Sul campanile con i "Befani"

di Gabriele Villa


Ma che giornata è questa dell'Epifania, siamo sicuri che sia proprio il 6 gennaio?
Arrivo sul piazzale della chiesa di Pontelagoscuro, inondato di sole e senza il minimo refolo di aria, trovo David (Zappaterra) indaffarato a preparare il materiale da arrampicata dentro lo zaino, anche se oggi saranno manovre, calate a corda e discese in corda doppia.
Quest'anno ci siamo organizzati solo negli ultimi giorni, sentendoci telefonicamente e pure in ordine sparso.    
Arriva sul piazzale con l'auto anche Stefano (Spagnolo), gli diamo indicazioni per parcheggiare; ci sarò anche Lorenzo (Michelini), ma ha detto che arriverà un po' più tardi, però entro mattina.
Quest'anno nemmeno una ragazza, e chi vestirà i panni della Befana?
Sarà uno dei tre, per forza di cose, ma... tutti e tre hanno la barba lunga, stiamo freschi... 
L'anno passato erano state tre ragazze (Giulia, Monica e Federica), questo sarà l'anno dei "Befani".

Recuperate le chiavi della porta del campanile ci portiamo nella cella campanaria portando con noi quattro corde.
Ancora una volta si ripete il rituale della predisposizione dell'ancoraggio di calata e, sembra incredibile per gente abituata ad arrampicare in esposizione, il sovradimensionamento che mettiamo in opera.
Non che in montagna si sia degli spericolati, ma di certo quando siamo in parete siamo tutti più rilassati rispetto a qui, sul campanile di Pontelagoscuro, a poco più di trenta metri dal piano stradale. 

Finalmente il punto di calata è ultimato con la soddisfazione di tutti e la convinzione che "se anche venisse il terremoto, il campanile non potrebbe crollare perchè lo abbiamo ancorato bene...".
Faremo una prima prova di calata nella quale sarà David a calare Stefano, in presenza di Lorenzo, mentre io scenderò a fare qualche fotografia sia alla calata che alle corde doppie successive che in ragazzi faranno per provare e anche per divertimento personale. Sulla piazza si sta davvero bene e al sole è uno spasso, mentre la metà piazza che rimane all'ombra tutta la mattina è ancora bianca per la ricopertura di un velo di brina, sottile ma assolutamente uniforme.

Oramai i ruoli si sono delineati per la manifestazione del pomeriggio: Stefano scenderà in corda doppia facendo da "apripista" alla Befana che sarà interpretata da Lorenzo, il quale scende facendo la prova dei fumogeni che ha acquistato per migliorare la scenografia, con David nel ruolo di "manovratore" delle corde. So che gli dispiacerà non essere lui nei panni della "vecchina", ma dopo otto anni da quando abbiamo iniziato questa collaborazione, per la prima volta non voglio perdermi l'occasione di vedere lo spettacolo dalla piazza. 

Ci ritroviamo sulla piazza nel pomeriggio, mentre fervono i lavori del comitato organizzatore della Parrocchia di Pontelagoscuro per la preparazione del "centro ristoro" spettatori, il posizionamento apparecchiature microfoniche, luci e proiettore di fascio luminoso per inquadrare la befana durante la discesa che avverrà con  il calare del buio.
Don Silvano ci farà attendere fino alle sei, quando i fedeli saranno usciti al termine della Messa e la piazza sarà zeppa di bambini con i loro genitori e altri che, saputo della manifestazione, e verranno a curiosare.

Arriva anche qualche amico arrampicatore, e pure Giulia (la Befana 2019) che offre spontaneamente una consulenza nella vestizione di Lorenzo che intanto se la ride allegramente e... fa vedere la gamba.

L'immancabile selfie prima che Don Silvano dia il via all'inizio della rappresentazione e ... grazie a Facebook che consente di avere anche queste immagini dei dietro le quinte per arricchire la cronaca.
Quando il "Don" prende il microfono in mano per iniziare il commento, il tempo pare iniziare a scorrere più veloce. 

Lorenzo nell'attesa accende un fumogeno luminoso la cui luce rossa si staglia sopra l'albero stilizzato, poi scende in corda doppia Stefano, l'apripista, tutti gli occhi sono puntati su di lui e il cerchio di luce che parte dalla piazza. 

E finalmente eccola, chiamata a gran voce da tutti i bambini, spronati da Don Silvano che in quei momenti sembra tornare bambino pure lui e sottolinea le evoluzioni della "vecchietta" che appare molto arzilla e vivace.
La discesa verso metà campanile rallenta, perfino troppo, ma so per esperienza che ad un certo punto chi sta calando non riesce a capire di quanto sia scesa la Befana e nemmeno percepisce l'umore della piazza, ma non è un problema questo, che la discesa dure cinque minuti piuttosto che quattro non fa differenza sullo spettacolo.

All'arrivo a terra della Befana la piazza presenta un bel colpo d'occhio, atmosfera divertita e mentre gli adulti chiacchierano, i piccoli vanno a "pressare" a ridosso dei cesti che la befana ha portato scendendo dal campanile.

I ragazzi intanto sono scesi dalla cella campanaria e, a loro volta, aiutano nella distribuzione dei dolciumi indossando ancora l'imbragatura e il casco. Le ceste si svuotano e i bambini si placano. Ora inizierà la parte finale: il rito del rogo del "vecchione", un incendio propiziatorio di antica tradizione e lì si sposterà l'attenzione di tutti.

Probabilmente, in tanti nemmeno si erano accorti di quel carretto con sopra una sagoma a sembianze umane con tanto di cappellone in testa; ora diventerà il protagonista del finale della festa, non appena i "fuochisti" avranno finito di appiccare ordinatamente il fuoco su tutti i lati della sagoma. Don Silvano invita tutti a guardare in silenzio, a godere di quella presenza calda alla quale l'uomo di città si è disabituato, perdendone il contatto diretto.

Ha ragione, Don Silvano, mentre ricorda le famiglie di una volta, raccolte davanti al camino acceso e vicino al caldo del fuoco di legna, così nelle case di campagna in pianura come in quelle di montagna, nelle quali il "larìn" ne rappresentava il cuore e il luogo di riunione della famiglia, ma anche dei vicini di casa per il cosiddetto filò. 
Quindi non mi meraviglia vedere tutte le persone in piazza affascinate, come calamitate, da quel fuoco e penso che sono un fortunato perchè la mia passione per la montagna ha continuato a tenermi in contatto, anche fisico, con il fuoco per tanti anni.
Un tempo erano i falò accesi durante i bivacchi improvvisati in baite abbandonate, o davanti al camino "vero" nella baita di un amico presso il lago di Calaita, o ancora oggi, magari con le stufe prodigiose di malga Sorgazza, o dell'alberghetto La Ritonda in val Canali o del rifugio Remauro a forcella Cibiana.
A questi ricordi mi ha portato il calore del vecchione di Pontelagoscuro e sento che la mia voglia di "fuoco", come di montagna, ancora non è finita.

Gabriele Villa
Sul campanile con i "Befani"
Pontelagoscuro (Ferrara) 6 gennaio 2020