Rosso Africano

di Francesco Pompoli


Lontano sull’altipiano, 5.000 metri più in basso, spunta nella notte un fuoco che appare immenso.
Dapprima non capisco, poi prende la forma di una stretta falce di luna e si alza lentamente, mantenendo questo incredibile colore fiammeggiante.
Sopra la testa un tappeto intessuto di stelle con trama fittissima, disegni che a questa latitudine non riesco a riconoscere.
Arranco nella notte su questo ghiaione vulcanico, in silenzio.
Un passo avanti al precedente, interrotto ogni tanto da sguardi furtivi verso tanto splendore.
Sulla cresta finale, l’esplosione di colori dell’alba.
Il cielo, all’orizzonte, assume tutte le sfumature dell’arcobaleno… impossibile descriverle, impossibile non stupirsi anche per chi di albe nelle nostre alpi ne ha viste parecchie rimanendone ammaliato, impossibile non essere grati al mondo intero per trovarsi lì, in quel momento, a godere di tale bellezza.
Gli ultimi ghiacci africani, strani iceberg appoggiati sul suolo sassoso, virano lentamente dal blu notte al viola, poi al rosso e infine al verde.
Il sole spunta inondando l’orizzonte intero della sua tinta rosso sangue, in controluce una nuvola gioca sulla cima del Mawenzi regalandoci foto da cartolina.
Persino la roccia, i sassi, la ghiaia diventano color vinaccia, così come i compagni.
Mi pare di camminare in un sogno, tanto è forte l’irrealtà cromatica… il colore diventa quasi materia: il dolore, le lotte, il sangue di questo paese sembrano materializzarsi in quest’alba a ricordo di tanta sofferenza.
Ipnotizzato mi fermo, per imprimere per sempre nelle retine questo ricordo e provare a fermarlo con la mia vecchia reflex.
Rapidamente una luce intensa sostituisce questa magia, mentre noi in vetta festeggiamo la salita.
L’incantesimo è rotto, siamo di nuovo nella nostra realtà.
Qualche giorno ancora da turista in un povero paese straniero, e una vita da straniero nelle nostre assurde città.
Cercherò sempre nelle albe e nei tramonti un pizzico di quei colori e di quelle emozioni.
Viaggerò il mondo intero per riuscire a camminare un’altra volta in un sogno.

5 Aprile 2003

Francesco Pompoli