Alla scoperta della Val Pramper

di Gabriele Villa


Quando si propone un'escursione sociale bisogna sempre farsi qualche domanda e sapersi dare delle risposte.
Prima domanda: andiamo in luogo famoso o in una zona meno conosciuta e/o poco frequentata?
La seconda potrebbe essere: andiamo a mescolarci ad un flusso turistico dentro zone "cartolina" o cerchiamo il contatto con l'ambiente e la naturalità?
Per dire: a ottobre dello scorso anno scegliemmo un luogo "cartolina" e andammo alla Croda da Lago, rifugio Palmieri, lago Federa, una zona meravigliosa, con ambienti vari e paesaggisticamente superlativa.
Quest'anno abbiamo scelto una zona meno conosciuta, meno frequentata turisticamente, forse un poco "periferica" rispetto a quello che qualcuno chiama il cuore delle Dolomiti, forse più rustica e, di sicuro, meno antropizzata.
Non è che ci siano risposte giuste o risposte sbagliate: sono scelte e alla fine quello che conta è l'approccio di chi accompagna e di chi è accompagnato, ovvero del "gruppo" che si forma al momento delle iscrizioni.
La mia personale impressione è legata alla sensazione che chi è venuto ad iscriversi ha fatto una scelta consapevole e quindi è entrato facilmente in sintonia con chi quella proposta l'aveva fatta.
Voglio dire che, personalmente, ho percepito da subito curiosità, e il formarsi di empatia in questo gruppetto di dodici persone che si sono incamminate su per la strada di Val Pramper dopo che le auto erano salite per la forestale da Forno di Zoldo per essere parcheggiate ai 1.200 metri di Pian de la Fopa. 

 

Abbiamo trovato il parcheggio ampliato a discapito di una fetta di bosco, ma è la (inevitabile) logica conseguenza dell'aumento della frequentazione turistica della valle, facilitata da un servizio navetta che funziona nei mesi di luglio e agosto. Per questo è consigliabile frequentare la valle nei mesi di giugno, settembre e ottobre.

Una volta constatato che il sottobosco è asciutto decidiamo, appena possibile, di lasciare la strada e seguire il sentiero che salendo nel bosco ci condurrà attraverso un percorso d'arte dedicato al ricordo di Vaia, la tempesta devastante di fine ottobre 2018 che ha procurato danni anche in queste zone. Si tratta di opere semplici, fantasiose, ed evocative di quei giorni di furia distruttrice di cui restano ancora evidenti tracce.

Il sentiero piega verso sinistra per poi uscire dal bosco ai margini dello slargo prativo di Pian de Palui. La visione è molto bucolica, erba e fiori di tutti i colori e le mucche tranquillamente al pascolo creano un'atmosfera forse anche troppo rilassante e la velocità della nostra escursione diminuisce a livelli "turistici".

Un bonario richiamo degli accompagnatori ricompatta il gruppetto e si continua più spediti, poi ci pensano un paio di guadi del torrente a riportare l'attenzione e la giusta concentrazione per non finire con i piedi nell'acqua.

A dire il vero quasi la metà del gruppo finisce con almeno un piede in acqua però il momento è stato più divertente che problematico, segue un tratto di sentiero ripido ma breve che conduce al piano prativo dove si trova malga Pramper a 1.540 metri di quota.

Ci concediamo una piccola sosta, poi riprendiamo la nostra camminata che via via diventerà escursione montana fino a portarci ai 1.940 metri della forcella Moschesin che collega il versante zoldano con quello agordino.           
La sagoma del monte Pramper si eleva sopra la conca prativa della malga, attirando l'attenzione.

Siamo stati fortunati con il meteo questa volta perchè la giornata perturbata è stata ieri, poi i fenomeni piovosi si sono esauriti e quindi le calde temperature dei giorni precedenti si sono mitigate e all'arrivo abbiamo trovato fresco. Ora però sono le ore più calde e noi ci muoviamo in un bosco rado, attraversiamo tratti di ghiaione senza vegetazione e più saliamo meno alberi ci sono, così i mughi prendono il sopravvento e, come tutti gli escursionisti oramai hanno imparato, non fanno ombra, piuttosto accumulano e trasmettono calore.

Oramai la Val Pramper è sotto di noi e il centro dell'orizzonte è occupato dalla sagoma dell'Antelao.
Il sentiero adesso sale con ampi zig zag a pendenza regolare segno evidente della sua realizzazione come mulattiera ai tempi della Prima Guerra Mondiale. Mentre armeggio con il cavalletto per scattare la foto di gruppo sopraggiunge una coppia di escursionisti dal versante agordino e lei gentilmente si offre di scattarci la foto.

Così abbiamo anche il ricordo della meta raggiunta, sono le quattordici ed è l'ora giusta per concederci la pausa pranzo nei pressi della casermetta di sassi bianchi e sotto le torri del Castello di Moschesin.

Ci concediamo tre quarti d'ora di riposo, di chiacchiere e procediamo pure alla riparazione con fascette da elettricista di una suola che si è scollata dallo scarpone. Siamo nei tempi prestabiliti anche se, avendo le nostre auto, il vincolo di orario è un concetto relativo.

Ero rimasto in coda per scattare un paio di foto e quando li ho raggiunti ho visto che erano fermi al bivio nei pressi di malga Pramper per chiedere se ero d'accordo di fare una deviazione per andare a prendere un caffè e concedersi una pausa. Sarebbe stato possibile dire di no davanti alla cortesia e buona educazione di questo gruppetto?
Poi c'è scappato anche l'acquisto di buon formaggio di malga prima di riprendere la via del fondo valle.

Abbiamo poi "scansato" gli ultimi due chilometri di strada forestale seguendo una deviazione segnalata, andando a vedere una piccola costruzione in legno nella quale bisogna chinarsi per entrare e ci si può stare solo seduti.  
Il sentiero prosegue poi nel bosco di faggi e, da ultimo, scende per arrivare al parcheggio auto dal quale eravamo partiti sette ore prima, non troppo stanchi e soddisfatti per la nostra escursione.    

Gabriele Villa
Alla scoperta della Val Pramper
(Escursione sociale del CAI Ferrara)
Sabato 24 giugno 2023

 


Una breve nota storica sulla Casermetta di forcella Moschesin

Si tratta di un forte difensivo della Grande Guerra collocato in prossimità di Forcella Moschesin, un valico alpino che divide il territorio Agordino dalla contigua Val di Zoldo, in Provincia di Belluno, Regione Veneto.

L’edificazione della Caserma Moschesin risale alla fine dell’Ottocento, quando all’acuirsi delle tensioni internazionali tra le superpotenze europee il Regno d’Italia giudicò saggio prepararsi a possibili invasioni da nord rafforzando i valichi alpini delle Dolomiti e delle Alpi, creando quella che diventerà famosa come la Linea Gialla.
La Casermetta costituiva, assieme ai vicini Forte della Tagliata di San Martino, alla Batteria Listolade e ad altre postazioni minori un fronte che mirava al rallentamento della possibile avanzata nemica verso la Pianura Padana.
Fu edificata nella strategica posizione dalla quale l’Esercito Italiano poteva avere il controllo sul transito di eventuali truppe sia dalla zona dell’Agordino sia dalla contigua Valle del Maè, ovvero la Val di Zoldo. L’edificio fu concluso nel 1912 e dotato di carrabile che ne permetteva agilmente il collegamento con la Val Pramper.
Com’è noto, le azioni belliche della Grande Guerra si fermarono nelle Dolomiti sul fronte immediatamente settentrionale, ovvero la linea che congiungeva la Marmolada al Lagazuoi e non raggiunsero mai la Casermetta di forcella Moschesin. Dopo due anni di spaventosa e sanguinosa guerra alpina, la drammatica Rotta di Caporetto sentenziò l’immediata ritirata dell’Esercito Italiano; per non lasciare le postazioni alpine nelle mani dell’invasore, l’edificio fu fatto saltare in aria, sorte che spettò anche al Forte della Tagliata e alla Batteria Listolade.
La detonazione ha comunque lasciato in piedi la struttura originaria del Forte di Forcella Moschesin; gli spessi muri, realizzati in pesanti blocchi di pietra e muratura, conserva ancora integro il piano terra e gli stanzoni originariamente presenti, che sono ancora visitabili.