L’excentric

di Cristiano Pastorello

 

Anni fa, sul traverso della via Dibona alla Tofana di Rozes, dopo aver percorso Ey de Net, trovai dentro ad una nicchia un libro in lingua tedesca. Purtroppo con me non portavo nulla di “letterario” per effettuare il “book crossing” e quindi a malincuore lo lasciai li.

Andando per crode, tuttavia, lo scambio di oggetti spesso involontario è all’ordine del giorno. Il moschettone per una calata fuori programma, il friend incastrato, il cordino caduto… qualcosa trovi e qualcosa lasci, è un continuo passaggio di materiale usato per il medesimo scopo da mani e cuori diversi.

Tra i vari oggetti trovati in giro ce n’era uno a me particolarmente caro.
Era un excentric di chiara natura anni ’70, con un cordone rosso e blu dai colori sbiaditi, avvolto in un nastro anch’esso rosso e blu. Non ricordo dove l’avessi trovato, tuttavia entrò a far parte della mia NDA (normale dotazione alpinistica).
Nelle fessure si incastrava sempre a dovere, eseguendo alla perfezione il lavoro per il quale era stato creato e su una via nuova, a Punta Cusidore in Sardegna, mi risolse in modo fantasioso il passaggio chiave.
Poi quella forma così retrò mi dava il piacere di assaporare un po’ lo spirito dei ruggenti anni ’70.

Qualche mese fa un amico del CAI di Mirano (VE), mi invitò a mostrare qualche foto e alla fine della serata mi venne regalato il libro “Ampio respiro”, scritto autobiografico dell’alpinista trentino Marco Furlani.
Marco non lo conoscevo di persona, ma dopo aver ripetuto buona parte delle vie recensite nella sua guida “Arrampicate nelle dolomiti”, ero proprio curioso di leggere della vita di questo eccentrico e poliedrico personaggio. Complici i viaggi in treno per raggiungere il nuovo lavoro a Trento, ho iniziato a sfogliare il libro trovandolo subito semplice e piacevole, senza velleità letterarie, con l’unico scopo di trasmettere ricordi ed emozioni… finché a pagina 140 lo vidi.

Era appeso in sosta durante la ripetizione invernale della Hasse – Shrott alla fiamma, alla Torre Innerkoffler al Sassolungo. Uguale, stesso colore, stesso nastro, stessa forma, era il “fratello maggiore” dell’excentric che avevo a casa. Guardai e riguardai la foto più volte, non vi era dubbio, appartenevano alla stessa serie.
Le possibilità erano due: o uscivano già dal negozio con cordone e nastro e quindi potevano essere state vendute più serie uguali, oppure erano stati preparati in maniera singola e specifica.
Interpellai alcuni amici un po’ più vecchi di me e mi confermarono che un tempo si comprava la serie senza cordino; più ci pensavo e più mi convincevo che i due excentric appartenevano alla stessa persona.

Avevo da poco conosciuto Mauro Loss, immaginavo che lui avesse i contatti di Marco, appartenendo allo stesso ambiente alpinistico trentino e, infatti, me li fornì subito.
Dopo qualche giorno arriva risposta alla mia mail: ”…si è mio, chiamami che ci incontriamo”.

Passa qualche settimana, gli impegni son sempre tanti e non riesco mai a combinare la cosa, finché un piovoso sabato mattina carico Laura e le bimbe in macchina e parto alla volta della Val del Sarca.
Chiamo Marco e ci accordiamo per il primo pomeriggio.

Mi fermo vicino alla chiesa di Pietramurata e mentre sto indicando a Gaia alcune vie sull’incombente parete del Casale, vedo arrivare una singolare figura che mi ispira subito simpatia.
Mia figlia gli porge l’excentric, lui lo guarda e lo riconosce subito “…si si, è mio” mi dice stringendomi vigorosamente la mano.
Entriamo in casa sua tra foto di alpinismo storico e cimeli vari appesi ai muri. La moglie Laura (guarda caso si chiama come la mia) ci accoglie calorosamente mentre Gaia ed Emma stringono subito amicizia con la piccola Lucia.
Finché chiacchieriamo davanti ad un bicchiere di vino, Marco appoggia in una vetrina l’excentric proprio vicino allo scarpone di Maestri di quando aprì la via del Compressore al Torre e per l’ennesima volta mi sono sorpreso a pensare come la vita tra gli alpinisti sia intrecciata da fili sottili ma estremamente saldi.

Ora l’excentric ha terminato la sua carriera, riposa assieme ad altri pezzi di storia alpinistica; devo essere sincero, un po’ mi mancherà, avevo fatto l’abitudine a vederlo appeso all’imbrago, però so anche che grazie a lui ho avuto modo di conoscere gente nuova, gente speciale, un bell’insegnamento per le nostre figlie.

Cristiano Pastorello
Caprino Veronese, 14 aprile 2012