Il bisonte bianco di Barry Bona
di Teddy Soppelsa
In inverno è una montagna dai due volti: sullo
scivolo regolare del versante sud-ovest si cimentano
gli scialpinisti più esperti, mentre sulle gelide
pareti di nord-ovest i moderni ghiacciatori trovano
pane per i loro denti.
La prima via alpinistica fu aperta nel settembre
1925 dal ventiduenne Mario Vazzoler, tra i fondatori
della sezione CAI Conegliano, insieme al
trentacinquenne Alessio Alvazzi Del Frate, alpinista
piemontese e tesserato presso il CAI di Aosta. Per
rivedere altri alpinisti su quelle pareti bisognerà
però attendere quasi cinquant’anni e saranno i
fratelli Alvio e Ettore Bona a tracciare nuovi
itinerari. Ci vuole però ancora un’altra generazione
per immaginare come quei dirupi di roccia precaria
mista a erba, possano con il gelo trasformarsi in un
nuovo terreno di avventure.
E’ Barry Bona, il figlio di Alvio, ad avventurarsi
in inverno in più riprese, sia con il padre, sia con
la giovane guida alpina trentina Peter Moser. E così
negli anni a cavallo del 2010 la famiglia Bona e
amici tracciano diversi itinerari invernali che
fanno la storia recente del Cimon.
Ma gli inverni non sono tutti
uguali e chi vuole ripetere le vie di Barry deve
avere pazienza, a volte tanta pazienza, e attendere
l’incantesimo, la formula magica che ogni tanto
scende dal cielo e trasforma la montagna in colatoi
ghiacciati degni delle migliori goulottes delle Alpi
occidentali. All’inizio di questo inverno molto
nevoso e umido, pochi giorni prima di Natale,
l’incantesimo si è materializzato ancora una volta.
Il bisonte bianco di Barry è ritornato a pascolare,
porta il messaggio dei Sacri Spiriti, era quello il
momento buono per agire.
Andrea, Barry, Diego e
Santi
La mattina del 20
dicembre, Andrea Capovilla e Barry Bona sono alla
base della parete nord-ovest del Cimon di Palantina
che hanno raggiunto con gli sci. Pochi giorni prima
Barry, che sa tutto di quanto succede sul Cimon,
dice che è il momento buono per ripetere Cugi's
Corner, la via aperta da lui e Simone Favero
nel 2011 e che a oggi sembra non aver ripetizioni.
«La parete è perfetta, smaltata di ghiaccio molto
più dello scorso anno» scrive Andrea nella sua
pagina facebook. «Entusiasmo a bomba, i tiri si
susseguono molto continui e mai banali, uno più
bello dell’altro, il penultimo tiro è veramente
impegnativo, a tratti strapiombante su misto di
roccia, loppe e ghiaccio molto fino, una
goduria! Barry ne ha da vendere come sempre, così in
poco più di tre ore siamo in cima con un sorriso
enorme!».
Solo tre giorni dopo, il 23
dicembre, altri due alpinisti si presentano sotto la
parete, sono il feltrino Diego Toigo e la guida
alpina catalana Santi Padros (ormai zoldano
d’adozione). Sono lì per ripetere Questo Gioco
di Fantasmi, via aperta da Barry e Peter Moser
nel gennaio del 2011. «E’ una linea bellissima su
una parete poco blasonata ma dal grande fascino»
scrive Diego sulla sua pagina facebook.
«Complimenti
a Peter e Barry per aver aperto questa piccola
perla, ieri sembrava di essere su una grande nord
delle terre dell’ovest. Grande Santi a risolvere il
secondo tiro molto delicato e difficile da
proteggere».
E Santi nella sua pagina scrive: «Il
destino ci porta a condividere queste magnifiche
giornate con persone che passano il loro tempo con
addosso zaini pesanti, con levatacce assurde,
camminando al buio i posti sconosciuti, cercando il
divertimento nella scalata su terreno misto e
ghiacciato, alle volte tanto umido. Prima, durante e
dopo regna un bel sorriso nelle nostre facce, c’è
una magia molto particolare, ci siamo trovati tutti,
dal Barry all’Andrea, al Claudio, al Stefano, Ed,
Luca e Diego che mi regala sempre questi tironi
infiniti di una bellezza indescrivibile e anche un
po’ terrifici. Questo Gioco di Fantasmi è veramente
una perla sconosciuta, complimenti agli apritori per
la loro determinazione. Ole!».
Come otto anni fa
Penso all’incantesimo del Cimon di Palantina e al
potere che ha sugli uomini, alla magia che trasforma
la roccia in ghiaccio, capace anche di unire le
persone alle montagne. Mi viene in mente
l’intervista di Michela Canova che fece a Barry per
altitudini.it quasi otto anni fa. Vado a rileggerla
e trovo quanto
mi basta per capire come sono maturate queste due
ripetizioni. Credo che Barry sia anch’esso parte
dell’incantesimo.
Mi chiedo: cosa avrà fatto Barry
in questi otto anni? Come avrà trascorso le sue
giornate in attesa del sortilegio? Lo vedo nel suo
laboratorio mentre scolpisce, su legno e pietra,
esili figure spogliate del superfluo, mentre osserva
il Cimon e pensa all’alpinismo come a “una fantasia
d’arte, un’autentica espressione estetica; bisogno
di conoscenza che gli antichi bene rappresentarono
nei miti di Icaro e Ulisse”.
Penso a Icaro, il
personaggio della scoperta, della curiosità pura che
si spinge oltre il consentito e poi
all’intelligenza, all’arguzia e alla nostalgia di
tornare alla terra natale del buon Odisseo.
Icaro, Odisseo e Barry forse sono la stessa cosa?
Ciao Barry, dalla tua intervista di otto
anni fa, è cambiato qualcosa nella tua vita di
alpinista e di uomo?
Da allora svolgo la mia attività alpinistica con
molta meno frequenza, proprio sette anni fa sono
diventato padre di una bellissima bambina (Ines) e
oltretutto, nello stesso periodo, ho avviato la mia
attività di scultore, come lavoratore autonomo.
Quindi ho dovuto ridurre le uscite, al massimo una
decina a stagione e nel raggio di una giornata,
comunque con la rapidità che da sempre
contraddistingue il mio alpinismo.
Non sono mai
stato amante dei bivacchi in montagna o delle
permanenze di più giorni in ambiente, a meno che non
si tratti di una salita che valga veramente (come la
trasferta per le grandi pareti nord delle Alpi).
Tuttavia ho ancora più entusiasmo ed energia di
quanta ne avevo dieci anni fa, sono più consapevole
di quello che posso fare, senza farmi influenzare da
fattori esterni, coerente con la mia idea di
alpinismo.
E’ sbocciata così la passione per le
scalate in solitaria, con l’uso della corda, e da
qualche anno è diventata la maniera migliore per
conciliare l’arrampicata con gli impegni familiari e
lavorativi.
Sono riuscito a salire vie del calibro
della Benvegnù al Sasso di Càleda, oppure la Livanos
all’Elefante in Civetta, rientrando a casa nel
pomeriggio per lavorare. Con il laborioso sistema
dell’autosicura, che prevede di salire ogni
lunghezza di corda due volte per poter recuperare il
materiale, ho acquisito ancora più rapidità ed
efficienza anche quando mi lego in cordata con
compagni altrettanto veloci, e il piacere
dell’arrampicata assume per me sensazioni forti.
Sono ancora fortemente innamorato dell’alpinismo
praticato con una precisa etica, prediligo ancora
itinerari classici con la ricerca dell’avventura.
E cosa è cambiato nel mondo dell’arrampicata sulle
vie di misto, rispetto a quelle che hai aperto e
altre che hai ripetuto?
Il mondo dell’arrampicata in montagna si sta
orientando sempre di più sulla velocità di
esecuzione, sull’uso di materiali ultraleggeri e di
una tecnica raffinata. Per la scalata invernale
queste sono delle prerogative importanti a cui non
si può fare a meno. Si è visto negli ultimi anni
salire le pareti nord sempre più rapidamente, anche
in stagione fredda: la nord-est del Pizzo Badile è
forse l’esempio più sbalorditivo, con le
rivisitazioni invernali lungo linee di vie estive,
che il gioco del ghiaccio sconvolge e dove il
ghiaccio forma la linea bianca questa è ancor più
evidente della via percorsa da Koller, chiamata
proprio “Linea Bianca”, perché d’estate segue una
vena di quarzo sul granito! E’ un gioco magico che
permette ad alpinisti tra i più forti del mondo di
salire la muraglia del Badile in stile impeccabile.
E così si è visto in tutto l’arco alpino nascere
nuove vie di ghiaccio, che nulla hanno a che fare
con le cascate di ghiaccio, ma sono vere e proprie
ricerche della perfezione della natura.
Pure in
Dolomiti è accaduto l’incantesimo delle linee
“fantasma”, basti pensare alla Bella e la Bestia sul Focobon, a Madre Tierra alla Rocchetta Alta, a
Pelmoon sulla nord del Pelmo e le incredibili Legrima al Sassolungo e Argento Vivo sulla Piccola
Civetta.
E invece in Alpago, a casa tua?
In Alpago le abbiamo viste dieci anni fa in tutta la
loro bellezza e le abbiamo salite: Ritorno al
Futuro, Cugi’s Corner, Zio Ragno e Questo Gioco di
Fantasmi sulla nord del Cimon di Palantina.
Quest’ultima è un “gioco” bizzarro che la natura
offre ogni dieci anni, appunto!
Quest’inverno sembra
essersi formato il ghiaccio ancor più abbondante del
2011 e quando sono salito ad ammirare Santi Padros e
Diego Toigo mentre ripercorrevano la via, ho provato
una forte emozione e una voglia matta di tornarci
pure io, cosa che non avrei mai detto, ricordandomi
i rischi presi durante la salita da me e Peter.
Non ho resistito e pochi giorni fa sono ritornato a
salire il flusso gelato di Questo Gioco di Fantasmi,
insieme all’amico Stefano Teto “Cagia” e ci siamo
divertiti entrambi. E’ stata un’emozione, se non
simile, forse anche più forte di quella vissuta
dieci anni fa. Credo che anche il fatto di stringere
nuovi forti legami con ragazzi più giovani di me,
che mi stimano e mi mantengono fresco di spirito,
sia ciò che più mi migliora. Che esca ad arrampicare
da solo oppure in buona compagnia, la mia regola è
divertirmi facendo del buon alpinismo, in stile e
rispettando la montagna per quella che è: un luogo
meravigliosamente fragile ed esigente. Preparazione
mentale e fisica permettono una pratica più sciolta
e sicura, come il rispetto dell’etica stabilisce
l’eleganza del proprio agire.
Il Cimon di Palantina, grazie al potere dei social e
quindi agli appassionati che lo percorrono con
piccozze e ramponi lungo le pareti nord, condividendo
le loro esperienze, è diventato una meta apprezzata
da scalatori provenienti anche da lontano, ed io,
sentendomi un po’ il promotore, vedo che la montagna
di casa è valorizzata.
Ma vedo anche un altro
aspetto dei social che vorrei sottolineare. Se da un
lato sono strumenti utili per divulgare notizie in
tempi ridotti sulle condizioni delle strutture
ghiacciate e sulla loro percorribilità, da un altro
lato sono spesso utilizzati come palcoscenico per
mettersi in mostra. La montagna per me, invece,
rimane un luogo di splendore e disperazione, di
emozioni da custodire con gelosia. Forse ho una
visione un po’ elitaria, ma credo che in questo
mondo sia giusto che qualcosa rimanga legato al
proprio intimo rapporto con la vita e la natura.
Teddy Soppelsa
Il bisonte bianco di Barry Bona
Cesiomaggiore (BL) 26 gennaio 2021