Il Monte Brione

di Marco Pedretti


Quante volte, passando a nord del lago di Garda, nell’andare in Val Rendena o verso il lago di Ledro, ci sono passato sotto e girato attorno, oppure l’ho affiancato percorrendo la pista ciclabile del fiume Sarca che sale attraverso le Marocche di Drò fino ai laghi di Toblino, Massenza e Cavedine.
Tutte le volte nel passare in zona mi sono proposto che, alla fine, ci sarei salito sopra, rimandando però alla stagione autunnale, quella che ha le giornate sempre più corte, più stabili e con i colori accesi del foliage.
Alla fine del mese di novembre ho trovato le condizioni ideali.

Sapevo che sul monte Brione sono installati numerosi forti che nella Prima Guerra Mondiale, controllavano il fronte sud della valle del Sarca e del Trentino verso il lago di Garda, oltre a essere anche un bel balcone panoramico sul Lago. Ho avuto la fortuna, non essendoci più turisti, di trovare parcheggio immediatamente dopo la galleria che passa sotto il Monte. Il sentiero, infatti, parte proprio da lì, presso il forte San Nicolò che controllava l’accesso navale al porto di Riva del Garda.


Il monte Brione, se si guarda da lontano, sembra un cuneo, una bietta piantata in fondo al Lago di Garda come a decretarne la fine. Un cuneo che ha il versante ovest dolcemente inclinato e boscoso e il lato est verticale e roccioso. Ci sono due percorsi che salgono sul Monte, il principale, asfaltato e ciclabile sul lato ovest, e l’altro pedonale a gradoni sul lato est, che costeggia la falesia a precipizio verso Torbole.
Imboccato il sentiero a gradoni, dopo pochi metri, ci si affaccia subito verso il lago.


Alcune terrazze con panchine offrono riposo e affacci sempre più panoramici verso Nago e il Passo di San Giovanni a est. Il fiume Sarca corre lì sotto e un cartello spiega, come nel tempo, ha cambiato il percorso della sua immissione nel lago. Dopo poco s’incontra il Forte Garda, il secondo della serie; è un forte “moderno” con cupole corazzate quasi invisibile da est, molto grande e che si spinge con gallerie dentro la montagna.
Purtroppo in questa stagione è chiuso vorrà dire che rimanderò la vista interna un’altra volta, quando ripasserò in zona. Comunque l’aspetto da fuori del forte da un’idea della sua importanza e le tabelle spiegano, con foto d’epoca, com’era. Proseguo lungo il sentiero a gradoni con panorami sempre più ampi, sia verso sud e il lago, sia verso nord, dove la rocca e il castello di Arco si stagliano sullo sfondo delle marocche.

Arrivo al forte di Mezzo, quasi in cima al Monte Brione; è un bel forte massiccio e spicca la pietra grigia con cui è stato costruito. Il forte è meno moderno di quello sottostante, anche se era dotato di quattro mortai, rivolti sempre verso est, non è in calcestruzzo, ma costruito in blocchi di granito provenienti dal Massiccio dell’Adamello e dal Passo del Tonale che, anche se di grandi dimensioni, forse andavano bene per le cannonate ottocentesche, ma non per i grandi calibri che poi furono usati nella prima guerra mondiale.
La copertura del forte è piatta ed è una terrazza panoramica su tutta la zona.  
Qualche passo più avanti lungo il sentiero di cresta e si arriva alla croce, dove un tempo forse c’era una postazione di artiglieria in barbetta. Il sentiero si ferma poco più avanti della croce, dove ci sono delle antenne e dei ripetitori protetti da una recinzione.

Torno al forte di Mezzo e decido di rientrare per la strada di servizio ai forti e ora ai ripetitori.
La strada è dolce e corre tra terrazzamenti coltivati a ulivo, a un bivio faccio una deviazione per vedere l’ultimo forte verso nord, il cartello dice quindici minuti per il forte Sant’Alessandro o Campedell.
Purtroppo il forte è in pessime condizioni sono rimasti solo tracce e ruderi ormai invasi dalle erbacce.
Dal punto di vista storico è quello più vecchio e fu usato solo come polveriera e come collegamento radio per gli altri forti essendo, dal punto di vista altimetrico, quello più elevato.

Mi affaccio verso nord e vedo il corso del fiume che risale la valle, il castello di Arco con il paese ai suoi piedi, le marocche di Drò che contengono il lago di Cavedine e il monte Brento da cui le marocche si sono probabilmente staccate bloccando la valle come una diga.

Decido di rientrare per la strada, anche se più lunga è tranquilla, passeggiando tra i terrazzamenti di ulivo e boschetti di quercia dai colori sgargianti, ma soprattutto lo faccio per evitare i gradoni che all’andata ho fatto in salita ma che in discesa sono molto alti e metterebbero a dura prova le caviglie e la schiena anche dei più allenati.

Marco Pedretti
Il Monte Brione
Ferrara, dicembre 2022