Pau, Vol e Io
di Monica Comani
Ormai era stabilito: partivamo alle prime luci dell’alba, quando il sole
non era ancora salito nel cielo a rischiarare la città e tutti noi.
Pau non era ancora totalmente convinta di partire, aveva trovato mille
scuse poco credibili: “Non ce la facciamo nei tempi. Abbiamo un
impegno a cena domani sera… Come facciamo se troviamo traffico?”
La verità era un’altra: non voleva venire data la sua innata pigrizia
unita al suo inseparabile timore di ogni cosa.
Al contrario Vol ormai faceva il conto alla rovescia dei minuti: “Dai,
che bello, domani andremo al Rocchino ad arrampicare con il Maestro”.
In realtà non dovevamo arrampicare, il Maestro ci doveva solo insegnare
qualche movimento sulla roccia, ma Vol è così: a volte esagera.
Se fosse stato per lei, saremmo partite anche di notte per non perdere
neanche un secondo di “Arrampicata in Montagna”, come lei la chiama.
Riuscire a farla ragionare era stata un’impresa tutto sommato facile.
Era bastato dire: “Con il buio cosa vuoi fare? E poi il Maestro? Non
possiamo convincerlo a essere lì a orari improbabili solo perché abbiamo
voglia di arrampicare!!”
E così si era convinta, mentre con Pau il lavoro di persuasione era più
difficile e molto psicologico, se così vogliamo dire.
Bisognava giocare con il suo amor proprio e con la voglia di non
sentirsi perdente nei confronti di Vol.
“Se non andiamo… - le dissi giorni prima, cercando con il tono
della voce di essere più rassicurante possibile -
… lo sai Vol cosa ti
dice se non vieni. E poi rimarrai sempre dietro a lei, come una perdente…”.
E alla fine cedette, suo malgrado, e, come succedeva spesso quando
decidevamo di andare in montagna, io mediavo fra di loro e quasi sempre
partivamo.
Per la notte vennero da me.
Lo spazio a disposizione sarebbe stato sufficiente se Pau non si fosse
portata dietro quasi l’intera casa “… perché non si sa mai…”.
Come al solito riuscii a trovarle una giusta sistemazione, frenando
l’impazienza di Vol e cercando di eliminare un po’ dei tanti orpelli
materiali e mentali che aveva con sé Pau.
La notte fu lunga, perché le due non dormirono molto: una si agitava nel
letto, ansimando a denti stretti “Non ce la farò, mi farò ridere
dietro… E poi, che rischio…”, mentre l’altra canticchiava, incurante
di me che volevo dormire: “Salirò, salirò, ecc. ecc. “.
Io volevo bene a entrambe.
Mi accompagnavano da sempre, fin dalla nascita, e non potevo fare a meno
di loro, ma a volte, soprattutto con Pau, la pazienza finiva.
Orfeo ci venne a prendere con il suo carro dorato e finalmente dormimmo,
ma arrivò il momento in cui ci abbandonò e ci svegliammo.
Una breve colazione, vestizione, zaini in spalla e via.
Si preannunciava una bella giornata, tersa e soleggiata.
I segnali nel cielo c’erano tutti.
Il viaggio fu piacevole, sia Pau che Vol restarono in silenzio come me a
sentire la musica che accompagnava i nostri pensieri.
Io ero desiderosa di capire e provare cosa fosse arrampicare e fare
sicura a un’altra persona, non avevo mai fatto niente di simile.
Arrivammo puntualissime, anche se il Maestro era sempre più puntuale di
noi ed era già là con lo zaino indossato e le corde legate dietro come
fossero dei lunghi capelli che gli scendevano sulle spalle.
“Questo è il Rocchino - disse - o almeno io lo chiamo così, il
suo vero nome non lo ricordo mai”.
“Siete pronte?”.
Annuimmo: io in tono asettico, Vol quasi urlò, mentre Pau mosse solo la
testa, ma dai suoi occhi capii che avrebbe voluto che in quel momento
atterrasse un alieno per portarla via da quello che lei, secondo me,
considerava un inferno.
Ci mettemmo in marcia.
Attorno la natura era selvaggia, il sentiero scendeva dolcemente ma era
incolto, poco frequentato, lontano dalle orde di turisti o anche dai
semplici escursionisti.
Il sole cominciava a riscaldare noi allieve, mentre tentavamo di
liberarci dalla morsa di qualche arbusto che invadeva il sentiero.
Improvvisamente il sentiero si aprì davanti a noi, e prendendomi un po’
alla sprovvista Pau esclamò "Che bello qua!! Che bello, siamo fuori
da quella giungla!!".
Vol ascoltò inspiegabilmente senza controbattere: condivideva certo la
bellezza del posto e la pace che si respirava, ma pensava che quella non
fosse una giungla bensì era la natura lasciata a se stessa, senza
interferenze da parte dell’uomo.
Io mi dimenticai per qualche istante di loro, intenta a mirare le gesta
del Maestro che guardava lontano in direzione della roccia, come
estasiato o ipnotizzato.
La mia assenza durò poco perché il Maestro ci riportò subito in riga e
riprendemmo il cammino, che si fece, con grande piacere di Vol e poco di
Pau, più impervio.
Tutto intorno era pieno di roccette, detriti e rami secchi che
intralciavano il percorso, ma si intravedeva l’arrivo: un piccolo
spiazzo sotto a una maestosa roccia sulla quale ci saremmo esercitate
con movimenti preparatori e forse un piccola scalata.
Arrivati allo spiazzo e appoggiati gli zaini, il Maestro ci istruì sulle
prime cose da fare: indossare caschetto e imbrago “… adesso vi faccio
vedere e provare cosa significa fare i nodi giusti”.
E così fu.
Prima guardammo lui imbragarsi e legarsi, poi provammo anche noi.
Io e Vol riuscimmo abbastanza agevolmente, ma Pau dovette farsi aiutare.
Dopo averci spiegato come muoverci e quale era la tecnica migliore per
salire, anche in base al tipo di roccia che ci trovavamo davanti, ci
disse che dovevamo provare a scalare una piccola roccetta.
L’imbrago era forse superfluo ma poteva dare più sicurezza.
La prima fu Pau e fu un disastro, non si era praticamente ancora mossa e
già urlava “Cado, volo giù, ho le vertigini”.
Il Maestro provò a rincuorarla dicendole che non era salita neanche un
metro, ma non c’era verso di calmarla. Provò allora a far salire Vol che
agevolmente face il suo dovere, sotto lo sguardo vigile del nostro
Mentore.
Pau, punta sul vivo dal fatto che Vol si era mossa meglio di lei,
insistette per provare ancora e io le lasciai il posto. Il risultato
tecnico non fu dei migliori, ma a peggiorare la cosa fu Vol che un po’
la derise “Eh, non ce la fai…”.
E così, dopo che fu scesa Pau, si scatenò un piccolo diverbio tra le
due, mentre il Maestro decise di fare una pausa per ristorare il fisico
e forse anche la mente.
Litigarono, e io, da sempre la pacere tra le due, non riuscii a fare
nulla per calmarle.
Dopo un po’ anche la mia proverbiale saggezza e pazienza finì, come i
granelli di una clessidra.
"Basta!! Mi avete stufato, voi due!! Soprattutto tu, Pau, con i tuoi
timori non ti diverti e non fai vivere appieno questa esperienza nemmeno
a noi, impedendo anche a me di imparare, provare e assaporare al meglio
questa giornata!!"
Il tono fu perentorio e un po’ cattivo, ma io volevo imparare e non
perdere tempo inutile tra timori, discussioni e altre cose poco
importanti.
Pau e Vol capirono che avevano esagerato e quasi magicamente il tutto si
rasserenò.
Io, sotto lo sguardo vigile del Maestro, salii, mi arrampicai pochi
metri sul facile percorso e mi stupii di me stessa di quanto fosse bello
e piacevole fare tutto questo.
Il Maestro si complimentò con me del risultato che avevo raggiunto, ma
mi disse di non montarmi troppo la testa perché quello era pur sempre
una piccolissima arrampicata di II grado.
Le arrampicate vere erano altre.
Le sue parole echeggiavano ancora nell’aria mentre noi scendevamo,
tornando alla base.
Pau e Vol non dissero nulla, mi abbracciarono ed erano contente per me.
Sapevo che in futuro sarebbero continuate le divergenze di vedute tra
Pau e Vol, ma io ero convita che da quel momento non ci sarebbero più
state discussioni, lasciandomi libera di vivere appieno ogni esperienza,
anche se un po’ impervia, che la Natura ogni tanto ci presenta.
Ciao Pau.
Ciao Vol.
Monica Comani
Bologna,
primavera 2010