Nella forra del lupo

di Marco Pedretti


Era da qualche giorno che pensavo di andare a vedere un bosco tinto dai colori dell’autunno.
Non avevo una meta precisa, dal Cansiglio agli Altipiani Trentini c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Però, come spesso accade, la casualità aiuta le scelte.

Infatti, sabato 31 ottobre per la rubrica “il Settimanale” su RAI 3 poco prima del TG delle tredici, avevo visto un servizio sul recupero di una trincea della Grande Guerra, “La Forra del Lupo”, tra Serrada e Terragnolo nei pressi di Folgaria.
Ho pensato che quella poteva essere una buona meta, così domenica 1 novembre, senza pensarci su due volte, sono partito verso quella direzione, che tra l’altro è ricca di boschi e con ampi panorami.
La nuova autostrada A31, da Canda fino a Piovene Rocchette, accorcia i tempi e i chilometri per andare verso l’alto vicentino e partendo con calma verso le otto, poco dopo le dieci ero a Serrada.
La giornata era fantastica, non c’era una nuvola a vista d’occhio.
L’alta pressione da Roma a Kiev garantiva la stabilità e un clima mite per diversi giorni.

Trovare la partenza del sentiero è stato facile, tutta la zona è ricca d’indicazioni, anche se questo sentiero, che è l’ultimo nato, non è ancora inserito nelle mappe.
Il sentiero “trincea” si sviluppa sul bordo della falesia che si affaccia e corre parallela alla valle del torrente Terragnolo in direzione del forte Dosso delle Somme.
Di fronte, dall’altra parte della valle, c’è il Pasubio e verso ovest si apre la piana tra Mori e Rovereto con dietro il monte Baldo e le Prealpi bresciane.

Hanno fatto un ottimo lavoro i volontari che hanno restaurato la trincea, l’hanno ripulita da tutte le sterpaglie che erano cresciute, riportando alla luce i gradoni intagliati nella roccia del vecchio camminamento, comprese le postazioni di tiro, i punti di osservazione e i ricoveri in grotta.

Ma hanno fatto anche un’accurata ricostruzione filologica, inserendo lungo il tragitto delle fotografie (prese dall’archivio storico della guerra di Vienna) che, montate su piccoli pannelli, riprendono in vari punti del percorso lo stesso punto di ripresa fotografica, cosicché si può anche vedere come si è modificata la natura negli ultimi cento anni. Per fortuna ora il bosco è ricresciuto e, come mi aspettavo, in questa stagione è ricco di mille sfumature, colori e profumi. Dalle foto d’epoca invece si vede che (per ovvi motivi militari) il bosco era stato tutto tagliato e cosparso di reticolati e cavalli di Frisia.
Seguendo il sentiero e affacciandomi ogni tanto verso valle, sentivo il calore delle termiche che salivano dalla falesia sottostante esposta a sud.
Era quasi un caldo estivo se non fosse stato che l’aria calda portava con sé anche i profumi autunnali del sottobosco fatto di foglie secche, funghi e terra umida.
A un certo punto il sentiero trincea si affaccia su una voragine “la Forra del Lupo” appunto che, attrezzata con gradoni di legno, scende qualche decina di metri dentro la montagna.
Qui alcuni ricoveri scavati nella roccia con feritoie aperte verso valle davano riparo ai militari di guardia.
Il posto è affascinante e mi ha ricordato i Castelloni di San Marco sull’altipiano di Asiago o la Trincea di Malga Pidocchio in Lessinia. Uscito dalla Forra, il sentiero trincea prosegue ancora per un po’ intagliato nella roccia poi si interrompe in una ampio slargo dominato dalle ex caserme che erano servite per il personale addetto alla costruzione del forte Dosso delle Somme. Prima di abbandonare il sentiero trincea avevo notato alcune trappole poste sugli alberi e, camuffato da frasche, un “roccolo” in buone condizioni con tanto di comignolo per una stufetta. Una postazione di caccia tipica della zona prealpina che posizionata in questo punto vicino alle trincee fa riflettere come, sia la guerra che la caccia usino le stesse strategie per colpire il “nemico”.
Ero soddisfatto dopo circa un paio d’ore di facile passeggiata, meritavo una pausa con spuntino, così mi sono piazzato al sole nel prato davanti alle ex caserme, assaporando nel silenzio il piacere di quel luogo.
Dopo il frugale pasto mi sono incamminato giù per l’ex-strada militare che un tempo collegava il paese al forte.
Si era alzata una leggera brezza calda che staccava gli aghi di larice ormai maturi e li faceva piovere come pagliuzze d’oro sulla strada. Più in basso la strada invece era ricoperta dalle foglie rugginose dei faggi e il bosco misto era più spoglio e luminoso.
Il giro era stato più breve del previsto e, anche se avevo ancora un’oretta per tornare a Serrada, pensavo a come concludere in bellezza la giornata. Ero indeciso se fare una ricognizione sul monte Finonchio oppure tornare a passo Coe e visitare l’Ex-Base Tuono della Nato.

Giunto a Serrada per un sentiero più lungo del previsto, ma che ha permesso di affacciarmi al panorama verso nord-ovest con vista dell’Adamello, del gruppo del Brenta e delle vette tra il Bondone e il Dosso d’Abramo, ho preso la decisione: il Monte Finonchio lo farò con la prima neve in Dicembre o tra Natale e la Befana.
Prima di raggiungere l’auto ho attraversato il paese di Serrada e ho notato con piacere che molte case erano dipinte con murales o esponevano enormi riproduzioni dei quadri del periodo Futurista.
Del resto non c’è da meravigliarsi uno dei massimi esponenti di quell’arte è stato Depero di Rovereto, a soli venti chilometri da qui.

Ripresa l’auto mi sono avviato verso Tonezza dove subito dopo il Passo Coe c’è la Base Tuono.
In questi ultimi anni ero passato diverse volte da Passo Coe e mi aveva incuriosito sia l’indicazione Base Tuono che i tre missili dritti sulle loro rampe di lancio al limitare del bosco, ma non avevo mai avuto il tempo per fermarmi.
Dopo aver parcheggiato nei pressi del laghetto mi sono avvicinato alla Base e sono arrivato in tempo per seguire una visita guidata all’interno. E’ stato un giro interessante e scoprire che cosa abbiamo rischiato negli anni della Guerra Fredda e che cosa nascondevano, e spero non nascondano più, le nostre belle dolomiti lascia tuttora interdetti. Merita comunque una visita l’Ex Base Nato, fantasma di una guerra moderna mai combattuta apertamente, e che abbinata al giro alla Forra del Lupo che la guerra invece l’ha vista sul serio, ci aiuta a comprendere come tante cose sono cambiate negli ultimi cento anni, mentre le montagne sono rimaste lì, quasi intatte, e continuano a ospitarci silenziose.

Marco Pedretti
Serrada / Folgaria, 1 novembre 2015