La fiducia
di Francesco Cinti
Chi di noi non ha mai pensato, riflettuto sul significato di “fiducia” e sulle conseguenze che il suo mancato rispetto ha sui destini dell’uomo.
Un pomeriggio di luglio, un gruppetto di tre amici, erano appesi come ragni alla roccia, intenti a raggiungere la cima del “pilastro” in quel di Falzarego.
Spesso, durante la salita, mi fermavo a riflettere sul perché stavamo impiegando energie e tempo li, in quella giornata.
Le motivazioni sono molte, ognuno ha le proprie e sono convinto che ciascuna di essa sia diversa da quella degli altri.
Personalmente, la mia è legata principalmente all’amicizia, mi piace condividere le emozioni che l’amore per la montagna mi provoca, con i miei amici.
Il gusto di salire le cime per dire “ho vinto la montagna” non mi ha mai convinto.
Quel sabato pomeriggio, la montagna ha messo a nudo il mio più grande difetto, la distrazione, spesso legata al mio desiderio di ricerca di cose nuove che riescano ad attrarmi.
Ebbene, quel giorno ero continuamente rapito dalla seducente bellezza della natura selvaggia, potente e in grado di mutare aspetto continuamente.
Il paesaggio sembrava essere stato disegnato da un impressionista, colori vivaci, sempre diversi, come il turbinio di idee, che spesso affollano la mente umana.
In cielo, si combatteva una battaglia feroce, grossi accumuli di nuvole nere, simili a galeoni spagnoli nell’epoca delle conquiste coloniali, si scontravano, sfogando su di noi alpinisti tutte la loro ire.
In lontananza, il grigio della pioggia, si confondeva con i poche e deboli raggi del sole, che tentavano invano di rischiarare lo splendido anfiteatro della Val Badia.
In uno dei tanti momenti di piacere, provato ad ammirare la natura, dimenticai un “rinvio”, come in termine tecnico si usa chiamare l’aggeggio che ti assicura in caso di caduta, lasciandolo appeso alla parete.
Io infatti, quel giorno avevo il compito di recuperare tutto il materiale che la cordata utilizzava.
Arrivato al punto di sosta, detti tutto il materiale raccolto al mio amico, così che potesse riprendere la salita, eccetto il rinvio dimenticato.
In un attimo, incredulo, passai dalla gioia di essere li, in parete, allo sconforto più totale.
Invano provai a giustificarmi, non sapevo cosa dire, non capivo come era stato possibile e dire che ci ero passato sopra, lo avevo visto, era là...
Il mio amico si infuriò, gli spiegai che lo avrei potuto ricomperare, lui mi rispose che le cose non basta ricomperarle.
Il mondo mi era caduto addosso, in un attimo non ero più in grado di ragionare, di capire cosa provavo, o meglio, ero molto triste e dispiaciuto, per un atto di disattenzione mio, si potevano compromettere molte cose, il piacere di essere là, lo era già stato. Con quella frase capii, come il problema non era aver perso uno strumento, ma era la mancanza di fiducia che il mio amico riponeva in me.
Lo sconforto mi aveva attanagliato, quel giorno era venuto a mancare uno dei principali principi su cui avevo sempre costruito i miei rapporti di amicizia, ma soprattutto veniva a mancare con una persona che stimo moltissimo e per questo ancora più grave.
Quel giorno la fiducia era diventata uno “specchio vuoto”.
A distanza di tempo, ho deciso di raccontare questo episodio, perché mi ha aiutato a crescere e a rivedere molte cose di me stesso.
Le parole del mio amico e il suo comportamento, sono stati fondamentali e per questo gliene sarò sempre grato.
Francesco Cinti