Preghiera di Natale

di Luigi Negri


Nei primi giorni del mese di novembre, in una domenica soleggiata e mite, mio figlio mi ha accompagnato in un viaggio che si è rivelato al contempo un viaggio nello spazio e nel tempo.
Ci siamo recati in quel piccolo borgo di case che si trova sulla strada che, dalla statale delle Dolomiti, sale fino all’interno del massiccio del Rosengarten fiancheggiando i Dirupi di Larsec.
Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che mi ero presentato da quelle parti dove ho trascorso gran parte della mia infanzia e della mia adolescenza. Qualcosa era ovviamente cambiato ma gli odori, le immagini e le sensazioni che riaffioravano emergendo dall’oblio erano rimaste pressoché le stesse di sempre.
Ci siamo portati fino al rifugio Gardeccia per poi salire fino al rifugio Vajolet dove abbiamo trovato le prime tracce di neve.
Tutto era silenzio e calma.
Oltre il nostro respiro udivamo di tanto in tanto la voce del vento scivolare tra le rocce.
Mio figlio, volendo proseguire fino al rifugio Re Alberto, dopo i miei primi dinieghi mi ha convinto a seguirlo.
Ma a convincermi era stata soprattutto l’idea di trovarmi ancora una volta al cospetto delle Torri del Vajolet.
E’ stato come ritrovare vecchi amici che non vedevo da tempo.
Mentre lui proseguiva verso il Santner e io ne seguivo la figura allontanarsi, mi sono seduto su di una roccia nei pressi del rifugio. Non c’era anima viva.
In quel silenzio sacro, finalmente spoglio della brulicante miriade di turisti dei mesi caldi, di fronte a quella trinità di roccia martoriata di chiodi mi sono commosso e ho pregato.

E ho pregato così:

Dallo sfruttamento della montagna, ridotta a luogo di svago;
da chi vola ai Campi Base in elicottero e da chi vorrebbe arrivare ai rifugi in automobile;
dal cinismo di chi rende possibile questo e dalle voglie di chi lo desidera;
dalle corse agli ottomila e dai corsi di arrampicata di tre giorni “full-immertion”;
da “spit” e da trapani e catene;
da chi insegna i modi di scalare una montagna senza insegnare il modo di stare in montagna;
dagli “sponsor, dai “business”, dai “trend”, dai pacchetti “week-end”;
dai disboscamenti per le gare e da un mondo fatto di gare;
dalle piste illuminate di notte, dai Parchi Divertimenti nelle selve;
dai rifugi sulle cime, dalle loro verande panoramiche e dai loro cocktail di scampi;
dalla tecnologia, nuova sacra scrittura e dai suoi crociati invasati;
dalla presunzione di chi pensa che il denaro muova tutto;
dall’arroganza dell’alpinismo fatto con i soldi;
da chi rifiuta di vivere in armonico equilibrio con l’ambiente ma lo sfrutta per suo tornaconto;
da chi pensa che gli animali che popolano i boschi non debbano avere voce in capitolo;
da chi considera la montagna niente di più di un paesaggio e non un modo di vivere;
da chi ignora che la montagna insegna un altro modo di vivere rispetto a quello delle nostre città;
da chi non capisce che un altro modo di vivere è anche un altro modo di stare al mondo;
dall’omologazione che ci rende solo dei “consumatori” di qualsiasi cosa;
da tutto ciò che uccide le diversità invece di proteggerle;
da quel pachiderma cieco capace solo di volere ma non di intendere che ha nome Ignoranza,
da tutto questo, liberaci o Signore.
E così sia.

Luigi Negri
Preghiera di Natale
Milano, dicembre 2016


La stupenda immagine che rende bene la magia delle Torri del Vajolet è del fotografo Marco Milani (tratta dalla rete).