D'autunno sul Col Duro, tra Yack e panorami
di Gabriele Villa
I motivi del mio crescente affetto per questa cima sono ben descritti in una relazione che ho trovato in rete e precisamente su "TrekkinGO.it" e per comodità la riporto fedelmente.
La salita al Col Duro è
consigliata solo ad escursionisti esperti di montagna, in quanto la traccia
del sentiero è flebile e spesso assente. Bisognerà pertanto mettere in campo
buone capacità di orientamento, nell’individuare la giusta via da prendere
ed arrivare così alla sommità di questo colle, poiché prendere una traccia
sbagliata può condurvi all’improvviso in impraticabili dirupi. E’ da evitare
la percorrenza in inverno, quando c’è neve poiché non si vedono più le
tracce; o in primavera, per via della precarietà del sentiero a conseguenza
del disgelo, come ad esempio alberi caduti, oppure il pericolo che si
verifichino frane.
Detto ciò, è comunque un’escursione da intraprendere, per chi ha le capacità
necessarie, in quanto la solitudine del luogo è garantita, infatti,
difficilmente incontrerete qualcuno disposto a salire su un sentiero così
selvaggio, la maggior parte degli escursionisti invero predilige il vicino
Monte Rite, a discapito di questo colle, che rimane sconosciuto ai più.
Un’esperienza solitaria a totale contatto con la selvaggia natura alpina,
che spesso regala incontri con scoiattoli, camosci, caprioli e stambecchi.
In ultima e non di meno, dalla sommità del colle si ha una vista magnifica
sulla parte settentrionale della Val Zoldana, sul Civetta e ancor di più sul
Pelmo.
Il Col Duro l'ho già salito cinque volte, due volte in estate, due d'inverno con le ciaspole e l'ultima pochi giorni fa trovando la montagna in veste autunnale, probabilmente la migliore. Devo la scoperta di questa escursione all'amico Pompeo De Pellegrin, che ci accompagnò la prima volta alla scoperta di questo "colle", come lo chiama qualcuno, che pareva quasi una seconda scelta, tanto per riempire una giornata per fare la gamba per qualcosa di più impegnativo. Invece mi regalò belle sensazioni, quelle che te lo fanno ripetere senza stancarti.
Prendo a prestito la descrizione dell'itinerario di salita al Col Duro da "dolomitifacili.it", intercalando le foto fatte nell'ultima escursione, con la montagna in veste autunnale e una eccezionale limpidezza dell'aria.
Quattro Tabià (1.475 metri), località un chilometro ad ovest della Forcella
Cibiana. Uno slargo, sul lato opposto della strada, permette la sosta ad
un paio di macchine. Vi parte il sentiero 494, parallelo alla Val
Inferna che si riesce solo ad immaginare sul fondo dell’impluvio. Taglia
le ripide coste boscose del Col d’Orlando, senza tornanti e senza
problemi oltrepassa un breve cono franoso. Superiamo anche panche di
legno ed un rigolo d’acqua con bicchiere a disposizione. Una mulattiera
frequentata e gradevole, la scarsa pendenza tradisce origini militari.
Arriviamo ad una prima possibile deviazione che va a scendere la Val
Inferna e le antiche miniere abbandonate.
Di seguito la Forcella Val
Inferna (1.748 metri), il crocevia fondamentale che indirizza
l’escursionista incontro all’obiettivo desiderato. A sinistra il Col
Duro, a destra il Monte Rite, dritti si cala al Rifugio Talamini.
Per il Col Duro c’incamminiamo sempre dentro il bosco, lungo una buona
traccia senza numero. In falso piano tra formicai, alberi sradicati e
con qualche piccolo strappo avanziamo attenti sul sommo di due opposte
vallate.
Non s’incontra anima viva, si avverte però la presenza degli
animali.
Gli arbusti diminuiscono in prossimità di una bella radura, finalmente l’aria in faccia. Scompare la pista, si confonde tra l’erba pettinata dal vento. La nostra meta è davanti a noi, anche se non mettiamo a fuoco la giusta via per arrivarci. Non molliamo per nessun motivo, la soluzione va cercata sulla destra dentro un’ultima fascia alberata e ritroviamo la traccia rassicurante. Aggiriamo l’ultimo avancorpo e vinciamo la rampa di rododendri che porta sul punto più alto. Siamo un puntino nel verde sulla cima del Col Duro a 2.033 metri.
Di mio aggiungo qualche annotazione di colore e qualche informazione integrativa.
A proposito di panorama a "360 gradi", direi di non trascurare la vista della imponente piramide dell'Antelao e nemmeno la visione completa del versate Est del massiccio del Civetta.
Se invece vi capita una giornata con un poco di umidità negli altostrati, stando sdraiati comodamente sulla cima, potrete immaginare di giocare a Tris con le scie degli aerei, o magari ripassare qualche figura geometrica come ad esempio il triangolo equilatero.
Prestate invece attenzione se incontrate gli Yack al pascolo. Sono animali
abbastanza mansueti e vi lasceranno passare se camminerete tranquilli
senza vociare e a una certa distanza da loro. Fate solo attenzione a
qualche giovane animale perché probabilmente sarà curioso e potrebbe
venirvi incontro e subito la madre arriverà per proteggerlo, come tutte
le madri con i propri cuccioli, anche se in questo caso sono di
dimensioni non trascurabili.
Non vi sarà difficile fare qualche passo indietro e girare prudentemente
più in largo, evitando complicazioni.
Infine, un suggerimento. Prima di partire per fare ritorno verso la pianura non mancate di salire al Passo Cibiana (è solo un chilometro di strada) per ammirare la stupenda piramide di roccia del Sassolungo. Se sarete fortunati vi regalerà anche uno spicchio di luna prima che arrivi il tramonto.
Gabriele Villa
D'autunno sul Col Duro, tra Yack e panorami
Col Duro (Cibiana), 28 ottobre 2017