Un compleanno indimenticabile nelle gole del Verdon

di Sergio Coltri


Un anno fa, compivo 64 anni, credo sia stato il più bel compleanno della mia vita o perlomeno quello che mi ha lasciato nel cuore delle emozioni forti, profonde e indimenticabili.
Mi trovavo in Verdon, luogo a me sacro, ero con la mia insostituibile compagna di vita Giuliana Steccanella e con il caro amico Fabio Bullio. Verdon, luogo magico che mi ha letteralmente stregato dal lontano 1983, luogo a cui ho fatto visita un’infinità di volte e che mi ha suscitato sempre grandi emozioni.

Negli anni '80 il Verdon era considerato il tempio dell’arrampicata libera, tutti i più forti climber di allora si sono cimentati sulle sue verticali pareti di spettacolare calcare e il suo “gaz” era l’elemento di fascino e di attrazione.
Come non citare Edlinger, Berhault, Pschit, Troussier, i fratelli Remy, Fawcett, Livesey, Moffat, Volpato, Gorgeon, Nosley, Guyomar, Bouscasse, Coquillat, Guillot, Gugliarelli, Suhubiette, Coqueugniot, Droyer, Heran e altri ancora che hanno creato la storia del Verdon.
Le loro vie hanno fatto un’epoca, alcune delle quali erano veri simboli, traguardi da sognare e spesso molte volte irraggiungibili per chi non aveva il coraggio di osare, di sfilare la corda della doppia per raggiungere “le jardin o le terrasse” di attacco, sapendo che poi l’unica uscita era verso l’alto e il più delle volte non c’erano alternative più facili da salire e i cellulari non esistevano.

Nomi come Castapiagne Rouge, Armoiraprods, Eperon Sublime, luna Bong, Triomphe d’Eros, Mangoustine Scatophage, Dingomaniaque, Chrysalis, La Fete des Nerfs, Pilier Gousseault, Fenrir, Surveiller et punir, Necronomicon, Mescalito, Caca Boudin, Pichenibule..... incutevano timore e grandissimo rispetto.
Tanti notti insonni ho passato pensando al progetto del giorno dopo, mani sudate dalla tensione in macchina ancora prima di arrivare ai belvedere per poi recarsi alle calate con il nodo alla gola, tante di queste le ho ripetute, alcune anche con la mia Giuliana, ma la più affascinante, famosa, mitica e più bella per me è stata Pichenibule. L’avevo ripetuta due volte, l’ultima nel 1988 ed è stata una delle poche vie che volevo ripetere ancora.
Al tempo, non era sicuramente la via più difficile del Verdon ma come per il Civetta, le vie simbolo erano la Solleder, il Philipp, per la Marmolada il Pesce, la Tempi Moderni, nelle Pale di San Martino la Supermatita, nelle Pale di San Lucano, il diedro Casarotto, cosi Pichenibule era un mito del Verdon, un simbolo, una via che la maggior parte degli arrampicatori erano “obbligati” a fare.

Cosi ho sempre desiderato ripeterla e in tutti gli anni che sono tornato il mio desiderio era sempre quello, di prenotare una giornata per lei, ma purtroppo per un motivo o per un’altro non ho mai trovato compagni disposti a seguirmi. Ogni anno che passava, specialmente negli ultimi, ho sentito che il mio cuore peggiorava e il mio fisico non riusciva più a reggere gli sforzi e la resistenza necessaria per fare certe vie e di conseguenza la psiche si adeguava all’inevitabile decadimento. L’elasticità dei movimenti era diventato un lontano ricordo e dunque vedevo sfumare inesorabilmente il mio desiderio, facevo sempre più fatica anche a ripetere vie che negli anni passati erano state delle passeggiate. L’anno scorso ho riproposto Pichenibule a Fabio, amico forte, sincero e umile con una passione grandissima per l’alpinismo, (pur essendo io poco convinto ormai delle mie possibilità) lui accettò con entusiasmo, con lui avevo già ripetuto vie anche di un certo impegno (Sette anni di solitudine sulla Giradili in Sardegna) e la sua forza e il suo coraggio mi hanno dato la sicurezza per ripeterla.

Da parte sua sapeva che ci tenevo particolarmente a ripetere questa via, ma non sapeva di certo cosa rappresentasse per me e dentro di me. Giuliana lo sapeva perché credo di averla portata all’esasperazione per quante volte ha sentito uscire dalla mia bocca la parola Pichenibule. Mi avrebbe anche accompagnato lei negli anni passati forse, ma essendo la via con parecchi traversi e lei patendo molto questi, ho preferito che una gioia non si trasformasse in un supplizio. Giuliana sapeva quanto ci tenessi, mi ha detto "vai che è giunta l’ora! Non aspettare più, forse non ci sarà più tempo, non ne avrai più le capacità, io vi faccio le foto dal bordo!"

Fabio non ha fatto una piega e seppur io avessi un po di agitazione all’inizio, poi, pur con tanta fatica, tutta la salita è stata una gioia immensa. Facendola in alternata, l’ultimo tiro è toccato a me e quando sono arrivato alla sosta sul bordo c’era Giuliana ad aspettarmi, io sono scoppiato a piangere come un bambino, un pianto che non voleva finire, continuato poi quando è arrivato Fabio ringraziandolo per il grandissimo regalo che mi aveva e che mi avevano fatto, un regalo che porto nel cuore.

Alla sera avevo prenotato la cena per il mio compleanno al “Chalet de la Maline” e a fine cena, a nostra insaputa, il gestore ha spento per un attimo le luci e ci ha portato un dolce al lume di candela intonando“happy birthday to you” con applauso finale degli altri ospiti! L’emozione è stata forte, ero quasi incredulo.
Non potevo certamente credere e chiedere di ottenere di più da quel giorno, un giorno indimenticabile.
Pichenibule non la ripeterò più, anche se ne avessi ancora la possibilità, voglio che mi rimanga il ricordo di quel fantastico giorno cosi come l’ho vissuto e se ritornerò in Verdon mi recherò all’uscita di Pichenibule, mi siederò sul bordo quale minuto, chiuderò gli occhi e ripercorrerò i miei ricordi, i ricordi che questa via mi ha lasciato e le gioie che questo Canyon mi ha donato in trentasette anni di frequentazione!
Un grazie a Giuliana e un grazie a Fabio senza i quali tutto questo non si sarebbe potuto realizzare.

Sergio Coltri
Un compleanno indimenticabile nelle gole del Verdon
Spiazzi, 14 maggio 2020
 


Precisazione della redazione di intraigiarùn.
Se avete letto fin qui avete potuto constatare come questo non fosse un racconto di scalata.
Non si fa nessun accenno a difficoltà, gradi e impegno tecnico. E' piuttosto un intenso ricordo intriso di passione, di emozioni, di sentimento che abbiamo letto sulla pagina Facebook di Sergio Coltri che ci è piaciuto condividere.
Non ce ne voglia Sergio Coltri se abbiamo scelto di riprendere la scheda tecnica da PlanetMountain.com, è solo per completezza d'informazione e far conoscere anche a lettori non alpinisti il contesto nel quale si è svolta la storia.   

Pichenibule  (tratto da PlanetMountain.com)
Primi salitori: A. Bultel, J. Ginat, P. Grenier, S. Troussier, Jacques Perrier, J.P. Moron, P. Martinez 1977.
Prima ascensione in arrampicata libera: Patrick Berhault, 1980
Scheda via a cura di: Marco Bernini
Area: Alpi e Prealpi di Provenza. Gruppo: Verdon. Cima: Gorges du Verdon Quota: 1000 metri
Stato: Francia. Regione: Haute-Provence

Un'autentica via classica, un viaggio nella storia dell'arrampicata, un capolavoro aperto da Jacques "Pschitt" Perrier nel settore Escales. La via sale in diagonale verso destra e finisce sulle ultra lisce ed esposte placche accanto al Belvedere de la Carelle, attraverso la celebre Bombé strapiombo che è stato finalmente liberato da niente meno che Patrick Berhault nel 1980. All'epoca Pichenibule era una delle vie in libera più difficili in assoluto e nel corso degli anni non ha perso niente della sua reputazione. Il passaggio chiave di 7b+ può essere facilmente superato in artificiale (A0), portando la via ad un più moderato 6c+

ACCESSO
Calate:
A) Dal Belvédère de la Carelle raggiungere le calate del settore Dalles Grises, scendere al Jardin des Ecureuils, reperire un’evidente traccia in discesa in mezzo agli alberi sino ad una catena, con altre 3 doppie si è alla base della parete, alla partenza del “Pilier des Ecureuils”. Scendere un po’ e seguire verso sinistra la parete per circa 200m aggirando un risalto sul quale poi si sale, cengia di partenza. L’attacco è in una conca su un pilastro all’estrema destra della cengia.

B) Calarsi per le doppie di Ticket Danger sino alla grande cengia, traversare per traccia a DX, faccia alla parete, sino a reperire sul bordo della cengia un’ultima calata (50m) che porta a terra. Seguire al meglio la parete, tracce, verso Dx superando una grottone, poi tutto come sopra.

ITINERARIO
L1: roccia non perfetta ma ripulita dalle ripetizioni, 5c sosta a destra in un grottino.
L2: traverso a Dx e pilastrino, attenzione al tiraggio delle corde, 6a.
L3: seguire la bella fessura/diedro, 6a.
L4: come sopra ma più facile, 5c, e si arriva al Jardin des Ecureuils.
L5: si sale il primo tiro di “Afin que nul ne meure”, all’estrema Sx del Jardin, traversino e fessura, 5c patinato, arrivati alla sosta la si salta e si traversa pochi metri a Sx, sotto l’alberello, sino ad una sosta su due ancoraggi.
L6: salire pochi metri e traversare a Sx, girare lo spigolo continuare in traverso su facile placca a gocce sino ad entrare in un diedro/canale, spit all’imbocco del diedro/canale, salirlo pochi metri, sosta su pulpito 2 m a Sx, 5c.
L7: seguire gli spit color acciaio sopra la sosta, traversare ascendendo a SX tralasciando quelli che salgono diritti color bronzo (Agorgeamoclès, 6c). Bella arrampicata, su buchi, un po’ da intuire, 6a+.
L8: spostarsi a Sx pochi metri, ancora diritti poi traversare a Sx ad un diedro, salirlo e superare un tettino, 6b.
Utile eventualmente un nut piccolo nel diedro.
L9: seguire gli spits di sinistra (quelli sulla verticale sono de “Lex Rideaux de Gwendal, 6c+), si traversa (ancora?!) sotto un bombè, poi per lame e cannalure si arriva al terrazzino di sosta, tiro duro e continuo in libera 6c+ e 6b+ obbl. salvo l’uso di qualche micro-nuts e frendini, un paio di Cliff in caso che ... non disperate qui sono facili da usare, lo spit non è lontano e si è nel vuoto più assoluto. In questo caso l’obbl. non supera il 6a/b & A1, utili le staffe. Servono 13/14 rinvii.
L10: 3 m a Sx, poi diritti in un diedrino ed ancora in traverso su lama e gocce, utile un friend medio, 6a+. sosta nel vuoto. Tiro corto possibile concatenarlo con il seguente, allungando i rinvii.
L11: si è ora sotto il famoso Bombè di Pichenibule, 7b+ ma facilmente superabile in A0, uscita un po’ ostica e sosta sospesa nel vuoto più assoluto, con tutto il Verdon sotto il sedere.
L12: salire sulla verticale, primo spit un po’ alto ma i buchi sono tanti e grossi, un passo difficile poi tutto cannalure e muro a buchi, spits distanziati, 50 m, 5c/6a. (questo tiro è stato richiodato recentemente).