernali lungo linee di vie estive, che il gioco del ghiaccio sconvolge e dove il ghiaccio forma la linea bianca questa è ancor più evidente della via percorsa da Koller, chiamata proprio “Linea Bianca”, perché d’estate segue una vena di quarzo sul granito! E’ un gioco magico che permette ad alpinisti tra i più forti del mondo di salire la muraglia del Badile in stile impeccabile. E così si è visto in tutto l’arco alpino nascere nuove vie di ghiaccio, che nulla hanno a che fare con le cascate di ghiaccio, ma sono vere e proprie ricerche della perfezione della natura.
Pure in Dolomiti è accaduto l’incantesimo delle linee “fantasma”, basti pensare alla Bella e la Bestia sul Focobon, a Madre Tierra alla Rocchetta Alta, a Pelmoon sulla nord del Pelmo e le incredibili Legrima al Sassolungo e Argento Vivo sulla Piccola Civetta.

E invece in Alpago, a casa tua?
In Alpago le abbiamo viste dieci anni fa in tutta la loro bellezza e le abbiamo salite: Ritorno al Futuro, Cugi’s Corner, Zio Ragno e Questo Gioco di Fantasmi sulla nord del Cimon di Palantina.
Quest’ultima è un “gioco” bizzarro che la natura offre ogni dieci anni, appunto!
Quest’inverno sembra essersi formato il ghiaccio ancor più abbondante del 2011 e quando sono salito ad ammirare Santi Padros e Diego Toigo mentre ripercorrevano la via, ho provato una forte emozione e una voglia matta di tornarci pure io, cosa che non avrei mai detto, ricordandomi i rischi presi durante la salita da me e Peter.
Non ho resistito e pochi giorni fa sono ritornato a salire il flusso gelato di Questo Gioco di Fantasmi, insieme all’amico Stefano Teto “Cagia” e ci siamo divertiti entrambi. E’ stata un’emozione, se non simile, forse anche più forte di quella vissuta dieci anni fa. Credo che anche il fatto di stringere nuovi forti legami con ragazzi più giovani di me, che mi stimano e mi mantengono fresco di spirito, sia ciò che più mi migliora. Che esca ad arrampicare da solo oppure in buona compagnia, la mia regola è divertirmi facendo del buon alpinismo, in stile e rispettando la montagna per quella che è: un luogo meravigliosamente fragile ed esigente. Preparazione mentale e fisica permettono una pratica più sciolta e sicura, come il rispetto dell’etica stabilisce l’eleganza del proprio agire.

Il Cimon di Palantina, grazie al potere dei social e quindi agli appassionati che lo percorrono con piccozze e ramponi lungo le pareti nord, condividendo le loro esperienze, è diventato una meta apprezzata da scalatori provenienti anche da lontano, ed io, sentendomi un po’ il promotore, vedo che la montagna di casa è valorizzata.
Ma vedo anche un altro aspetto dei social che vorrei sottolineare. Se da un lato sono strumenti utili per divulgare notizie in tempi ridotti sulle condizioni delle strutture ghiacciate e sulla loro percorribilità, da un altro lato sono spesso utilizzati come palcoscenico per mettersi in mostra. La montagna per me, invece, rimane un luogo di splendore e disperazione, di emozioni da custodire con gelosia. Forse ho una visione un po’ elitaria, ma credo che in
questo mondo sia giusto che qualcosa rimanga legato al proprio intimo rapporto con la vita e la natura.

Teddy Soppelsa

Il bisonte bianco di Barry Bona
Cesiomaggiore (BL) 26 gennaio 2021