Mai Più
di Luigi Negri
Nel cielo, un orologio illuminato
proclamava che il tempo non era giusto né errato...
R. Frost
Dormivo sulla cima gelata ed era bello il mio corpo usurato dagli anni.
Davanti a me un mondo infinito, come un labirinto errante, senza
barriere.
Accanto a me un enorme foglio bianco.
E cominciai a disegnare.
Disegnai la forma della nube sui pendii erbosi; ogni granello di sabbia
dei ghiaioni; il fuoco di un falò.
Disegnai la luna osservata dagli astronomi Caldei giocare a nascondino
dietro le alte cime.
Disegnai l'occhio decifrare le tenebre e la freschezza dell'acqua nella
gola.
Disegnai le magie della paura e l'eco delle campane nella valle.
Disegnai le sabbie mutevoli dei torrenti e la voce del cuculo nel bosco.
Disegnai le linee dei fronti fatte dell'incalcolabile polvere che fu
eserciti e disegnai ogni arabesco delle pareti dei monti, come
scrupolose linee di un calligrafo.
Disegnai lo spartito del canto dell'usignolo e le note di un pianoforte
nel temporale.
Disegnai ogni rimorso e ogni lacrima, tramonti e albe.
Disegnai le ombre delle croci sulle vette e quando i lilla fiorirono per
l'ultima volta davanti alla sua porta.
E poi dirupi, bivacchi, fiori e villaggi.
E così via.
Occorsero tutte quelle cose affinché potessi trovarmi lì.
E mi accorsi che, come nel tempo ciclico degli stoici, ero tornato
all'inizio del mio disegno.
Mi allontanai dal foglio e vidi che quello che avevo disegnato era
l'immagine del mio volto.
Che disse: Guardami, il mio nome è Mai Più.
Mi chiamo anche Potrebbe Essere Stato, Troppo Tardi, Addio...
E fu neve, che mi accompagnò lieve, nei ghiacciai della dimenticanza.
E poi il buio.
Ricordo, vaghe, le piastrelle del rivestimento che luccicavano come
lacrime indimenticabili.
Capii che avrei avuto ancora qualche salita da percorrere, prima di
dormire.
Avevo sognato di morire mentre il bisturi affondava nella mia carne.
Luigi Negri
Milano, giugno 2013