Con le ciaspole ... in fuga dal Burian
di Gabriele Villa
Gli
antefatti. Avevo passato tutta la settimana a scaricare bollettini meteo, valutare,
confrontare, meditare, temere, sperare... All'inizio la cosa certa pareva
potessero essere circa quindici
centimetri di neve fresca sulle Dolomiti e un certo miglioramento sabato
e domenica con cielo poco nuvoloso.
Però, a metà settimana, ecco il
peggioramento annunciato e neve prevista anche nella notte tra sabato e
domenica mattina, pur se in quantità limitata.
"Ma come? - mi chiedevo - Propongo un'unica ciaspolata per il
CAI Ferrara in tutto l'inverno, faccio due ricognizioni complete sul
percorso e un sopralluogo a misurare lo spessore di neve con la sonda,
ho il pullman da cinquanta posti pieno da oramai due settimane e
quindici persone in lista di attesa e mi tocca ripiegare su un piano B,
forse anche scontentando le persone cambiando zona e tipo di percorso?"
Sicché, a malavoglia, avevo predisposto anche un piano B, ma rimanendo però concentrato sul
piano originario e un paio di telefonate al rifugio Fedare mi aveva
dato la speranza di poterlo portare a termine, anche se forse un po'
ridotto nel percorso.
L'ultimo bollettino di Arabba Meteo, sabato pomeriggio alle ore 16:00,
non è che fosse granché con i fenomeni nevosi residui e quei -10°C di massima e il vento sui 10/20
Km/h, però il "rasserenamento nel pomeriggio" significava visibilità
buona sui panorami che, a mio avviso, sarebbero diventati il punto di
forza dell'escursione.
Quella era stata la discriminante sulla quale avevo puntato tutto,
pensando "se esce il sole davvero, alla vista dei panorami
dimenticheranno anche il freddo che avranno patito durante la giornata".
L'ultima telefonata di sabato sera con Ivan, il mio prezioso contatto in
loco, gestore/cuoco del rifugio Fedare, mi aveva dato la speranza di
poter arrivare sul luogo dell'escursione con il pullman senza dover
montare le catene, ovvero dover aggiungere almeno un'ora di tempo ad un
viaggio già abbastanza lungo di suo.
Il viaggio in pullman. Visto che alla partenza la situazione gita
era ancora incerta, ne abbiamo approfittato per condividere le
problematiche della vigilia prima con i due autisti e poi con i
partecipanti, anche perchè le eventuali decisioni di cambiare programma
potessero essere sia comprese sia condivise.
Durante il viaggio sono
intercorse un paio di telefonate con Ivan, del rifugio Fedare, ed è
arrivata la conferma che era scesa poca neve e la strada per il Passo
Giau sarebbe stata perfettamente praticabile.
Sollevati e soddisfatti di poter confermare il
programma della gita, ci siamo fatti un piccolo regalo (su simpatica
iniziativa proposta da "Mike" Lorenzo, il più giovane degli
accompagnatori, alla sua prima esperienza): un sacchettone di boeri,
acquistati al grill durante la sosta a Vittorio Veneto, che David ha
distribuito, due a testa, ai quarantotto partecipanti. Con la bocca dolce
siamo arrivati, infine, al rifugio Fedare.
Fervono i preparativi per l'escursione. Dopo tutte le ansie della
vigilia, i residui timori ancora durante il viaggio, la neve che
scendeva fitta in Val di Zoldo mentre il pullman risaliva verso Forcella
Staulanza, ci è parso incredibile arrivare sul piazzale del rifugio Fedare con
il sole, seppur pallido, e quasi totale assenza di vento.
Sappiamo però
che il meteo prevede variabilità fino ad inizio pomeriggio e il vento in alto
sulla dorsale non mancherà, ma
intanto si respira fervore e una certa fiduciosa allegria serpeggia nel gruppo.
Inizia la ciaspolata. La lunga fila si dipana lentamente e saliamo
sulla larga traccia preparata la sera prima con un gatto delle nevi per
lo svolgimento di una gara amatoriale effettuata con le ciaspole.
Ci
farà comodo risparmiare energie in questo primo tratto di salita nel
quale in poco meno di un'ora arriveremo sulla dorsale che collega
l'Averau al Monte Pore. Il passo è volutamente lento e regolare perchè
sappiamo di avere nel gruppo alcune persone alle prime esperienze con
le ciaspole e qualche altro meno allenato, però non abbiamo
voluto formare due gruppi separati da subito, preferiamo portare
tutti assieme fino ad un certo punto nel quale saranno gli stessi partecipanti a
scegliere se proseguire o ritornare sui propri passi.
La foto di gruppo. Avere nel gruppo il responsabile della
Commissione fotografica sezionale dà sempre un vantaggio perchè dopo
poco che si sta camminando arriva l'immancabile richiamo: "Facciamo
la foto di gruppo?"
Ci vuole un po' di tempo a compattare la moltitudine e per fortuna che
c'è la comodità della pista battuta.
La dorsale tra Monte Pore e Monte Averau. Il tratto dell'ampia dorsale che
percorriamo è davvero spettacolare nonostante una certa nuvolaglia
residua non consenta di vedere tutte le montagne intorno.
Qui la
vegetazione è scarna, non solo perchè siamo ad oltre 2.000 metri di
quota, ma anche perchè il vento molto spesso la fa da padrone,
contrastando con la sua forza il crescere ogni forma di vita vegetale.
Per fortuna oggi, nonostante le previsioni, non sta disturbando più di
tanto: si tratta di una "pausa" che la giornata ci sta regalando, perchè
in serata è previsto l'arrivo del Burian, il vento siberiano, violento e
gelido.
Sicché, superato anche un breve tratto un poco ripido, con vista verso
l'Averau, ci dirigiamo verso due baite che ci offriranno riparo per una
breve sosta.
Sosta e condivisione del programma. Non c'è gran vento, ma a ridosso della
baita si sta decisamente meglio, inoltre questo è un punto panoramico
che ci consente di mostrare a tutti il percorso che faremo e il punto in
cui
abbiamo intenzione di formare i due gruppi: chi si sentirà già un po'
stanco o preferirà tornare indietro in modo da non fare ulteriore
dislivello in salita lo dirà e gli accompagnatori si organizzeranno di
conseguenza.
Sullo sfondo si vede la slanciata piramide del Sass de Stria e subito a
desta il massiccio del Piccolo Lagazuoi.
Tratto di discesa in "ciaspola libera". Durante l'ultima
ricognizione abbiamo individuato un breve pendio sul quale fare scendere
il gruppo in ordine sparso e non nella consueta fila indiana. Sono
piccole esperienze che spesso mancano ai più e servono per imparare a
saper gestire le ciaspole in neve fresca e in discesa.
Così, all'insegna del "ciaspola libera", la fila indiana si scompone e
ognuno sceglie la sua personale discesa, di solito con gran divertimento
generale, ma non manca anche qualche imprecazione da parte di qualcuno
che si ritrova "cappottato" dentro la neve fresca.
Si prosegue sul versante Andraz. In allegria il gruppo si ricompone
e riformiamo la fila indiana.
Abbiamo cambiato versante e scendiamo verso Andraz e la strada di Passo
Falzarego, in leggero saliscendi.
La vegetazione è rada e quindi si riesce a godere il panorama pur
passando in mezzo agli alberi: qui si trovano mescolati tra loro i
Larici, gli Abeti, i Pini Mughi e anche parecchi esemplare di Pini
Cembri o Cirmoli.
Con divertente percorso tra gli alberi arriviamo all'inizio di un pendio
di neve immacolata e ci fermiamo.
Ora è il momento della decisione. Intanto è uscito un sole più
gradevole, il morale si rialza subito, anche perchè è arrivata la
notizia che la SPAL (la squadra di Ferrara che milita in serie A di
calcio, detto per gli "stranieri" che non lo sapessero) ha segnato un
goal al Crotone nello scontro diretto. E' arrivato il momento di
decidere chi se la sente di proseguire e chi ritiene che per lui sia
meglio evitare di scendere il pendio di questa piccola valle trasversale
che sta di fronte, per poi risalire sull'altro versante per
riguadagnare la dorsale tra Averau e Pore.
Il percorso è ben visibile e
valutabile, quindi la decisione sarà di certo consapevole.
Sono in sette che optano per il ritorno e lo faranno assieme a due
accompagnatori con l'intenzione che i due gruppi si riuniscano presso le
due baite presso le quali abbiamo fatto la prima sosta della nostra
ciaspolata.
La ciaspolata riprende. Il gruppo procede in discesa in ordine sparso, niente "ciaspola libera" questa volta, piuttosto un invito alla prudenza perchè questo pendio ha preso sole nel giorno precedente e si è formata una crosta di neve dura che, rompendosi sotto il peso della ciaspola, potrebbe ingenerare cadute che è bene evitare.
Il monte Pore assiste in lontananza alla discesa che avviene in maniera ordinata fino ad arrivare alla conca sottostante dove viene fatta una seconda pausa per mettere qualcosa sotto i denti.
Qualcuno si lamenta per il freddo e così la sosta dura meno del previsto e
si riparte, prima ripidamente, poi con pendenza più dolce e regolare, ma
la traccia, tutta in neve fresca, sarà da battere fino a raggiungere la
dorsale.
Via radio ci colleghiamo con l'altro gruppo che è sopra e ci aspetterà
per ricongiungerci e rientrare insieme.
Ripercorriamo la dorsale a ritroso lasciandoci alle spalle la Croda Negra
e l'Averau; mancano dieci minuti alle tre del pomeriggio, siamo un poco
in anticipo sulla tabella che avevamo fissato per il rientro al rifugio.
Il vento intanto è rinforzato e arrivano ogni tanto raffiche che
probabilmente non si discostano molto dai 20 Km/h che avevano annunciato
le previsioni meteorologiche; inoltre non è difficile accorgersi che il
primo gruppetto al quale ci siamo ricongiunti probabilmente
nell'aspettarci ha caricato freddo e anche qualche componente del nostro
palesa segni di insofferenza per cui ci separiamo nuovamente, dividendoci
più o meno a metà tra chi rientra subito al rifugio Fedare e chi si fa un altro "giretto".
Sondaggi del manto nevoso. Riusciamo a trovare una conca sotto
vento e con la sonda misuriamo la profondità della neve in diversi
punti, valutando anche la stratigrafia in base alla resistenza che
incontra la sonda.
Sono solamente informazioni di massima, ma l'interesse è alto, c'è
curiosità e anche voglia di conoscere meglio l'elemento sul quale
abbiamo camminato e gli eventuali pericoli che può nascondere.
Il freddo però ci fa rimettere in moto e ripartiamo andando un po' a
zonzo, così facciamo anche nella discesa verso il rifugio Fedare
"ascoltando" la diversa consistenza della neve sotto le ciaspole in base
all'orientamento del pendio e alla quantità di sole che può avere preso
la neve. Facciamo un ultimo sondaggio in un punto nel quale è visibile
l'accumulo portato dal vento e la sonda sparisce completamente nella
neve: sono oltre due metri di spessore.
Oramai verso il termine della nostra ciaspolata. Passando al fianco
di una baita ci ricongiungiamo al sentiero iniziale, poi lasciamo la
strada per scendere un ultimo pendio ripido che arriva dietro al rifugio
ed è fatta.
La "marcata diminuzione" delle temperature prevista nel pomeriggio dal
bollettino meteo è stata ben percepibile nell'ultima mezzora della
nostra escursione e all'arrivo al pullman il termometro a molla (che non
mente mai) conferma la sensazione di freddo con la quale abbiamo
convissuto nell'ultima parte dell'escursione.
Al rifugio Fedare: ripristino dell'equilibrio termico-calorico. Considerando che la giornata è stata impegnativa, grazie alla disponibilità dello staff del rifugio Fedare che ha tenuto aperta la cucina per noi, ci concediamo un'ora di ristabilimento calorico che trova varie personali "interpretazioni": si va dal the caldo, alle fette di torta, alla classica birra con panino, alle uova con lo speck su letto di patate al forno. Il colore delle facce rosse per il freddo e il vento, si stempera e il morale lievita, anche per la soddisfazione della giornata di escursione.
Un brindisi alla buona riuscita di questa ciaspolata che, nella vigilia,
ci aveva tenuto in ansia per il meteo incerto.
In primo piano il condirettore di gita Alessandro Zerbini, poi David
Zappaterra, Lorenzo "Mike" Michelini, Nicola Sandonati Piffanelli,
(questi ultimi due alla prima esperienza). Una bella "linea verde",
senza dimenticare il navigato Sergio Orlandini. L'inedita squadra
ha funzionato bene, mescolando esperienza ad entusiasmo e spontaneità.
Alle cinque sono tutti puntuali sul pullman, molti volti sono
ancora rossi (forse non solo a causa del freddo, viste le grappe che
hanno girato sui tavoli), quasi tutti sono sorridenti, si respira
soddisfazione per la giornata positiva. Qualcuno ricorda il fronte
freddo che investì la comitiva di una ciaspolata sociale a Passo Giau,
nel gennaio 2015.
Quel giorno era saltato completamente tutto il
programma nemmeno dopo un'ora di escursione, ed eravamo sfuggiti appena
in tempo ad una tempesta di neve con venti a raffiche misurate oltre i
100 chilometri all'ora, riparando all'interno del rifugio di Passo Giau.
Beh, anche
ripensando a quella disavventura, si può dire che oggi è andata di
velluto.
Solo a sera, oramai in vista del rifugio, abbiamo sentito le
prime raffiche del Burian imminente.
La nostra ciaspolata oramai è nello zaino dei ricordi, il freddo passa,
mentre la soddisfazione resterà in noi.
Gabriele Villa
Con le ciaspole ... in fuga dal Burian
Fedare (Passo Giau), domenica 25 febbraio 2018
Nota dell'autore.
Le foto che accompagnano il testo sono per la maggior parte mie, ma devo
ringraziare per il prezioso contributo con il quale ho potuto completare
la documentazione del racconto vari altri fotografi:
Stefania Gaiba, Nicola Sandonati Piffanelli,
Roberta Veneziani, Alessandro Zerbini,
Enrico Baglioni.