Compiti per casa

di Roberto Avanzini



Questo è un esercizio, un vero e proprio test.
Nasce da una semplice considerazione personale che, ovviamente, non è obbligatorio condividere.
Mi pare che spesso i discorsi che si fanno tra alpinisti, arrampicatori, escursionisti, insomma tutti quelli che hanno anche minimamente a che fare con i monti o la dimensione verticale si sviluppano (o inviluppano) spesso a partire da una serie di frasi: io ho provato a scrivere tutte quelle che uso personalmente o che sento in giro per le montagne. Ho scoperto che queste frasi si addensano di più in certi luoghi e in certi periodi, ma questo sarebbe un aspetto piuttosto complicato da affrontare.
Cercherò di farne una trattazione il più tecnica possibile.

Fate una crocetta vicino ad ogni frase che avete pronunciato almeno tre volte quando vi trovate nella situazione indicata.


1 - Frasi da palestra indoor.


2 – Frasi da falesia.


2 – Frasi da arrampicata su ghiaccio.


Ho volutamente tralasciato un'enorme categoria, quella che riguarda i commenti e i pareri sull’abbigliamento e sul materiale tecnico, che da sola occuperebbe alcuni giga di memoria, e quelli relativi all’alpinismo vero e proprio che pratico troppo poco per avere un campione significativo di frasi.

Ora contate le crocette e poi sottolineate le frasi che usate di più in assoluto.

Molte di queste frasi possono essere delle sacrosante verità o il più bieco luogo comune, dipende molto dal contesto, dal tono da chi le dice e soprattutto dalla frequenza.

Se dite “Che scarpe strette!” tutte le volte che indossate le scarpette da arrampicata è molto probabile che siano veramente scomode e vi consiglio di cambiarle, ma se le crocette sono molte (io ho usato spesso quasi tutte le frasi indicate) allora una via per migliorare la nostra comunicazione alpinistica potrebbe essere quella che sto sperimentando.

Tutte le volte che mi arriva sulle labbra una delle frasi che ho sottolineato penso che quello che sto facendo in quel momento è una delle cose più piacevoli che ci possono essere.

Che sia fare due passi in un prato o una via impegnativa non importa, è così bello che non ho bisogno di corazzarmi davanti agli altri con arie da duro o da esperto.

Non ho bisogno di vendere un’immagine che non mi appartiene, ne che gli altri mi guardino con timore riverenziale.

Se volo giù o ho il fiatone me lo tengo e ci rido pure sopra.

Alla fine rimangono più tempo e più idee per parlare veramente con gli altri e, a parer mio anche la roccia, anche >boschi e prati ci stanno ad ascoltare più volentieri.

Roberto Avanzini