Col Duro di Cibiana, vestito di bianco e di verde

di Gabriele Villa


Sabato 23 marzo 2024: il Col Duro di Cibiana vestito di bianco.
E poi arriva il mese di marzo e quindi la primavera, ma tu sai che in montagna ha continuato a nevicare ad ogni temporale con transito di aria fredda, alternandosi al caldo di un anticiclone africano, con l'inevitabile "rialzo termico" che l'ha sciolta nelle zone a sud battute dal sole primaverile, però la voglia di montagna preme e tu ti prepari, ma si prepara anche il cattivo tempo che (oramai lo sanno tutti) ama transitare nei fine settima e, bontà sua, questa volta ha scelto proprio il sabato pomeriggio. Vabbè, si va lo stesso e sarà quel che sarà...
In queste condizioni, a fine marzo e in bassa quota dove hai intenzione di andare, lo zaino lo si prepara "per esclusione": niente ramponi che oramai di ghiaccio sui sentieri non se ne trova, scarponi pesanti invernali e niente scarponcini leggeri e bassi alla caviglia che nei tratti a nord e nelle zone in ombra con neve non darebbero sicurezza sufficiente, conferma dei bastoncini telescopici per le zone e i tratti innevati, indumenti di ricambio.

Guardando le scie di aereo e le nuvole in cielo durante il viaggio si vede che è in sintonia con le previsioni, si tratta solo di capire a che ora pioverà. Per la meta da scegliere si va per esclusione: no sopra i 2.000 metri perchè le condizioni sono ancora invernali, quindi da forcella Cibiana scendiamo a Quattro Tabià (1.475 metri) per  imboccare il sentiero del Col Duro, ovviamente senza l'intenzione di raggiungerlo, vuoi per la pioggia annunciata nel pomeriggio, vuoi perchè è assai improbabile che la traccia possa essere battuta essendo la cima in quota neve.

Con nostra sorpresa qualcosa di inaspettato troviamo, non una traccia, piuttosto impronte disordinate nella neve, probabilmente di due o al massimo tre persone, comunque risultano ugualmente di aiuto per la progressione.
Nelle zone in ombra la neve è più alta e permane anche quella fresca dell'ultima nevicata di pochi giorni prima, ma è sui corpi di valanga nei canaloni più grandi che c'è da usare qualche attenzione in più e la scelta degli scarponi invernali si rivela azzeccata. Incontriamo anche chi ci ha preceduto, una coppia giovane che ci dice di avere desistito senza essere arrivati nemmeno alla forcella di Valle Inferna. Proseguiamo ancora un poco anche se il cielo consiglierebbe di invertire la direzione ma accettiamo il rischio di una "lavata" e andiamo avanti.

Poco prima di un notevole corpo di valanga le tracce dei ragazzi si interrompono, mi spingo al di là dell'accumulo di neve a blocchi ma solo per una curiosità, la neve qui è più alta e il sentiero è di difficile individuazione, non proseguirei nemmeno se fosse bel tempo, apprezzando la decisione della coppia che ci ha preceduto.

Iniziamo il rientro e inizia un pioggia leggera ma continua, ce la prendiamo senza badarci troppo, solo la mia macchina fotografica accuserà il bagnato e andrà in corto circuito dopo avere scattato autonomamente una trentina di foto senza che io spingessi il pulsante di scatto. Solo rimuovendone la batteria troverà pace.
Arriviamo all'auto e accendiamo il riscaldamento a palla, il termometro segna una temperatura esterna di 3°C, alla faccia del secondo giorno di primavera, però il Col Duro ci ha regalato quattro ore di divertente escursione.        

Domenica 26 maggio 2024: il Col Duro di Cibiana vestito di verde.  
Sono trascorsi due mesi e due giorni e, nonostante il tempo altalenante, la neve se n'è andata almeno sotto alla linea dei 2.000 metri, il rifugio Remauro riapre dopo la chiusura post Pasqua, mentre il meteo per il fine settimana è "avaro" più che mai con un sabato pomeriggio di pioggia, però con sole pieno la domenica mattina con peggioramento a metà pomeriggio. Anche stavolta bisogna fare il programma calibrando meta e tempi di escursione e, come già altre volte, il Col Duro si propone come la soluzione ideale per realizzare i necessari compromessi, godere di una cima panoramica ed evitare un'altra possibile lavata da temporale.
Parcheggiata l'auto a Quattro Tabià (1.475 metri) ci incamminiamo per il sentiero 494 per forcella Valle Inferna.

Il sentiero è piacevole, anche panoramico e consente di vedere la cima che ci aspetta lassù a 2.023 metri.
Con poco più di tre chilometri si arriva alla forcella superando quasi trecento metri di dislivello senza quasi accorgersene, si lascia il 494 per virare a sinistra (ovest) per un sentiero non numerato.
Si risale la larga dorsale che separa lo Zoldano dal Cadore incontrando le evidenti tracce lasciate da Vaia i cui venti devastanti hanno sradicato e spezzato alberi risalendo il versante zoldano per sfogare oltre la cresta.

Questo è il tratto di sentiero che preferisco, più o meno facilmente riconoscibile in base alle stagioni in cui lo si percorre, magari con l'erba alta o con qualche nuovo albero sradicato che porta fuori dal terreno calpestato.
Succede che a volte lo si perda per un tratto ma tenendo la direzione poi lo si riprende con facilità.
Man mano che ci si alza di quota il panorama si apre e ci si rende conto di quali e quante montagne stupende si hanno intorno, pregustando il "360 gradi" che potremo ammirare sulla cima.

  

Arrivati ad un ampio slargo erboso, sul quale in stagione pascolano gli Yak, ci si accorge che la cima è alla nostra sinistra e anche che il sentiero è meno visibile; si attraversa il pratone e si va a cercare dei bolli rossi che ci riportino sulla traccia, dopo di che si trovano due o tre piante da scavalcare per arrivare alla dorsale che sale ora verso sud.

Risaliamo sul fianco di una valletta con qualche residuo di neve e arriviamo ad una antecima da cui si scende qualche decina di metri per poi risalire il tratto finale in mezzo ai rododendri (quando fioriscono a luglio e uno spettacolo nello spettacolo) e ai mughi che qui sono alti e ci avvolgono fino alla cima.

Quando, infine, il sentiero spiana e i mughi allentano il loro abbraccio ecco che gli occhi vanno letteralmente "a sbattere" contro il Pelmo e il "caregòn del Padreterno" appare in tutta la sua imponente magnificenza.
Non saprei dire se il Col Duro si trovi nel cuore delle Dolomiti, ma di sicuro c'è molto vicino di sicuro.

Moiazza e Civetta non sono molto discosti (ma si intravvede anche la Marmolada) mentre l'Antelao in quanto ad imponenza non sfigura nei confronti del Pelmo e domina sulla valle del Cadore.

Anche le montagne che non arrivano a 3.000 metri arricchiscono ugualmente il panorama tutt'intorno con il Sassolungo di Cibiana, gli Sfornioi, il Sasso di Bosconero, la Toanella. Uno spettacolo, detta con una sola parola.
Intanto è quasi arrivata l'una e le nuvole in cielo si stanno addensando quindi non indugiamo oltre e imbocchiamo il sentiero a ritroso per tornare a Quattro Tabià, ma senza dover correre e nemmeno "fuggire".

Alle tre del pomeriggio le nuvole sono grigio scuro ma non ancora minacciose, noi siamo già all'auto e oramai certi che l'unica acqua che prenderemo oggi non sarà quella che scende dal cielo ma quella della fontana di Ciamber alla quale riempiamo la borraccia prima di imboccare la strada che porta a Longarone e alla pianura.

Gabriele Villa
Col Duro di Cibiana, vestito di bianco e di verde
Cibiana, 23 marzo e 26 maggio 2024