Siamo stati a un "evento" ... al Triol del Camillo, in Val di Zoldo 

di Gabriele Villa


Sui cosiddetti "social media", come Facebook, è abbastanza facile creare un "evento": si indica il luogo, l'ora di ritrovo e si racconta sinteticamente in cosa consiste l'oggetto dell'invito, di solito è una festa, una serata di proiezioni di film, magari un "apericena", in generale occasioni di divertimento, o quantomeno di svago.
Questo non era propriamente organizzato come "evento", ma era tuttavia un invito ben definito che recitava:
"CERCASI VOLONTARI - RIPRISTINO TRIOL DEL CAMILLO - A tutti gli amici che in questi giorni ci hanno scritto per segnalarci la loro disponibilità e a tutte le persone pronte a dare una mano, diamo appuntamento per SABATO 17 NOVEMBRE alla partenza del sentiero 491 -Triol del Camillo (parcheggio ex hotel Corinna) alle ore 8:00.
Per coloro che hanno maggiore esperienza con gli attrezzi da lavoro, (seghetti, motoseghe, roncole), chiediamo di poter aiutare con quelli che hanno a loro disposizione. Grazie per tutto il vostro importante sostegno
."
E' sufficiente che un tuo amico di Facebook lo condivida e tu ne vieni automaticamente a conoscenza, come è successo a me; se poi l'invito arriva dalla Val di Zoldo e l'amico si chiama Pompeo De Pellegrin allora basta cliccare il riquadrino giusto e il gioco è fatto: "mi interessa". Ho voluto provare ad estendere l'invito (a voce) a qualche mio amico che sapevo essere stato colpito dagli eventi alluvionali di fine ottobre e dalla devastazione dei boschi dolomitici e così, anche se invitare qualcuno a faticare nel bosco parrebbe una assurdità, ecco presto composto l'equipaggio pronto per recarsi all'improbabile "evento": il ripristino del Triol del Camillo, presso Forno di Zoldo.  

Sabato 17 novembre, ore 4:50, la sveglia gracida vicino al letto, mi alzo senza indugio, segue colazione veloce ma sostanziosa, scendo in strada, carico in auto la borsa degli attrezzi e lo zaino e via verso l'appuntamento. Ore 5:25 sono a Piazzale Dante (luogo di partenza abituale delle gite CAI  Ferrara) e vedo tre figure nel buio: Giordano, Maurizio e Mauro sono già lì. Sembrano pimpanti: è pur sempre un'avventura inedita per dei cittadini.  

Il viaggio è senza problemi, vediamo l'alba nelle vicinanze di Venezia, poi puntiamo verso nord, rinunciamo anche alla pausa caffè e così arriviamo tra i primi, alle 7:50 davanti all'ex albergo Corinna. Ci raccordiamo con Pompeo.

La temperatura è sotto lo zero, come da previsioni, ma la giornata sarà serena e nell'aria si percepisce energia. Penso che gli organizzatori non si aspettassero una adesione così numerosa: saremo una cinquantina e parecchi sono giovani. Sarà possibile formare due gruppi, forse anche tre, in modo da raggiungere le due estremità del sentiero e venirsi incontro. Varie auto partono per andare verso il Bosconero e da lì portarsi alla casèra del Fagarè per cominciare il lavoro di ripristino, il gruppo che rimane (cioè il nostro) andrà poco lontano, poco più di duecento metri, all'imbocco del sentiero e sarà subito operativo. E' passato un quarto d'ora dal momento del ritrovo. 

Troviamo un bivio dopo poco e il gruppo si suddivide, noi quattro ferraresi rimaniamo con Pompeo e prendiamo la traccia che sale verso l'alto in direzione di casèra de Castelin; entrano in funzione le motoseghe perchè è pieno di alberi riversi sul sentiero e subito tutti trovano da lavorare: chi aiuta l'operatore nel taglio dei tronchi riversi, chi rimuove rami e legni dal sentiero, chi elimina i rami tagliati dai tronchi da rimuovere, chi rifinisce togliendo dal sentiero tutto ciò che può essere di ostacolo o di intralcio ai futuri escursionisti.

Il sottofondo di questo appassionato lavoro è il rumore di varie motoseghe che provengono dalla boscaglia; qualcuno ci scherza su evocando "il canto delle motoseghe", facendo il verso al titolo di un libro di Mauro Corona. Non è propriamente un canto, pare piuttosto un brontolare rabbioso, la voglia di procedere sul sentiero rimuovendo gli ostacoli formati da questi tronchi rovesciati senza una logica, ma con violenza e disordinata casualità.

Quando il gruppo operativo è passato un minimo di ordine, o almeno di "logica" lo si vede e l'umore si risolleva. Rimane la vista di un bosco traumatizzato, ma la traccia del sentiero è riconoscibile e anche ordinata.
Il gruppo si fraziona ulteriormente in modo che tutte le motoseghe lavorino senza attese e i volontari che seguono abbiano cascami e tronchi da rimuovere e impilare a fianco del sentiero. Bisogna dire che per essere un gruppo improvvisato e senza gerarchie prestabilite, le cose funzionano con efficacia e buoni risultati.
Così si procede e senza che ci si accorga entriamo in un vallone nel quale le cose cambiano repentinamente. Appare evidente che qui il vento violento si è incanalato facendo danni ben maggiori rispetto al tratto iniziale.

Qui senza la motosega non si andrebbe avanti e nei punti in cui le piante si sono accatastate, sovrapposte, incrociate tra loro, diventa un corpo a corpo, anche perchè varie piante sono appoggiate su tratti ripidi e qualche volta si spostano dopo un taglio o fanno pressioni che bloccano la motosega finendo per provocarne lo spegnimento. Ci si aiuta, ci si consiglia, si inventano leve con quel che si ha a disposizione, si spacca il manico di un "zapìn", però dopo verrà utile come cuneo, si improvvisa, con energia e grande volontà.

Due o tre ragazze non si rassegnano a restare inoperose e allora vanno a vedere cosa succede negli altri gruppi di lavoro, portando informazioni e facendo da collegamento e raccordo. Tutto può diventare utile, anche accorgersi di una pianta inclinata che sta sopra il sentiero e minaccia di cadere su chi sta lavorando sotto.

Intanto è arrivato il sole a farci visita e sono oramai due ore e mezza che si lavora alacremente. Arriva la notizia che il gruppo che sta davanti è costretto ad una deviazione dal sentiero a causa di un accatastamento di alberi invalicabile. Il rumore delle motoseghe torna a farsi rabbioso, insistito, la sfida per passare riprende slancio.

Dietro a noi il sentiero adesso è ben visibile e sgombro, davanti a noi ... un groviglio di alberi e ceppaie divelte.

Il gruppo però oramai è lanciato, i ruoli al suo interno si sono delineati con spontaneità: chi fa da aiuto e assistenza al taglio con la motosega, chi sposta i pezzi tagliati e libera il passaggio dai rami, chi rifinisce il lavoro con gli strumenti che ha portato da casa. Sembra un gruppo organizzato, non un insieme di volontari arrivati lì da diverse parti del Veneto (noi quattro addirittura dall'Emilia-Romagna) senza forse nemmeno avere una reale percezione di cosa avrebbe trovato sul posto, se non sulla base di fotografie viste in internet o tramite i social. 

Il risultato però è più che buono e quando la deviazione ci porta a congiungerci con il sentiero aperto da un altro gruppo ci rendiamo conto che, pur nel disastro ambientale circostante, la traccia del sentiero è ben percorribile. 
Il raggiungimento dell'obiettivo pare delinearsi, ma non sappiamo ancora nulla dei gruppi che sono andati ad iniziare il lavoro all'altro capo del sentiero, nella zona della casèra del Fagarè, verso la valle del Bosconero.

Facciamo lavoro di rifinitura e sgombero cascami, avvicinandoci al grosso del gruppo che sta aprendo la traccia.

Non tardiamo molto a raggiungerli perchè si sono imbattuti in un altro ammasso di tronchi e le motoseghe sono tornare a rombare. L'ingaggio è notevole e nessuno ha portato cunei per tenere aperti i tagli in corso d'opera.

Così viene buono anche il zapìn con il manico rotto, utilizzato come cuneo, per avere ragione dell'ostacolo.
 

Il varco finalmente è aperto e il tiepido sole, unito ad una piccola radura, ci invita a una pausa pranzo. Sono passate quattro ore e ancora nessuno si è fermato un momento. Ci concediamo una foto assieme all'amico Pompeo De Pellegrin e poi ci sediamo a mangiare ciò che ci siamo portati nello zaino sulla schiena dal mattino presto. 

Dopo nemmeno quindici minuti siamo già all'opera e poco dopo arriva un ragazzo che ci ragguaglia sulla situazione del sentiero alto che passo sotto al Castelaz, meno danneggiato rispetto a questo in cui abbiamo lavorato.
Siamo oramai nei pressi della strada forestale dove è stato deciso che finirà il nostro intervento, dal momento che sulla forestale potranno muoversi mezzi ben più efficaci e anche i trattori con rimorchio per portare via il legname.

Adesso tutti i volontari che hanno operato in questa zona sono insieme, la strada forestale è poco sopra ed è il nostro traguardo di giornata, oramai quasi raggiunto. Restano gli ultimi tagli e poi torneremo verso valle.

Ultimi tagli a liberare la traccia, qualcuno si ricorda che non ha ancora mangiato, altri rimettono in ordine gli attrezzi sparpagliati in giro, infine uno richiama tutti in maniera perentoria: "dobbiamo fare una foto tutti assieme!".

Credo che nella richiesta di quella foto di gruppo ci fosse la consapevolezza che serviva un ricordo tangibile di una giornata che si stava rivelando, per certi versi, se non "storica" quanto meno molto importante, significativa.
Più o meno la consapevolezza che avevo avuto io fin dal nostro arrivo, di documentare questo slancio collettivo per il recupero del Triol del Camillo e testimoniarlo con le foto e forse anche con un racconto a futura memoria. 

Il Castelaz dall'alto osserva le formichine umane che sono venute a mettere un pochino d'ordine nel bosco che sta sotto le sue pendici rocciose, mentre il gruppo inizia la discesa seguendo la traccia che sembra attraversare un campo di battaglia, e forse lo è davvero, le vittime sono gli alberi abbattuti dalla furia del ciclone.
Arrivati ad incrociare il sentiero basso, c'è il commiato tra chi rientra verso casa e chi, seguendo la proposta di Pompeo, decide di andare verso la casèra del Fagarè, così si potrà vedere il lavoro svolto su tutto il sentiero.

Non si può certo dire che non abbiano lavorato bene, ma qui siamo in costa e il vento non è riuscito a fare abbattimento massiccio come nel vallone dove eravamo noi. Incontriamo un primo gruppo che sta rientrando, ci si scambia qualche informazione e ci si saluta: noto che tutti ringraziano tutti.

Poco più avanti incontriamo un secondo gruppo; vediamo che anche su questo versante ci sono stati parecchi abbattimenti di piante, forse il sentiero è diventato un po' più panoramico e si vede bene il gruppo di Bosconero.

In un'oretta di cammino veloce siamo alla casèra del Fagarè e ci godiamo il sole che entra dalla forcella tra Col Marsang e il gruppo degli Spiz di Mezzodì. Si chiacchiera e ci si scambiano esperienze e ricordi personali.
Trascorre così una mezzoretta piacevole, poi il sole si nasconde dietro le montagne e noi torniamo sui nostri passi.

Rientriamo al punto di partenza e accettiamo l'invito di trovarci al Bar Centrale di Forno di Zoldo per una bicchierata prima di salutarci e rientrare verso casa. Qualcuno è già partito, ma parecchi sono lì a scambiare le ultime chiacchiere di giornata, in un clima allegro e di soddisfazione. Un caffè è quel che ci vuole, poi decidiamo che è meglio approfittare della mezzora di luce che rimane per discendere la Val di Zoldo fino a Longarone. Ancora una volta tutti ringraziano tutti: i locali ringraziano i volontari venuti da lontano a dare una mano a recuperare una piccola parte dei propri boschi danneggiati, i volontari ringraziano dell'invito ricevuto, contenti di avere potuto rendersi utili nel recuperare un sentiero che continuerò a regalare gioia e panorami a chi lo percorrerà nel prossima bella stagione. Gli amanti della montagna rimangono degli inguaribili romantici, in controtendenza con i tempi attuali, ma forse è proprio questo che ha reso e renderà "memorabile" la giornata per chi l'ha vissuta e condivisa.

Ora possiamo davvero partire verso la pianura; ci rimarranno negli occhi gli alberi sradicati e abbattuti, quelli spezzati dalla forza del vento, le ceppaie divelte, il sentiero danneggiato, ma noi ci sforzeremo di tenere negli occhi i colori del tramonto che abbiamo osservato rientrando a fine giornata. Arrivederci Val di Zoldo e ... ancora grazie!

Gabriele Villa 
Siamo stati a un "evento" ... al Triol del Camillo, in Val di Zoldo 
Forno di Zoldo, sabato 17 novembre 2018