La "Via Mala"

di Marco Pedretti


Ci sono antiche strade in Italia e in Svizzera che sono state chiamate popolarmente “Via Mala” e il motivo è semplicissimo, erano strade solitamente scavate all’interno di gole strette, addirittura di orridi e superavano o collegavano in modo ardito valli che altrimenti erano difficilmente raggiungibili.
La definizione Via Mala o via cattiva è appropriata perché, oltre a incutere timore nel percorrerla con la bella stagione, quando c’è brutto e piove diventa pericolosa per la caduta sassi e d’inverno, poi, si trasforma in una lastra di ghiaccio, perché l’acqua, sempre presente in ogni stagione all’interno della gola, si trasforma in stalattiti e stalagmiti collegando la parete sovrastante con il basolato della strada.
Percorrerle in quelle condizioni era veramente un’avventura, ma forse una “mala avventura”, perché poteva succedere un incidente in qualsiasi momento e i viandanti, i mercanti e i pellegrini, erano intimoriti e spaventati all’idea di dover passare per quei luoghi, ma non c’era altra scelta, soprattutto d’inverno, quando i passi più alti non erano percorribili per la troppa neve e il pericolo delle valanghe.

Poco a nord del Passo dello Spluga la “Veia Traversina” entra nella gola del Reno Posteriore e, nei secoli, è stata la strada più breve tra il nord e il sud delle Alpi nella zona ai confini tra i Grigioni Svizzeri e la Lombardia.
C’è un’altra Via Mala famosa, non tanto distante da quella precedente, si trova nelle Orobie Bresciane, nella valle di Scalve, dove scorre il torrente Dezzo che s’immette nell’Oglio poco a nord del Lago d’Iseo.

Domenica 22 Gennaio
Speravo ci fosse più freddo, vista la temperatura della settimana appena passata, ma la Bora che spirava stamani sulla costa adriatica e che aveva imbiancato tutte le Prealpi Venete, all’altezza del lago di Garda non faceva più sentire il suo freddo spiffero. Il cielo sereno sulle Orobie, l’assenza di vento e la bassa quota della Via Mala hanno reso gradevole il clima nel parcheggio, dove inizia il percorso.
L’orientamento della gola permette al sole, in questa stagione, di entrare e illuminare la strada dalle undici alle tredici, per questo motivo ero partito senza fretta alle otto e in quasi tre ore ero arrivato sul posto.
Contavo su questi fattori per percorrere la strada nelle condizioni ottimali d’illuminamento.



Sono indeciso se prendere i ramponi, alcune persone che stanno ritornando al parcheggio ne sono prive, comunque, nel dubbio, li metto dentro lo zaino, per quello che pesano.
La via Mala è una meta turistica, sia d’estate sia d’inverno e la vecchia casa cantoniera, che si trova tra le due gallerie della strada nuova, è stata trasformata in bar e ristoro per gli escursionisti e per i motociclisti.
Ne approfitto per prendere un caffè, prima di iniziare la passeggiata.
La gola del torrente Dezzo, oltre a essere spettacolare, è anche un libro aperto sulla geologia delle Orobie, e per questo motivo la via Mala è anche un percorso didattico cosicché, ogni tanto, cartelli con puntatori ottici inquadrano “fette” di montagna spiegando il significato di quelle strane pieghe della roccia.
Da uno di questi punti scopro che gli strati di roccia più alti sono più vecchi di quelli più bassi perché durante le varie ere geologiche si sono come ribaltati e il termine che identifica questa piega è “sinclinale”.
Superato l’ampio parcheggio assolato, due gallerie introducono nella parte più “spettacolare” della strada, scavata nella parete rocciosa e protetta, ora, dalla caduta sassi, da una struttura di ferro. In questo punto una passerella in vetro, a sbalzo sull’orrido, aiuta a percepire il vuoto sottostante e la bellezza della gola.



Il torrente è circa cento di metri sotto la strada e ha scavato una forra larga poche decine di metri buia e sinuosa. C’è poca acqua che scorre in fondo alla gola, ma il taglio nelle pareti è così netto che si può solo immaginare quanta ne sia passata nelle varie ere geologiche per renderla così.
La vecchia via Mala ogni tanto si trova a lambire la nuova strada in corrispondenza delle prese di luce tra le gallerie, cosicché in caso di emergenza si può rientrare al parcheggio in sicurezza. Nel secondo tratto della via Mala, più stretto, la strada è scavata tutta nella roccia e protetta da un ampio cornicione.
Assomiglia molto alla strada del Ponale nel tratto che si affaccia sul lago di Garda subito dopo Riva, solo che qui, nella gola, l’abbondanza di acqua e il freddo forma centinaia di ghiaccioli di ogni dimensione che penzolano dalla volta e in certi casi si saldano con il ghiaccio della strada formando cascate che arrivano fino in fondo alla gola.
Il sole, come avevo previsto, illumina la gola e la strada, ma provoca anche, vista la temperatura mite, anche il repentino scioglimento del ghiaccio.

Indosso i ramponi perché il fondo sembra di vetro e credo che, senza questi appigli, sentirei il passo meno sicuro.
Mi tengo nella parte più protetta della strada verso la montagna, ogni tanto mi affaccio per vedere il fondo della gola. Le pareti di fronte sono all’ombra e colate di ghiaccio scendono dalla montagna come lingue biancastre.
Peccato che la temperatura sia già sopra lo zero perché il ghiaccio comincia a sciogliersi in fretta man mano il sole illumina anche le pareti prima in ombra.
Superato il tratto scavato nella roccia, vedo sul bordo della strada un’edicola, non c’è nulla dentro, ma probabilmente un tempo era qui che i viandanti, salendo, ringraziavano il cielo di avere passato la gola indenni oppure pregavano prima di affrontarla in discesa.
D’improvviso sento come il fragore di vetri rotti e vedo che, cinquanta metri alle mie spalle, un enorme blocco di ghiaccio si è staccato dalla parete sopra la strada e cadendo ha trascinato con sé anche altri blocchi prima attaccati sulla parete della gola sotto la strada. Capisco che è meglio rientrare stando attento a non passare sotto i ghiaccioli più grandi, che cominciano a gocciolare copiosamente.
Superato il punto critico, mi tolgo i ramponi e rientro al parcheggio.
Mi aspetta, al bar-ristoro dell’ex-casa cantoniera, il piatto del giorno: casoncelli bergamaschi.

PS
Essendo stata, quella nella gola, una passeggiata breve, decido continuare a esplorare la zona.
Mi piacerebbe andare a vedere i ruderi della diga di Gleno, ma forse è troppo tardi, così opto per il Passo della Presolana, dove so che c’è il “Salto degli Sposi”.

Arrivato al Passo, in pochi minuti raggiungo il punto panoramico conosciuto e indicato come il “Salto degli Sposi”. La piazzola panoramica si affaccia verso Est sulla gola e la valle di Scalve, dov’ero poche ore prima e di fronte sulle cime della val Camonica, mentre a Nord la cima della Presolana incombe sul Passo e verso Sud invece si aprono le valli con il Lago di Endine e Iseo.
Rimango a contemplare il paesaggio mentre faccio qualche foto, c’è ancora una bella luce e non vorrei che finisse così la giornata ma, purtroppo, devo tornare perché sono ancora lontano e c’è tanta strada per arrivare a casa.

Marco Pedretti
La "Via Mala"
Valle di Scalve (Orobie) gennaio 2023