Mala tempora currunt...

di Gaetano Soriani



La notizia rimbalzò di valle in valle come il tuono durante un temporale estivo.
Un grosso imprenditore romano aveva comperato il rifugio con la malga retrostante e gran parte dei pascoli su al Passo del Camoscio in uno degli angoli più belli della vallata lasciando tutti sconcertati.
Il rifugio era privato e questo aveva facilitato il compito dell’acquirente in quanto il vecchio gestore e Guida alpina era morto da qualche anno e gli eredi, che avevano tutt'altre attività e vivevano in città, avevano dato in gestione il rifugio e di fronte ad una buona offerta avevano accettato senza pensarci due volte.
Inoltre il rifugio “Croda Bianca” da quando Duilio era morto non era più lo stesso, diverse gestioni si erano succedute senza successo, come in molti altri rifugi mancava la figura carismatica del “gestore” che anche senza essere necessariamente Guida alpina era la figura di riferimento per gli alpinisti ed escursionisti.
I giovani che prendevano in gestione l’attività facevano di fatto i baristi e i ristoratori, preoccupati solo di fare quadrare i conti senza avere nessuna conoscenza della montagna né interesse alle problematiche dell’ambiente alpino.
L’unico ricordo del vecchio rifugio era una vecchia corda con alcuni chiodi da roccia e un martello che stavano appesi in un angolo polveroso vicino al camino. Anche tutti gli arredi erano stati sostituiti da moderne attrezzature in acciaio inox, compresi distributori di gelati e Coca Cola.

I motivi per essere preoccupati erano molteplici:
primo, perché mai un imprenditore avrebbe investito soldi in terreni a pascolo e in un rifugio alpino se non avesse intravisto un congruo guadagno, non certo per spirito filantropico?
secondo, che tipo di progetto aveva in mente?
Purtroppo le risposte a questi quesiti arrivarono molto presto, già alla fine dell’estate correva voce che il “Personaggio” avesse intenzione di radere al suolo sia il rifugio che la malga per costruire come prima fase un mega complesso alberghiero a cinque stelle con centro benessere, piscina coperta ecc. ecc. ecc. e successivamente trasformare i bellissimi pascoli in un enorme campo di golf con tutti i servizi possibili, compresa un'esclusiva “club house”.
Sarebbe stato uno dei campi da golf più alti di tutta Europa!

La notizia, in attesa di conferma, sollevò un putiferio a livello regionale.
Tutti i gruppi ambientalisti, dai Verdi alle varie associazioni culturali e chi più ne ha più ne metta cominciarono a pompare la cosa tramite la stampa locale e in breve tempo non si parlava di altro.
Il terreno in oggetto trovandosi su un passo di confine si estendeva in pratica su tre territori comunali e i tre sindaci competenti, messi alle strette, ammisero nel corso di una conferenza stampa che effettivamente era stata presentata una richiesta in tal senso da una grossa società immobiliare, ma che era tutto ancora al vaglio e che non c’era ancora niente di sicuro.
E poi si sarebbe dovuto attendere il parere della Regione, della Provincia e della Commissione per l’ambiente ecc.
Intanto i vari gruppi, Club Alpino compreso, cominciarono a fare una raccolta firme per fermare quel progetto scellerato.
Del caso si occuparono anche diverse TV locali e, come spesso succede nel nostro Paese, anche i politici si trovarono ben presto divisi, chi intravedeva una opportunità di sviluppo per il territorio e chi al contrario riteneva che il progetto fosse una sciagura.

Nel frattempo il "nostro" Imprenditore lavorava alacremente per produrre tutta la documentazione necessaria per ottenere le autorizzazioni e nel contempo tramite la stampa e i media illustrava tutti i vantaggi che un’operazione come quella avrebbe portato alla popolazione del territorio: posti di lavoro, prestigio, rilancio del turismo, miglioramento della viabilità ed altre opere pubbliche.
L’imprenditore sapeva fare molto bene il suo mestiere e a poco a poco non poche persone cominciarono a cambiare idea e a pensare che poi, dopo tutto, forse non era poi una cosa da scartare. In prima linea si schierarono i sindaci progressisti che intravidero una grande opportunità di autoaffermazione e di prestigio.
Si stava verificando, anche se il contesto era molto diverso, una situazione analoga a quello che successe per la costruzione della diga del Vajont, la promessa di lavoro e di sviluppo cominciava ad offuscare le idee.
I più acerrimi denigratori rimanevano comunque gli alpinisti e i frequentatori della montagna che vedevano il progetto come uno scempio e una “porcata immane” come qualcuno la definì.
Il rifugio e la malga erano stati per anni punto di appoggio per scalate storiche, frequentato anche da alpinisti famosi ed era veramente triste cancellare tutto questo per un campo da golf.

L’epilogo della vicenda è scontato, le varie amministrazioni comunali dopo le prime titubanze spinsero per avere le autorizzazioni necessarie e il progetto si realizzò.
Per buona pace di qualche associazione ambientalista la malga fu spostata al margine della proprietà in modo da non disturbare, dove rimasero alcune mucche da far vedere ai bambini di città che non ne avevano mai vista una.
Al posto dei bei pascoli sorsero ampi parcheggi per i grossi fuori strada dei ricchi cittadini e dei VIP di passaggio, e fu costruito l’albergo a cinque stelle e il campo da golf.
Quest’ultimo, poiché la neve rimaneva a volte fino alla fine di maggio e ricompariva già ai primi di novembre, di fatto veniva sfruttato non più di due o tre mesi all’anno.

I famosi posti di lavoro che si dovevano creare furono in gran parte occupati da personale extra comunitario con una certa preferenza per belle ragazze provenienti dai paesi dell’est, molto richieste nel Centro Benessere per i massaggi.
Il CAI ottenne dopo non poche pressioni di avere un accesso alle pareti di roccia tramite un sentiero opportunamente delimitato da opportune staccionate in legno ed ingentilito da abeti e larici in modo da non infastidire i golfisti.
I prati circostanti, curati e verdissimi, nel periodo estivo risultavano punteggiati di piccoli fiori bianchi che però ad un esame più attento si rivelavano palline da golf.
Dopo qualche tempo l’intervento realizzato al Passo del Camoscio diventò famoso per tornei internazionali di golf e per importanti meeting, ma per molti fu considerato l’ennesimo affronto alla Montagna.


Gaetano Soriani
Cento (Ferrara), giugno 2010


Nota della redazione.
Le foto che accompagnano il testo sono tratte dalla rete. La prima foto in alto è di Roby Trabucchi.