Obliterato master cup
di Gabriele Villa
Premessa
La punta metallica si avvicina al muro ed inizia a girare. Veloce.
Poi si appoggia e comincia a penetrare.
Improvvisamente, la polvere bianca che esce dal foro diventa rossa, finissima e vortica veloce trascinata dalla forza centrifuga impressa dalla punta rotante. Esce dal foro scavato e scende a depositarsi sul foglio di carta tenuto poco sotto da una mano previdente. In breve, anche il secondo foro è fatto.
Ora posso posizionare la mensola con le staffe di supporto già regolate e fissarle con i due davis infilati nei fori appena ricavati. Ho deciso di mettere la mensola per collocarvi sopra questa coppa tanto gradita, quanto inaspettata: sulla targhetta lucida è incisa una scritta che recita "Obliterato Master Cup". Parole che hanno un senso solo per chi ne conosce la storia.
Una di quelle che a volte ci si trova a dover affrontare senza averle volute vivere, né cercate. Affrontate solo perché la vita ha le sue regole e, con l’esperienza lo abbiamo imparato anche nostro malgrado, una volta imboccata la strada non possiamo né fermarci, né tornare indietro, ma solo proseguire in avanti.
Così, quando la storia è finita e ritorniamo alla nostra normalità, ci sembra di non avere vissuto quegli eventi, anche se li ricordiamo con precisione.
Più semplicemente ci sembra di averli "attraversati", quasi che tutto sia stato un sogno e non la realtà.
L’iscrizione alla gara
La lettera era arrivata inaspettata, l’avevo letta d’un fiato.
Sembrava contenere un ordine più che una comunicazione.
"Caro affiliato, in considerazione dell’esperienza acquisita nella tua lunga pratica alpinistica, la segreteria ti ha iscritto d’ufficio quale rappresentante della nostra Associazione al National Rock Contest che si terrà presso le strutture del Beautiful Climbing Center nel prossimo mese di ottobre. Certi che non vorrai deludere la fiducia in te riposta, ti attendiamo in sede per la consegna del pettorale e l’espletamento delle formalità di partecipazione. Cordiali saluti".
Ero rimasto sorpreso e sconcertato.
Presi il telefono per chiedere spiegazioni in merito.
"Presidente, ma cos’è questa storia del Rock Contest? Con tutti gli arrampicatori forti che ci sono in associazione, mandate me che sono il vecchietto della situazione? Oltretutto sapete bene che non sono mai stato un climber, né che non mi sono mai piaciute le gare".
"Hai letto la data di effettuazione della gara? A causa di problemi organizzativi il bando è stato diffuso con un forte ritardo e in quel periodo gli elementi di punta del gruppo arrampicata saranno tutti già impegnati nel meeting extraeuropeo. Per cercare di farsi perdonare il disguido la FederArrampicata ha distribuito alcune Wild Cards in modo che tutte le associazioni potessero essere rappresentate. Così abbiamo pensato a te.
L’esperienza, almeno quella, non ti manca e ti saprai barcamenare meglio di quanto non farebbe un inesperto neofita, anche se più giovane e prestante. Tieni conto poi che quest’anno è il decennale della FederArrampicata: tutte le associazioni aderenti saranno presenti, non possiamo fare la figura di mancare proprio noi. Comincia ad allenarti e fai meglio che puoi. Se arrivi ultimo non ci interessa, ma è politicamente importante la rappresentanza. Non ci serve un vincitore, ci basta un portabandiera".
"Incastrato".
Fu l’unica cosa che mi venne alla mente, mentre riponevo la cornetta del telefono.
Iniziano gli allenamenti
Tuttavia non me l’ero sentita di rifiutare e, alla fine, vuoi per spirito di appartenenza, vuoi per quel po’ d’istinto competitivo che è in ognuno di noi, avevo finito con l’accettare l’idea del Rock Contest.
Certo per partecipare ad una gara non si può prescindere dall’allenamento.
Per prima cosa si rese necessario programmare un po’ di dieta per perdere peso in rispetto alla norma che "meno ce n’è da tirar su meglio è".
Poi occorreva riprendere a correre con regolarità per fare un po’ di fondo.
Infine, e non ultimo, occorreva elaborare una "tabella di allenamento", perché non si è mai sentito di un atleta che prepari un qualsiasi tipo di gara senza la mitica tabella.
Qualche manuale si trova sempre per far fronte alla bisogna e, alla fine, tabella alla mano, si impose la necessità di andare con sistematicità al climbing wall per l’allenamento specifico. Era la fase più impegnativa.
Una seduta dedicata al potenziamento, una per aumentare la resistenza e una per lo studio del movimento in strapiombo, poi, via, ricominciare da capo aumentando progressivamente i carichi di lavoro.
Occorre essere molto scrupolosi nel rispettare il programma stabilito.
Vedevo i climbers, al contrario di me, molto ligi e impegnati: tutti con il cronometro a dare i segnali acustici per scandire i tempi di lavoro e le pause di recupero.
Insomma, per me alpinista classico su vie non estreme, era una fatica nella fatica perché non lo avevo mai fatto quando ero più giovane, figurarsi dopo avere superato gli "anta". E poi al climbing wall c’era sempre qualche "coetaneo" pronto a distoglierti dal boulder per invitarti ad arrampicare sulla struttura, "...così in tre aumentano le pause e facciamo meno fatica...". Non avendo intenzione di svelare ad alcuno i miei futuri impegni, abbozzavo e mi lasciavo tentare e così un po’ si arrampicava, un po’ si chiacchierava, un po’ si scherzava.
Il tutto era anche piacevole e, insomma, alla fine mi dissi che, in fin dei conti, avrei dovuto partecipare ad una gara cui ero stato iscritto d’ufficio, nella quale non avrei avuto alcuna possibilità di piazzamento e della quale, tutto sommato, poco mi interessava. Inutile stressarsi oltre misura solo per diminuire il distacco dal ...penultimo classificato.
E così, forte dei miei convincimenti e al riparo dei miei piccoli alibi, procedetti con gli allenamenti "artigianali".
Le regole del gioco
Ma il tempo vola e, ineluttabile e repentino, era arrivato anche il momento di preparare la sacca, partire e ritrovarsi nell’Auditorium del Beautiful Climbing Center, fra centinaia di climbers arrivati da ogni parte della nazione, pronti a sfidarsi. Nel brusio generale che pervadeva la sala, quasi nessuno si era accorto dell’ingresso degli organizzatori che presero posto sul palco.
Quando furono "schierati" uno di questi si alzò, sistemò il microfono con studiata lentezza per apprestarsi a parlare.
Senza che nessuno dicesse nulla, si fece rapidamente silenzio.
Il personaggio era di quelli che sanno rendersi antipatici a prima vista.
Appoggiò le mani sul tavolo, a palme aperte, incurvò il busto verso la platea, sorrise guardando avanti a sé un punto indefinito in fondo alla sala ed iniziò il discorso.
"Signori buongiorno. Per vostra informazione vi comunico che sono il Giudice Supremo di questo Rock Contest, per volere della FederArrampicata. All’indomani della conclusione dell’ultimo Rock Master i cui risultati tecnici, come certamente voi non potete ignorare, sono stati in parte inficiati da indebite pressioni "politiche" di questa o quella associazione di arrampicata, sono stato chiamato a questo incarico con il mandato preciso che ciò non avesse a ripetersi. In quasi dodici mesi, assieme al gruppo di lavoro che ho diretto, abbiamo messo a punto un nuovo regolamento di gara, ma soprattutto abbiamo studiato alcune modifiche operative per escludere la possibilità di interferenze di giudizio sulle prestazioni degli atleti. Conoscendo la natura umana, debole e sempre incline alle lusinghe, abbiamo concluso che per ottenere ciò c’era un’unica soluzione: escludere l’intervento di giudici nel controllo delle fasi di gara e nella valutazione delle prestazioni sportive.
Per raggiungere questo obiettivo prioritario ci siamo rivolti alla moderna tecnologia.
Personalmente ritengo di avere assolto scrupolosamente il mandato affidatomi. Del resto avrete modo di valutare voi stessi quanto vado dicendo, nel corso della gara che affronterete nei prossimi giorni".
Aveva detto tutto questo senza troppa fretta, ma in modo incalzante, scandendo le parole nei passaggi giudicati più significativi. Fece seguire una pausa, guardando la platea con occhio indagatore.
Quando ritenne che fosse trascorso un tempo sufficiente perché tutti avessero metabolizzato la prima parte della comunicazione, l’oratore riprese.
"Signori, esaurite le doverose premesse, veniamo a noi, a quello che ci e vi interessa". Tutti gli occhi erano puntati su di lui, il silenzio era totale.
"Voi siete qui per misurarvi in una competizione che deve dire al mondo dell’arrampicata, agli operatori commerciali e ai produttori del settore, agli sponsor che hanno investito sulla manifestazione, quali sono i valori assoluti raggiunti e fornire una classifica precisa dei valori in campo. Tra l’altro voi sapete che i primi tre classificati hanno già assicurati un anno di ingaggi nel circuito internazionale di gare indoor, oltre a vantaggiosi contratti pubblicitari e ciò è un ulteriore motivo per essere assolutamente rigorosi. Ragione in più perché tutto sia fatto in maniera imparziale.
Come si svolgerà la gara, dunque? Abbiamo predisposto due aree di diversa difficoltà tecnica: la Red zone nella quale si svolgerà la vostra gara e la Yellow zone nella quale opereranno altri climber impegnati in una gara promozionale "open" con i quali voi non avrete contatti diretti. Ci tengo a precisare che questa è una concessione fatta a chi aveva chiesto di dare visibilità anche alla fascia di non eccellenza, una richiesta accolta soprattutto per tacitare l’anima ancora presente del disciolto Club Alpino. Per una questione di comodità nostra e anche vostra abbiamo previsto un riscaldamento nella Yellow zone, dove sono stati tracciati appositamente, alcuni percorsi di 6a. Su questi inizierete ognuna delle tre giornate di gara prima di trasferirvi sui percorsi della Red zone.
Ad ogni percorso è stato attribuito un punteggio di merito, proporzionalmente legato alla difficoltà tecnica; i percorsi di riscaldamento della Yellow zone daranno diritto ad un solo punto. La somma dei punteggi relativi ai percorsi affrontati da ogni atleta andranno a formare la classifica finale. Ma non è tutto. Ognuno di voi sarà munito di un badge magnetico il quale attiverà il tracciato che si intende salire mediante l’apposita obliteratrice che troverete alla base di ciascun percorso. Questa è la novità assoluta cui ho accennato in apertura.
Non vi saranno giudici di percorso a valutarvi e a controllare, semplicemente perché ciò non è più necessario.
Infatti, i rinvii in cui passerete la corda di assicurazione sono a chiusura magnetica.
Per evitare resting indebiti e non consentiti se voi caricherete o trazionerete un rinvio ciò disattiverà automaticamente e immediatamente la filiera dei rinvii superiori che resteranno aperti impedendo l’assicurazione.
Il percorso salito in moulinette, indipendentemente dalle difficoltà, darà diritto ad un solo punto ed è fatto obbligo a chi assicura di completare a sua volta il percorso, dopo avere obliterato il badge che memorizzerà chi apre e chi segue. Se il percorso non viene completato il punto non sarà assegnato e lo stesso sarà decurtato dal punteggio già assegnato al primo che ha tirato. E’ una scocciatura, lo comprendiamo bene, ma ciò si è reso necessario per disincentivare la presenza dei "gregari" aventi unica funzione di assicurare e far fare punti al primo. Mi pare con ciò di avervi detto tutto, non mi rimane che augurarvi delle buone performances".
Si era seduto facendo cenno ad un collaboratore che aveva preso la parola per fornire spiegazioni sull’utilizzo del badge. Niente di fondamentale, soltanto dettagli tecnico pratici.
Finalmente inizia la gara
Alla sera, nella grande sala del self service gastronomico la tensione si era "respirata" nell’aria. A ben guardare c’era sì un’aria di allegria, ma palesemente "forzata", i tanti volti sorridenti avevano quei sorrisi di circostanza di certi presentatori televisivi, utili soltanto a mascherare, senza peraltro riuscirvi, tensione e imbarazzo.
Ma venne, come una liberazione, il momento della competizione. Al punto di ritiro dei badge per l’accesso all’area di arrampicata i volti erano ritornati rilassati rispetto a quelli visti la sera precedente nei grandi locali della sala del "self".
L’imminente momento dell’azione aveva sbloccato la tesa situazione e tutti non vedevano l’ora di "attaccarsi" alle prese, per scaricare nell’azione le tossine nervose.
Gli alacri atleti della Red zone
Le hostess vestite con i colori e le divise griffate fornite dagli sponsor tecnici accompagnarono gli atleti nella Yellow zone per il riscaldamento.
Come mi ero sentito in quel momento? Più che a disagio, mi ero sentito fuori posto.
Ero certamente uno dei più "anziani" se non il più vecchio in assoluto, di taglia più "forte" rispetto agli altri che erano tutti magri se non filiformi, anche se si vedeva la muscolatura tonica e ben definita.
Ma oramai ero lì: avrei cercato di dare il meglio in ragione delle mie possibilità.
Dopo la prima fase di riscaldamento ci trasferirono nella Red zone, mentre la Yellow zone rimase deserta.
I "non eccellenti" sarebbero arrivati più tardi proprio per lasciare campo libero e non creare commistioni con gli atleti di punta; del resto anche i loro alloggi erano separati, mentre per la cena gli orari erano stati sfalsati per cui ritirati gli uni e riassettati i tavoli, ecco arrivare gli altri.
La prima sessione di gare entrò nel vivo e le coppie formate dal primo e dall’assicuratore entrarono in azione.
Tutti i percorsi di 6b furono ben presto impegnati. All’inizio mi parve di non cavarmela poi tanto male: l’allenamento raggiunto mi consentiva di districarmi a sufficienza sui percorsi di 6b.
Riuscii anche ad "infilare" alcuni 6c scelti fra quelli più atletici e ben ammanigliati, anche se strapiombanti, dove avevo potuto far valere la mia confidenza con il vuoto derivata dall’esperienza di artificialista.
Ma il problema sarebbe sorto più tardi, già lo sapevo, sui percorsi di difficoltà più alta, sui quali avrei finito, nella migliore delle ipotesi, con il fare solamente l’assicuratore accontentandomi delle salite in moulinette e del mio punticino. Non essendo uomo da classifica non me ne preoccupai, ma cominciai a chiedermi come avrei fatto nei due giorni seguenti, quando il gioco si sarebbe fatto "pesante" ed io non sarei stato in grado di effettuare la salita nemmeno in moulinette. Essendo requisito obbligatorio la salita anche da parte dell’assicuratore sarei stato automaticamente tagliato fuori dalla gara.
Nessuno, infatti, più si sarebbe fatto fare sicura da me perché avrebbe solamente perso del tempo, oltre a vedersi penalizzato di un punto a causa della mia mancata salita. Niente da dire: il "Giudice Supremo" e la Commissione avevano saputo inventare un meccanismo diabolicamente funzionante. I non competitivi sarebbero stati tagliati fuori automaticamente: una specie di selezione naturale.
A metà del pomeriggio cominciarono a mancarmi i "partner" per le salite.
Realizzai in fretta che sarei rimasto lì, inoperoso, a prendere freddo.
Avrei voluto ancora fare qualche 6b, ma in quel settore oramai non c'era più nessuno; erano passati tutti sui percorsi a maggiore difficoltà. Mi ricordai che valevano un punto anche le vie di 6a della Yellow zone, quelle dedicate al riscaldamento del mattino. Lì non sarei rimasto inoperoso, pensai, avrei certamente potuto trovare qualcuno fra i "non eccellenti" disposto a farmi sicura e a provare a salire a sua volta.
Avrei così racimolato qualche ulteriore punto per la classifica: almeno avrei evitato di fare la figura del "gregario" col rischio di rimediare una possibile squalifica.
Era circolata insistente, infatti, la voce che al termine della prima giornata chi fosse stato sotto ad un certo punteggio di sbarramento se ne sarebbe andato a casa: ultimo escamotage inventato per eliminare chi era venuto solo per fare sicura ad altri.
Decisi così di trasferirmi armi e bagagli nella Yellow zone.
Non era previsto dal regolamento, ma nemmeno era vietato.
Avrei fatto qualche salita di 6a e rimediato qualche punto ulteriore.
Nella Red zone, nessuno certo avrebbe avvertito la mia mancanza, ammesso che qualcuno si fosse accorto della mia assenza.
Transfuga nella Yellow zone
Arrivai nella Yellow zone un po’ di soppiatto, quasi facendo finta di niente e mi posizionai nei pressi dei percorsi di 6a già saliti al mattino.
Il mio pettorale rosso, unico in mezzo a tutti gli altri gialli, non poteva certo passare inosservato e vidi gli sguardi curiosi e interrogativi dei "non eccellenti" che non si potevano spiegare la mia presenza in quell’area.
Mi dedicai ad una pausa di defaticamento guardando attentamente le salite che si svolgevano nei pressi.
Si percepiva un’aria più rilassata rispetto a quella prevalente nella Red zone. Del resto qui non ci si giocava gran che: c’era sì la competizione, ma senza fobie, ossessioni e frenesia; non c’erano ingaggi, né contratti in palio.
Presi l’iniziativa avvicinandomi ad alcuni che apparivano particolarmente attivi e affiatati chiedendo se poteva interessare loro qualche salita di 6a: avrei "tirato" io e la cosa avrebbe comunque garantito un buon punticino sia a me sia a loro. L’accordo fu fatto ed io ripresi a macinare alcune salite, mentre i "non eccellenti" si intercambiavano nel seguirmi, a dire il vero anche sforzandosi di andare ai loro limiti per completare il percorso in modo che anch’io potessi aggiudicarmi il punto.
La voce si sparse presto ed io non ebbi più un momento di pausa fino a quando il suono della sirena pose fine alla prima sessione di gara ed i badge si disattivarono automaticamente.
Superato indenne il primo step
Al mattino seguente mi ripresentai per la fase di riscaldamento nella Yellow zone.
La sera precedente, subito dopo il termine della cena, erano state esposte le classifiche parziali della prima giornata di gara. C’erano atleti con punteggi stratosferici, poi a seguire scorsi con lo sguardo la classifica fino al fondo dove, già lo sapevo, avrei letto il mio nome.
Fui sorpreso del fatto che non fosse l’ultimo ed ebbi così la conferma che dunque i gregari c’erano stati veramente, però, avendo fatto solo sicura e le salite obbligatorie da assicurati, non avevano raggiunto il quorum fissato dal "Giudice Supremo" e dalla Commissione. Io al contrario, grazie ai punti delle salite di 6b, alle poche di 6c e a tutte quelle da un punto alla Yellow zone ero riuscito a sfuggire al "taglione".
Subito sotto il mio nome era stata tracciata una riga rossa ben evidente sotto la quale erano rimasti i nomi degli squalificati. Avevo centrato dunque il mio obiettivo: ultimo, ma regolarmente in gara.
La cosa mi aveva galvanizzato ed avevo dormito un sonno ristoratore.
La gara prosegue a ritmi serrati
Terminata la fase di riscaldamento ebbe inizio la seconda sessione di gare nella Red zone. Riuscii a completare qualche salita: quelle solite di 6b e le altre di 6c già fatte il giorno prima, ma mi resi subito conto che tutto si svolgeva con ritmi più rapidi rispetto al giorno prima. Così ben presto tutti sarebbero andati sui percorsi di 7 a/b/c e oltre, ma non me ne preoccupai. Sarei ritornato alla Yellow zone dove, del resto, avrei ritrovato i "non eccellenti" con i quali, in via precauzionale, avevo fissato l’appuntamento per la tarda mattinata.
L’esperienza mi era servita per mangiare la foglia per tempo: avevo evitato la squalifica, adesso era sufficiente arrampicare e basta. Era circolata, infatti, la solita voce bene informata comunicando che, eliminati i gregari, non ci sarebbero stati ulteriori squalifiche. Ero ultimo, ma avrei portato a termine la gara regolarmente; questo mi poteva bastare e avrebbe fatto contenti i responsabili della mia Associazione.
I "non eccellenti" ci prendono gusto
Appena ritornai alla Yellow zone mi accorsi dagli sguardi e dai cenni di saluto che qualcosa era cambiato rispetto al giorno prima. Evidentemente era circolata la voce e molti altri si erano ripromessi di arrampicare assieme al "pettorale rosso" sulle vie di 6a. La cosa non poteva che farmi piacere. Non avendo forzato eccessivamente nel primo giorno di gara ed avendo dormito di gusto, sulle ali dell’entusiasmo per la scampata squalifica, mi sentivo in condizioni di forma eccellenti e cominciai a macinare percorsi su percorsi, mentre gli assicuratori si intercambiavano diligentemente e regolarmente. Le salite poi erano sempre quelle per cui, avendole oramai memorizzate, riuscivo a salirle dando pure qualche utile consiglio e/o suggerimento a chi mi assicurava, la qual cosa consentiva a tutti di "spuntare" la salita e obliterare il badge guadagnando il punto relativo. Così anche la seconda giornata di gara trascorse intensamente e arrivai a cena al "self" decisamente soddisfatto.
Arriva il richiamo verbale
Al termine della cena venne un’hostess per informarmi che ero desiderato al tavolo della Commissione. La seguii fino ad arrivare di fronte al "Giudice Supremo". Mi fu fatto cenno di accomodarmi.
Fu subito chiaro che avevano qualcosa da comunicarmi, così, ma senza dirlo direttamente e apertamente, qualcuno si incaricò di farmi intendere che sì, non c’era clausola che vietasse di trasferirsi nella Yellow zone, tuttavia ciò non aveva un gran senso. A dire il vero traspariva chiaramente che il "Giudice Supremo" era molto scocciato di non avere fatto inserire esplicitamente tale divieto nel regolamento di gara, ma oramai per questa edizione non avrebbe più potuto sbattermi fuori.
Soprattutto, mi veniva chiesto anche se retoricamente, che senso potesse avere quel ripetere tutto il giorno i soliti itinerari di 6a, non rilevanti, dedicati al riscaldamento pre gara? Io risposi molto gentilmente, ma anche con fermezza, che mi rendevo conto della giustezza di quanto loro dicevano, ma che tuttavia, piuttosto di rimanere inoperoso nella Red zone, avevo preferito continuare a ripetere le salite, così anche solo per il piacere di arrampicare.
Poiché avevo superato indenne la fase delle squalifiche ci tenevo a portare a termine la gara, rappresentando meglio che avessi potuto la mia Associazione.
Vidi il disappunto sul volto di quella persona e dei collaboratori che avevano saputo prevedere tutto fuorché la voglia di qualcuno di arrampicare senza l’assillo delle difficoltà tecniche e a prescindere dal risultato.
Per quanto mi riguardava, avrei dovuto affrontare un solo giorno di gara e poi tutta quella storia sarebbe finita.
Ultima sessione di gare
Il mattino dopo mi ripresentai tranquillo al riscaldamento.
Ero in pace con la mia coscienza: le regole non le avevo stabilite io, alla gara ero stato iscritto d’ufficio da quelli della mia Associazione con l’obiettivo di fare il "portabandiera", compito che avevo assolto dignitosamente; nessuno poteva pretendere che mi ritirassi dalla gara solo perché palesemente non competitivo.
Dopo lo stress della prima giornata, evitata la squalifica, mi ero anche divertito ad arrampicare e, sinceramente, alla Yellow zone fra i "non eccellenti" mi ero sentito a mio agio. Avevo anche fatto un sacco di conoscenze con gente che non aveva solo il "numeretto" della difficoltà nella testa, ma aveva conservato almeno una parvenza di quello spirito che era stato principio ispiratore del vecchio Club Alpino, prima che lo sciogliessero per esaurimento della materia prima: cioè di alpinisti.
Molti fra i vecchi soci alpinisti avevano accettato a malincuore quel passaggio alla FederArrampicata e soltanto perché non erano rimaste alternative praticabili.
Quando si diventa "minoranza" occorre saper fare buon viso a cattivo gioco.
Del resto era inutile rivangare il passato.
L’arrampicata sportiva, nata da una costola dell’alpinismo, ne aveva preso il posto, fagocitandolo.
Conseguenza naturale dell’evolvere di una società dove tutto era stato programmato, facilitato, computerizzato e agevolato dalla tecnica. La disabitudine delle ultime generazioni alla fatica e ai disagi avevano completato il lavoro, così la montagna era diventata soltanto un museo per i naturalisti.
A quel punto volendo continuare la gara pensando unicamente a divertirmi, per quanto fosse possibile in quel contesto, avevo iniziato regolarmente l’ultima giornata di gare, anche se mi ero ripromesso di "resistere" il più possibile nella Red zone, come i maggiorenti mi avevano "caldamente" suggerito al termine del colloquio della sera precedente. Avevo stretto i denti, cercando di mettercela tutta, ma i limiti sono limiti e ad un certo momento mi ero ritrovato da solo, inoperoso, vicino alle obliteratrici dei percorsi di 6c. Era stato giocoforza ritornare nella Yellow zone e, superato il primo momento di disagio, mi ero lasciato prendere dal piacere dell’arrampicata.
Non è che si fosse formata una fila evidente di "non eccellenti" ad attendere di obliterare ed arrampicare assieme a me, tuttavia, appena finito un percorso con uno, ecco un altro già pronto. Non c’era bisogno di parole o di accordi espliciti: bastava un’occhiata o un gesto e via: io mi legavo ed obliteravo, l’altro prendeva la corda per fare sicura. Appena scendevo i ruoli si invertivano e così continuò fino al suono dell’ultima sirena. Alla sera, senza preavviso, ci fecero mangiare tutti assieme atleti di punta e "non eccellenti" e il dopo cena trascorse piacevolmente.
La giornata riservata agli sponsor
Sapevamo che la giornata, seguente la gara, sarebbe stata tutta impegnata da una serie di visite agli spazi espositivi di materiale tecnico in uno stand allestito dagli sponsor della manifestazione. Erano previste dimostrazioni del funzionamento degli ultimi ritrovati per l’assicurazione ventrale e per le calate in corda, oltre ai test su ogni tipo di scarpette d’arrampicata.
La commissione tecnica, intanto, avrebbe avuto il tempo di completare l’elaborazione delle classifiche, anche se la solita voce bene informata sosteneva che tutte le obliteratrici fossero collegate con un maxi cervellone elettronico in grado di elaborare la classifica in tempo reale. Di conseguenza la Commissione ci lasciava volutamente per una giornata intera "consegnati" agli sponsor: business is business.
Tutti notarono come fosse stata tacitamente abolita la divisione fra atleti di punta e "non eccellenti": anzi, questi ultimi erano particolarmente graditi e corteggiati ai banchi di vendita del materiale alpinistico. Ci lasciarono liberi soltanto quando fu ora di cena e tutti ci ritrovammo insieme nella grande sala del self service.
Almeno dopo cena non erano previsti impegni per cui la serata passò in allegria fra bicchieri di rosso e ricordi dei "bei tempi", quando ancora si andava ad arrampicare sulle montagne.
Il giorno delle premiazioni
Al mattino me la presi comoda, anche perché non ero granchè interessato alle classifiche, se non per quel poco di curiosità che potevano suscitare.
Per quanto mi riguardava la situazione non poteva essere cambiata e il mio nome sarebbe stato l’ultimo in fondo alla lista. Per me era una situazione nota: mi bastava ripensare a quando, un po’ più giovane, partecipavo alle gare di sci arrivando sistematicamente ultimo. Ci rimanevo un pò male, ma alla fine "metabolizzavo" e riuscivo a trarre stimoli per continuare. Così mi diressi con calma in direzione dell’Auditorium.
La mattina era bella e, dopo cinque giorni fra gare ed impegni obbligati, finalmente ero padrone del mio tempo.
C’era gente che già usciva dopo avere preso visione dei risultati.
Un gruppetto mi venne incontro sorridendo; erano alcuni dei "non eccellenti" con i quali avevo arrampicato e fraternizzato nei tre giorni di gara.
Mi si fecero intorno festanti: uno mi allungava la mano, l’altro mi dava una pacca sulla spalla, un altro ancora si complimentava, un altro voleva un "cinque".
Chiesi loro cosa stesse succedendo.
"Ma come, non sai ancora nulla?"
"Cosa dovrei sapere, scusate? Che sono arrivato ultimo nella gara?"
"Macchè. Quando quelli della Commissione sono andati a guardare i risultati per stilare le classifiche qualcuno ha fatto notare che eri stato quello che di gran lunga aveva fatto registrare il maggior numero di obliterazioni e con quasi tutti i partecipanti "non eccellenti" e giudicava ciò un fattore di merito che andasse messo in evidenza. Il "Giudice Supremo" per contro aveva sollevato una questione di "etica", o meglio di non rispetto dell’etica di gara, proponendo la squalifica per avere tu reiteratamente lasciato il campo di gara della Red zone, anche a fronte di un richiamo verbale. Ne è nata una discussione feroce, almeno così hanno raccontato i bene informati. La conclusione è stata salomonica e il male è stato diviso a metà".
Ancora non mi avevano detto nulla di cosa fosse successo realmente.
Siccome la curiosità era divenuta forte glielo chiesi esplicitamente.
"Sentite, cosa intendete dire con il male è stato diviso a metà?"
"Ma è semplice: hanno accontentato il "Giudice Supremo", che però in questo caso si è dimostrato non essere poi tanto "supremo", squalificandoti dalla gara e togliendo il tuo nome dalla classifica. Però hanno approvato l’istituzione di un premio speciale che mettesse in evidenza il fatto che hai arrampicato con moltissimi dei partecipanti alla manifestazione. Esclusi gli atleti di punta, gli altri li hai "obliterati" praticamente tutti".
Mi misi a ridere di gusto dicendo: "Ma dai, non ci posso credere!"
Il disappunto per la squalifica veniva di fatto mitigato dalla soddisfazione per il premio assegnato che mi sarebbe stato consegnato al termine del cerimoniale delle premiazioni della gara degli "eccellenti".
A quel punto non entrai nemmeno a guardare le classifiche e me ne andai direttamente al bar a festeggiare con gli amici.
La consegna della coppa
La cerimonia delle premiazioni fu effettuata con la massima enfatizzazione possibile.
Del resto il risultato tecnico era stato veramente quello auspicato e fortemente voluto.
L’idea delle obliteratrici collegate direttamente all’elaboratore e la conseguente abolizione dei giudici di gara aveva funzionato alla perfezione.
Il "Giudice Supremo" ed i suoi collaboratori della Commissione se ne presero, giustamente, tutti i meriti, avvallati dagli sponsor tecnici che erano così stati accontentati nelle loro richieste. Al termine di tutto il cerimoniale ufficiale, la premiazione a colui che aveva fatto registrare il maggior numero di obliterazioni fu una formalità celebrata senza troppo risalto come, del resto, era anche comprensibile in un contesto di quel genere.
La "vecchia anima" del Club Alpino aveva avuto con l’assegnazione di quel premio forse l’ultima piccola rivincita, valorizzando, come fu detto alla consegna, "chi, pur nell’ambito della competizione agonistica, aveva saputo non dimenticare i valori dei rapporti con le persone".
Avevo apprezzato quelle parole che, pur pronunciate con voluta pomposità, rispecchiavano perfettamente lo spirito con il quale avevo affrontato quell’inconsueta avventura. Per questo avevo alzato alta la coppa in modo che tutti i "non eccellenti" potessero vederla e condividessero con me quel fugace momento di soddisfazione.
Conclusioni
Così ora riguardo la coppa appena sistemata sulla mensola e rileggo quelle parole sulla targhetta che hanno un senso solo per chi ne conosce il significato e la storia: "Obliterato Master Cup".
Una coppa che non premia una gara vinta, come le poche altre che sono finite qua e là sparse per la casa come soprammobili.
Questa è diversa, per questo meritava una posizione di riguardo.
Non premia una prestazione, ma un modo di essere.
Gabriele Villa
Ferrara, 11 dicembre 2002