Cronache da Malga Sorgazza
(Parte terza)
di Gabriele Villa
7 ottobre 2004
“Le giornate son più corte
e l’autunno è oramai alle porte.
Se per funghi sei nel bosco
ed il cielo è nero e losco,
vieni alla malga, non indugiare
qui il tuo cuore potrai scaldare!
Poi alla sera scenderai a valle
lasciandoti tutti i pensieri alle spalle.”
Appena arrivato, leggo le poche strofe scritte con il gessetto sulla lavagnetta a fianco della porta d’ingresso di Malga Sorgazza. Riconosco la vena poetica di Maria Grazia, la moglie di Doro, l’Istruttore tagliaboschi divenuto amico di Mauri che testimoniano, in rima, il trascorrere del tempo.
In effetti, l’autunno è oramai arrivato con le sue giornate brevi e spesso piovose, e proprio dopo tre giorni di pioggia insistente, al primo accenno di bel tempo, sono partito all’alba con l’auto, per trascorrere una giornata alla malga.
So che troverò Davide, l’oramai mitico Obelix, salito per qualche giorno a dare una mano nei lavori di preparazione della tettoia da costruire davanti alla malga al fine di dare ricovero e riparo in vista delle abbondanti nevicate previste nell’inverno incipiente. Questo sarà l’impegno dell’autunno per Maurizio ed i suoi “collaboratori”.
In attesa dell’arrivo dei permessi di costruzione ci sono da tagliare, scortecciare e trasportare gli alberetti che diventeranno i pali di supporto e copertura della costruenda tettoia.
Anch’io sono venuto per dare il mio contributo e così la giornata trascorre tra vari lavori, ma principalmente trasportando fuori dal bosco i tronchetti tagliati a misura, per impilarli in attesa di scortecciarli sul posto, prima del trasporto in malga.
Oggi non avrò da apprendere qualche “segreto del boscaiolo”, ma da lavorare duro, sollevando i tronchi dopo averli avvolti con una fettuccia da alpinismo, per trasportarli più agevolmente, prima che la stessa, per effetto del peso, ti si “incarni” nel polso. Nonostante ci si sia turnati in tre, alla fine della giornata siamo stanchi, ma la pila dei tronchi testimonia del cospicuo lavoro svolto.
Mentre ritorno in auto verso Ferrara penso al volto soddisfatto di Mauri ed all’avventura che ha deciso di vivere venendo a gestire questa malga, assieme a Carla.
Davvero un “reality” fuori dal comune che fa piacere condividere, anche se soltanto in briciole, con qualche comparsata, tanto per dare una mano ad un amico.
23 ottobre 2004
“Franci è alla macchina spaccalegna, Mauri gli fa da trainer, allungandogli i ciocchi e dandogli suggerimenti sul come evitare i nodi del legno. La nebbia della sera sta scendendo lentamente, avvolgendo tutto l’ambiente in un velo uniforme. Qui la chiamano “calivi”, al plurale, come fossero fumi.
Due abeti, dietro la malga, fanno intravedere la loro sagoma scura nel grigiore lattiginoso che avanza. E’ sera oramai, fra un’ora sarà buio, noi mangeremo qualcosa con Mauri e Carla poi, con calma, torneremo verso Ferrara. Mauri sta dicendo a Franci che è contento del lavoro fatto oggi: circa sei quintali di legna recuperati nel bosco, portati in malga e sminuzzati con la macchina spaccalegna. E’ stata una faticaccia, ma siamo contenti di esserci resi utili. Abbiamo trovato anche il tempo di fare un giretto con la mountain bike di Mauri, prima io e poi Franci. Intanto Bepi, l’alaskan di Mauri è steso sull’erba incurante dell’umidità della sera e del freddo della pietra. Mai cane fu più fortunato di vivere in un luogo come questo”.
Così annotavo, seduto sulla panca sotto l’asta della bandiera, dopo una giornata di lavoro nel bosco con Maurizio e Francesco Cinti. Con Franci eravamo partiti al mattino presto con destinazione Dolomiti, ma le previsioni che davano una perturbazione in arrivo nel pomeriggio ci avevano “deviati” sulla Sorgazza. Conclusione scontata: Mauri ci presta due paia di pantalonacci, un paio di guanti a testa e, motoseghe alla mano, si finisce diritti nel bosco a tagliare un tronco rovesciato, per poi farlo rotolare sulla strada sottostante, ed, infine, caricarlo sullo Scudo per trasportarlo in malga. Una giornata che avrebbe dovuto essere di escursione si è trasformata in una giornata di fatiche, ma nè io, nè Franci ce ne lamentiamo, anzi.
Per entrambi è sempre e comunque una piacevole giornata trascorsa in montagna.
27 novembre 2004
“L’inverno non è ancora arrivato,
ma qui intorno è già tutto ghiacciato ...”
Ma siccome non sono un poeta, non mi viene altra rima per continuare la strofa.
Oggi siamo partiti alle quattro e trenta con Alberto e Francesco, rispondendo al richiamo di Mauri lanciato nei giorni precedenti: “Alcune cascate sono già formate...”.
Al nostro arrivo, sorpresa!, una tettoia nuova di palla fa sfoggio di sè davanti alla malga e non è nemmeno invasiva come ci si sarebbe potuto immaginare. I tronchi scortecciati mettono in evidenza il legno chiaro e danno un aspetto rustico che ben si intona al resto della costruzione, di cui ne segue le linee e ne rispetta i volumi. Davvero un bel lavoro di Mauri, Obelix e del fratello di Carla.
Sul retro della malga, un’altra tettoia, più piccola, riparerà lo Scudiello dalle nevicate notturne improvvise, evitando di doverlo “dissotterrare” per poter andare in paese a fare la spesa o qualche altra commissione. Anche questa è stata fatta con grande “usta” e discrezione estetica.
Per noi, oggi, non sarà giornata di accette, nè di motoseghe, bensì di piccozze e ramponi.
Mauri ci accompagna ai piedi della prima cascata che saliremo, io in cordata con lui, dietro a Francesco e Alberto. Il primo tiro è piacevole e non troppo difficile, mentre il secondo, che presenta una candela verticale, appare non ancora troppo formato e, per prudenza, ci induce a desistere dal forzare l’uscita. Scendiamo in doppia, poi, mentre Francesco e Alberto, non ancora sazi, vanno a salire un’altra formazione ghiacciata poco distante, io e Mauri scendiamo alla malga per non lasciare sola Carla nel caso si presentasse qualche cliente per il pranzo.
E, in effetti, un cliente c’è ... sono io, naturalmente.
La minestra di fagioli che arriva in tavola è più che ottima, come il rimanente del pranzo del resto, poi, siccome ero andato a letto tardi, per via della solita immancabile riunione al Cai, chiedo il permesso di coricarmi per un “pisolino”. Finisco così nel lettone di Mauri e Carla, sotto ad un piumone soffice e caldo: mai ora di sonno fu più gradevole di quella. Più tardi rientrano Francesco e Alberto e il loro chiacchierare a tavola mi ridesta piacevolmente.
Intanto il fuoco innalza le sue lingue rosse e gialle dietro al vetro brunito della stufa e un piacevole calore si spande tutt’intorno. Mi piace pensare che un pò di quel calore è anche frutto delle mie fatiche. Quando oramai è buio ci apprestiamo a rientrare, non prima di avere fatto una foto assieme davanti alla malga con le luci degli addobbi natalizi già sistemate tutt’intorno alla tettoia.
Quando torneremo sarà inverno, avremo al seguito corde, piccozze e ramponi, torneremo a salire le cascate ghiacciate lì attorno, mangeremo ancora la saporita minestra di fagioli della Carla, mentre il fuoco continuerà a crepitare nella stufa e la pila di legna, fuori dalla malga, comincerà a diminuire.
E noi, con il passare dei mesi più freddi, vedremo finalmente sciolto il grande dilemma che ha assillato Mauri da quando è venuto in Sorgazza: finirà prima l’inverno o la grande pila di legna?
Gabriele Villa
Ferrara, 24 dicembre 2004