Bibì & Bibò alle Urne
di Angelo Bolognesi e Michele Pifferi
C’è un tempo per tutte le cose, dice l’Ecclesiaste.
C’è un tempo per la riflessione e un tempo per l’azione. Vano è l’indugio.
Due giorni prima dell’evento elettorale, abbiamo udito la voce dell’araldo che invitava, con farfugliante vaghezza, i soci alle pubbliche elezioni.
In un empito ginnasial-brechtiano, ci siamo recati alle urne, traendone inquietanti impressioni.
Come il vecchio marinaio di Coleridge, colpito dalla maledizione dell’albatros, vi afferriamo per il bavero della giacca e ve le raccontiamo tutte.
1) La democrazia, come forma di governo realizzata tramite il voto della maggioranza di tutti i cittadini aventi diritto, compare per la prima volta in Grecia.
Questo modello trovò la sua realizzazione più perfetta nel regime di Atene nel V° secolo a.C., dove fu istituito nelle sue linee essenziali da Clistene (*).
Da non confondere con Clistere. Altro settore.
2) O Artemide mia... applicazione di analogo valore non ci sembra di ravvisarla nel sistema elettivo del CAI: 186 votanti su 2000 iscritti.
3) Per l’età di Pericle! Pare però, che qualche tempo fa, sul giornalino del CAI, sia apparsa la notizia riguardante le elezioni, tra un articolo sul rododendro nano e la pubblicità dei Pelati “Benito”.
4) Improvvisamente ci è tornata alla mente “The lotus eaters” che è il titolo di una poesia di Tennyson,dove il romantico poeta inglese ripropone con struggente malinconia,la leggenda dei compagni di Ulisse che mangiarono i frutti del loto e perdettero la memoria. (Odissea libro IX)
O Apollo mio! Un dubbio si insinuò nella nostra mente: i soci si saranno dimenticati delle elezioni?
5) Il pregiudizio è una brutta bestia, una zavorra dalla quale sarebbe bene liberarsi.
Offriamo un premio in denaro al lettore che affermerà di aver appreso dal giornalino la data delle elezioni.
(100 euro da devolvere alla fondazione Basaglia).
6) O Dei, disperdete quest’alba di dubbio, ma ci è parso che la data entro la quale si doveva versare la quota di iscrizione (31 marzo ) sia stata ritenuta meritevole di ben altro trattamento divulgativo.
7) Ora, non sono certo questioni nevralgiche per la Patria, ma quando succedono queste cose, come direbbe il giovane Holden, noi si resta secchi.
8) O Ares, potente Elmo d’Oro... un altro dubbio si è fatto largo, con poca fatica, nel vuoto delle nostre menti: saranno pazzerelloni o furbacchioni?
La prima soluzione, (sono pazzerelloni) consentirebbe al CAI una decadenza rapida ma, in fondo, allegra, alla Totò e Peppino, inserendosi di diritto nella categoria del pittoresco.
La seconda (sono furbacchioni) indica invece una decadenza di tipo giallistico-dietrologica, da vecchi Italia maneggiona, con i suoi trucchetti da dopoguerra, con i suoi espedienti da pataccari.
Ma ci vuole grandezza anche nella decadenza.
Diceva un nostro amico calzolaio, nostro intellettuale di riferimento, che la furbizia è furbizia.
E che la furbizia “democratica” non è una variante che mitighi il sostantivo. E’ una variante che vanifica l’aggettivo.
9) Temiamo, comunque, che siano attendibili entrambe le ipotesi.
10) La prossima volta, di questo passo, le elezioni si terranno in contumacia.
11) All’ingresso del seggio stava, ieratico, dietro le urne, il Presidente, seduto.
Come se non si fosse mai alzato negli ultimi 30 anni, se non per sgranchirsi per pochi minuti e aggiornare il modello dei mocassini. Forse si è fatto imbalsamare come Lenin. Però da vivo.
Come un’icona, ma di se stesso era fedele alla regola delle 3 F: Fermo, Frontale, Fisso.
Ora, la devozione verso il Capo affonda nei precordi più intimi della psiche individuale e collettiva.
E’ un sentimento dell’infanzia. E noi lo conserviamo intatto. Ci teniamo a far sapere che la sua esposizione è stata legittimata una volta per tutte dal Concilio di Nicea (787).
12) Ai lati del Presidente, due anziani sacerdoti di questo rito elettorale, appisolati, testimoniavano lo stato catatonico nel quale procombe il CAI.
13) O Cipride, radice materna del sangue… Di fronte a loro, nella grande sala, un cafarnao di individui che ricordava il Bar di Guerre Stellari. In peggio.
Abbiamo notato qualche sorriso mannaro, alcuni esponenti dell’opposizione fumantina, brutta e cattiva e poi individui al limite della condizione umana, come Bengi e addirittura oltre.
14) Esaminando la lista dei candidati, sbocco patologico di derive esistenziali, e dopo aver consultato aruspici e cassandre a quintali,abbiamo dedotto e previsto quanto segue:
A) Un rosario di possibili sciagure.
B) La mancanza di qualche persona normale come Otelma o Platinette.
C) Che la lista dei candidati è come il porco. Non si butta via niente.
D) Che le più pallide riforme, in questo posto, richiedono l’entusiasmo e l’energia morale altrove bastanti per due o tre rivoluzioni.
15) Abbiamo votato e ci siamo fermati a conversare del più e del meno. Soprattutto del meno.
Al quinto bicchiere ci siamo resi conto che la bevanda gentilmente offerta dal Capitano Boharett, probabilmente non era grappa ma un idrocarburo aromatico.
Pare che il capitano faccia oltre venti chilometri con un litro in percorso misto.
Sobri come alpini al raduno nazionale, abbiamo così deciso di candidarci alle prossime elezioni.
Stabilito che il nostro slogan elettorale sarà “CHI HA PIU’ UNGHIE SCORTICA IL TEGAME”, parleremo nelle piazze, promettendo per tutti cene all’aperto e vino rosso, meno tasse, salute e figli maschi.
Dovremmo farcela. Vamo là !
N.d.A.
Pare che tra gli altri, sia stato eletto, nel Consiglio, il Webmaster del sito: Leo.
Non tutti i buchi riescono con la ciambella. Constatando che le sciagure sono sempre dietro l’uscio, ci affidiamo direttamente al maestoso Zeus, alle cosmiche forze e alle potenze estreme.
Vamo là !
Bibì & Bibò
Ferrara, aprile 2008
(*) Nota a cura della Redazione.
CLISTENE (565 - 492a.C.). Politico ateniese in esilio durante la tirannia dei pisistratidi, rientrò in Atene alla cacciata di Ippia (510 a.C.). Oppostosi a un tentativo oligarchico di Isagora, sostenuto dal re spartano Cleomene, riuscì ad attuare la riforma delle istituzioni che porta il suo nome, mirante ad allargare la base del governo della città.
Divise l'Attica in 10 tribù territoriali, ciascuna costituita da tre distretti non contigui.
Le tribù divennero il fulcro del sistema di nomina dei magistrati e della leva.
Abbassò i limiti del censo stabiliti da Solone e ridusse i poteri degli arconti in favore della bulè; dalle tribù venivano eletti inoltre i 10 strateghi che ebbero il comando dell'esercito in guerra.
Aristotele gli attribuisce l'introduzione dell'ostracismo.