"Una notte d'inverno"

di Luigi Negri



"Arriverò ai ghiacciai un giorno
arriverò a fari spenti
e poi giù di nuovo
dall'altro pendio del mondo"


Seduto nel salotto tiepido, guardo dietro il vetro che appanna.
Su un poggio svetta la punta del campanile, intorno al quale il villaggio si accovaccia in un silenzio infinito.
Sulla candida superficie della neve una slitta fugge via, lieve, senza scossa, senza strepiti.
Fugge attraverso l'ultimo fantastico biancheggiare delle cose nella valle silenziosa.
In alto, sopra le ripide frane e i balzi ispidi, anche le stelle alpine si chinano tra il muschio con un atto stanco, strette in un nodo bianco.
Più su, ancora, si distendono i deserti bianchi dei nevai.
Luci ed ombre rivelano il cuore dell'inverno.


Le mie mani sfiorano la tastiera del pianoforte e ne traggono una musica che si diffonde lenta e pensosa.
In questo paesaggio sonnolento i fiocchi di neve scendono piano, scherzando, con bizzarri avvolgimenti.
Vola la piuma di neve, labile e leggera, e mi cattura con la sua aerea danza.
La musica si perde e come una voce amica va a risvegliare immagini sopite in un'armonia lontana di giorni perduti. Vorrei perdermi anch'io, senza cure, senza mèta, nella gran pace invernale, fino ai confini dell'anima dove, muti e assorti, stanno i ricordi.

Risento le risa e la voglia di vivere che scoppiava all'improvviso, senza un perchè.
Giorni di gioventù sognante le nevi perenni.
Giornate furibonde, sulle vette battute dai venti, il sole come chiodi negli occhi.
Lo splendore delle nevi.
L'inno delle acque che scendono dai nevai, che s'innalza e va’.
Scorre la mano sulla tastiera, più lenta.
L'armonia sembra l'eco dei monti, che accompagna il canto lieve della neve fatata.
Lo sguardo corre lontano, interrogando il vasto silenzio della sera e le ombre scese sulla valle.
La muta dolcezza che mi passa nel cuore, tesse con arte il filo della memoria.
Quel filo che lega il tempo assente con il presente fino a fonderli insieme e farne un tempo nuovo, un tempo sognato. Il tempo in cui anche la neve si incendiò attorno ai suoi occhi e ai suoi capelli di grano.
Un ricordo lucente in una cornice abbagliante.

E' notte.
Una notte di pace, sui tetti azzurri di fumo.
Guardo i fiocchi enormi che si arruffano contro il vetro.
Sono certamente colombe.
Ora nevica forte, abbandono la tastiera ed esco.
Il borgo nel torpore della notte bianca.
I ruscelli di giada scura sotto di me.
I ponticelli nevosi, le strade deserte nell’oscurità serena.
I miei passi soffocati.
Più in là, prima del bosco e dei suoi abitanti, un capitello sbuca dalla neve.
E’ un Cristo che, sul mare bianco, tiene lontani gli spiriti del male.
E' la purezza, prima del fango di domani.

Luigi Negri

Milano, inverno 2007