Alla ricerca dell'acqua perduta

di Rifugio Pietro Galassi città di Mestre

 


Arriva?
Non ancora, forse i tubi sono ancora ghiacciati.
Arriva?
Aspetta forse ... un po', eccola!
Arriva!
L'acqua è in rifugio!
Qual è il valore di avere l'acqua in rifugio?
Poter aprire il rubinetto, un gesto banale, quotidiano, su cui dovremmo riflettere più spesso.

L'acqua al Rifugio Galassi prima di arrivare al rubinetto della cucina o del bagno fa un percorso di tempo e di spazio. Comincia il suo sentiero molti mesi prima di quella mattina in cui ti accingi ad aprire, senza pensare, il rubinetto della doccia.
Comincia con le nevicate di novembre, in quelle giornate di poca luce e tanto freddo.
Si incunea tra gli anfratti dello Scoter, si compatta.
Si fa ghiaccio superficiale.
Si consolida.
Scivola, a volte con violenza.
Riempie i nascosti serbatoi naturali delle Dolomiti fino ad arrivare alla sorgente.

La sorgente, un punto di contatto tra gli uomini e la montagna!
Dalla sorgente, per farla arrivare al rifugio, sono più di seicento metri di tubi con una pendenza di poco inferiore ai cinque metri!
Niente.
Basta un niente per creare una bolla d’aria.
Questo impone ai gestori due o tre passeggiate giornaliere alla sorgente per verificare il flusso d’acqua.

L’acqua però non arriva subito in Rifugio, si accumula sulle cisterne a valle e con una pompa idraulica viene pompata per altri duecento metri verso le vasche a monte dove finalmente può, per naturale caduta, raggiungere il fatidico rubinetto della doccia.
Ecco, quando aprite quel rubinetto, pensate, per un momento, a quanto lavoro dei gestori è stato necessario per vedere l’acqua scorrere.
Ma soprattutto quanta strada ha fatto quell’acqua e quante le possibili variabili o criticità possono esserci in quel percorso. Girare il rubinetto e vedere l’acqua scorrere è un bene prezioso che dobbiamo proteggere e conservare.

Rifugio Pietro Galassi città di Mestre
da Facebook 23 aprile 2022