Il presagio

di Gaetano Soriani



La cena al rifugio era stata abbondante e straordinaria, condita da buona birra e da un giro di grappini che non finiva più. Era una brutta mattina, grosse nubi basse coprivano le possenti bastionate di roccia ed i pinnacoli frastagliati. Mentre allacciavo gli scarponi sul piancito antistante il rifugio con la coda dell’occhio notai un bimbetto di sette-otto anni circa scalzo che mi guardava con una strana espressione.
"Ciao" gli dissi. "Come ti chiami?". Il bambino aveva due occhi neri, liquidi e profondi e dopo un lungo silenzio mi disse con una voce che non scorderò mai : "Tu oggi morirai" e sparì dietro l’angolo.
La frase ebbe su di me l’effetto di una doccia fredda, se un istante prima ero ancora assonnato ed intorpidito, ora ero lucido e consapevole.
"Cosa diavolo hai detto?" gli gridai dietro e, senza allacciarmi l’ultimo scarpone corsi nella direzione dove era sparito, ma del bambino nessuna traccia. Mi trovavo davanti l’ingresso di servizio del rifugio dove all’interno dove all’interno una signora ed una ragazzina stavano armeggiando sui fornelli della cucina.
"Avete visto un bambino di circa sette anni scalzo entrare di qui?" chiesi, "Un bambino? Qui non ci sono bambini"
"Come" replicai piuttosto agitato "non avete visto un bimbo passare di qui? Sarà entrato, era moro alto circa così", "Qui non ci sono bambini" replicò la donna, "Forse è il figlio di qualche turista, provi a chieder dentro".
Ma ugualmente infruttuosa risultò la ricerca dentro il rifugio. Nel frattempo mi aveva raggiunto il mio compagno di cordata Marco.
"Ma cos’hai, hai visto un fantasma? Sei bianco come uno straccio, ti senti bene?" Mi chiese. 
"Si, cioè no, ....non lo so" risposi.
"Ho visto che parlavi con il gestore e con sua moglie, c’è qualcosa che non va?" 
Mi chiese Marco mentre si preparava lo zaino. 
"No, no è che ... lasciamo perdere", dissi cominciando a dubitare di me stesso e della "apparizione" che avevo avuto.
"Tu oggi morirai" continuava a martellarmi in testa, mentre quei due occhi neri mi penetravano il cervello.
Alla fine dissi a Marco : "Senti dobbiamo proprio farla questa via con questo tempo? Guarda che nubi basse e poi guarda che pressione bassa sul barometro!"
"Senti vorrai scherzare! Siamo venuti fin qua, abbiamo fatto i salti mortali per poterci incontrare e venire assieme e adesso tu..., e poi la pressione è ottima e quelle nubi presto spariranno lo sai anche tu, ma cosa ti prende?"
"Dai andiamo che si fa tardi". E prima ancora di rendermene conto stavamo marciando di buon passo per arrivare all’attacco della via poco sotto la forcella.
Avevo la mente sconvolta ed ero tutto scombussolato " Tu oggi morirai". Quella frase mi tormentava e non mi dava pace. Il tintinnare di tutta la "ferramenta" che avevamo in cintura mi riportò alla realtà.
"Come sei silenzioso, stai bene?" Mi chiese Marco che mi precedeva di qualche metro, 
"Si, si grugnii". Nel frattempo eravamo arrivati, alcuni mozziconi di sigaretta e tre lattine semi arrugginite segnavano l’attacco della via.
"Il primo tiro fallo tu" - dissi a Marco - "Io sono un po’ deconcentrato"
"Tu oggi morirai" Se quel bimbo o qualsiasi cosa fosse voleva rovinarmi la giornata c’era riuscito!
Ed eccoci arrivati alla prima sosta, la via sarebbe stata stupenda, ma io non c’ero proprio di testa.
Ed il momento della verità tanto temuto era arrivato: mi attaccai in cintura alcuni rinvii e qualche nuts, controllai il nodo della corda sull’imbrago e i cordini a tracolla e partii.
I primi passaggi non erano male, man mano che procedevo mi tornava un po’ di fiducia e di calma.
Ogni tanto mi aggiustavo la corda che "tirava" per l’attrito contro la parete e procedevo. La prossima sosta era ancora lontana ed ora c’era un passaggio impegnativo che mi attendeva. Cercai una fessura e vi incastrai un bel nut.
Le nubi in effetti si stavano dissolvendo, aveva ragione Marco.
Cercai un appiglio con la mano sinistra oltre il masso strapiombante ed alzai in piede in aderenza. Mi trovavo in una posizione un po’ innaturale di equilibrio precario. Cercai un appiglio con la mano destra e lo trovai subito inaspettatamente sopra di me, lo caricai con tutto il peso del corpo per passare, ma l’appiglio si staccò e volai con un urlo tremendo : NOOOOO!
"Ma cos’hai, calmati vuoi svegliare tutto il rifugio?" Era la voce di Marco che mi parlava mentre mi scuoteva.
"Il bambino aveva ragione, non voglio morire!"
"Ma cosa dici? Santo cielo, la salsiccia di ieri sera ti ha fatto fare gli incubi!"
Mi alzai dalla branda dando una craniata in quella sopra, ero tutto sudato ed avevo la gola secca. Gradatamente mi rendevo conto di essere ancora vivo e nella penombra della camerata gli occhi del bambino si confondevano con quel passaggio e poi il volo come al rallentatore.
Andai in bagno e mi lavai il viso con l’acqua gelida. Mi sentivo tutto scombussolato. Incontrai Marco che mi aveva seguito per parlarmi. "Ti senti bene? Tutto O.K.?"
"Si, si tutto O.K."
Mentre facevamo colazione in silenzio, guardai fuori e vidi le stesse nubi basse del sogno ed una sgradevole sensazione di disagio mi prese lo stomaco.
"Senti Marco, dobbiamo proprio farla questa via oggi? Guarda quelle nubi come sono basse e poi ... non me la sento"
"Ma porca ... è mai possibile dopo tutto quello che abbiamo fatto per venire quassù, io proprio non ti capisco!". "Scusa Marco, ma proprio non me la sento".
Mentre usciamo dal rifugio con i musi lunghi, facciamo in tempo a vedere una comitiva di quattro tedeschi che si sta avviando verso la forcella, noi invece riprendiamo il sentiero che ci riporterà a valle.
Dopo un’oretta di assoluto silenzio (Marco era incazzatissimo), rompo il ghiaccio e gli racconto il mio strano sogno.
Marco mi guarda, scuote la testa e mi manda ... a quel paese.
Poco prima di arrivare al punto in cui abbiamo lasciato l’auto sentiamo distintamente l’elicottero del soccorso sopra di noi che si dirige in direzione del rifugio.
Apprenderemo in seguito che uno dei quattro tedeschi, un ragazzo, è precipitato in parete per il distacco di un appiglio ed è morto.

Gaetano Soriani