Albe in Dolomiti - Croda Granda

di Francesco Pompoli


Apro gli occhi prima che la sveglia suoni, la schiena al solito dolorante sulla cuccetta.
Non voglio disturbare gli altri occupanti del bivacco quindi mi infilo le scarpe e sguscio fuori, sotto un cielo nero tappezzato di stelle.

Sono le cinque, questa volta arriverò in meno di un’ora sulla cima dove ieri sera ho ammirato il tramonto.
Il silenzio notturno è quasi totale, solo uno stillicidio di acqua in lontananza mi ricorda che sono assetato e che devo assolutamente riempire almeno una borraccia per arrivare al rifugio Treviso.

Ripercorro nella notte le tracce di ieri, una breve discesa alla forcella Sprit, la risalita del canalone che conduce alla spalla della Croda Granda, ed infine le roccette che portano verso la cima che ieri sera mi ha regalato uno splendido tramonto.

Il cielo comincia a schiarire verso est, scatto le prime fotografie e ne approfitto per mangiare qualche barretta e bere la poca acqua che ho rimediato da un rigagnolo che per fortuna non sono riuscito ad osservare alla luce del sole … intanto l’orizzonte comincia a virare all’arancione, la giornata è tersa e improvvisamente il disco arancione del sole spunta da lontane montagne dietro il gruppo del San Sebastiano.

Dovrebbero essere le Dolomiti Friulane, grazie allo zoom riesco ad inquadrare il momento in cui il sole spunta solo parzialmente da una guglia e poi sale verso il cielo illuminando prima le cime più alte delle Pale...

... poi raggiungendomi sulla cima della Croda Granda, ed infine rischiarando il Sass Maor, l’altipiano e la valle del Primiero sottostante.

Nel frattempo mi hanno raggiunto due compagni della serata di ieri, con loro scambio quattro chiacchiere e un po’ di frutta secca, un ultimo sguardo a 360° a questo splendido panorama e rientriamo insieme al bivacco.

Qui approfitto della loro gentilezza, hanno pane e crema di nocciole entrambe fatte in casa, cerco di raccogliere energie per la giornata che mi attende.

Sono le otto quando decido di partire verso i Vani Alti, per poi scendere lungamente sul versante Sud sopra Sagron - Mis. Circa a quota 2000 metri comincio a risalire verso la Forcella delle Mughe, per un sentiero molto ripido che non ho mai percorso prima. Giunto in forcella lascio lo zaino e mi avvio più leggero verso l’attacco della via normale al Sass d’Ortiga. La via l’ho già percorsa in discesa dopo aver fatto splendide arrampicate diversi anni fa (lo spigolo Nord e la Scalet-Bettega sulla parete Ovest), ed anche in salita qualche anno fa, in un analoga galoppata per monti.
Devo dire che però non ricordavo alcuni passaggi impegnativi che senza corda affronto con parecchia attenzione: il primissimo, su un camino-fessura da superare con forza, un tratto successivo, su una placca un po’ liscia ed inclinata, ed una paretina più in alto, abbastanza verticale e con un altro passaggio piuttosto brusco con esposizione non indifferente; evidentemente l’età avanza, il mal di schiena di certo non aiuta e la ruggine che sto accumulando non andando ad arrampicare da anni completa l’opera…

... comunque durante la salita posso rilassarmi su lunghi tratti di sentiero, per quanto esposto, ed ammirare gli scorci sulla verticale parete Ovest e le innumerevoli stelle alpine.
Sono le dieci quando arrivo in cima, in completa solitudine.

Finisco le ultime gocce d’acqua, ammiro il panorama a picco sulla Val Canali, ma il pensiero va ai passaggi di arrampicata da affrontare i discesa e, soprattutto, alla sete che mi sta tormentando.
Mille metri di dislivello più sotto posso vedere il tetto del rifugio Treviso, comincio a pregustarmi il gusto aspro di una radler, la sua temperatura fresca, il suo colore giallo chiaro … che sete!
Meglio ripartire, il caldo anche oggi comincia a sentirsi anche in quota.
Tutto sommato me la cavo bene nella discesa, i passaggi sono meno impegnativi del previsto, recupero lo zaino in forcella e scendo il ripidissimo sentiero che porta verso il rifugio.
Ogni tanto scorgo il tetto, sembra sempre lontano, sembra non arrivare mai … finalmente mi arrivano le voci dei numerosi avventori, poi d’improvviso in mezzo ai mughi ecco la fine del sentiero e l’affollato piazzale davanti al rifugio!
Trovo Tullio al bar, sembra proprio che mi stesse aspettando …
Mentre ci salutiamo mi spina una radler media, che sparisce dal bicchiere come risucchiata da un’idrovora …
Mi guarda un po’stupito … “da dove vieni?” - mi chiede.
Mi rifiuto di rispondere prima di un rabbocco del bicchiere! Ora va molto meglio, mangio anche un panino e saluto tutti visto che sono molto impegnati con il lavoro.
Continuo la discesa in Val Canali, mi rinfresco nel torrente che scorre a fondovalle, è un po’ tardi rispetto ai miei programmi e soprattutto è una giornata caldissima, ed io mi sento piuttosto stanco: le diciannove ore di escursione di ieri sicuramente hanno un ruolo importante, ma anche la scarsità di acqua mi lascia una sensazione di spossatezza.
Inoltre, questa sera voglio essere a San Martino per le 18:00 per assistere ad una conferenza sulla guida Michele Bettega, fondatrice del gruppo delle Aquile di San Martino e grande primo salitore di cime e vie importanti: è uno degli alpinisti più famosi che hanno vissuto in Primiero e fatto attività esplorativa sulle Pale di San Martino, quindi non posso mancare!
A Cant del Gal decido quindi di abbandonare il progetto originario, che prevedeva la risalita al Rifugio Pradidali e al Passo di Ball, con la discesa per la Val di Roda, e opto per il più noioso sentiero in bassa quota per il Col dei Cistri, già percorso pochi giorni fa per rientrare dai prati di Villa Welsperg.
Per non annoiarmi ripercorro con la mente queste due giornate, la salita della ferrata Bolver Lugli di notte, la prima alba sul Cimon della Pala, la lunga traversata verso la Croda Granda, il tramonto e la successiva alba, la notte ad ammirare le stelle cadenti, la salita al Sass d’Ortiga, le due radler!
Giornate piene, rese stimolanti dalla novità di studiare le escursioni con la nuova prospettiva di giungere sulle cime prima dell’alba per poter assistere all’incredibile esplosione di colore.
Il gioco si può ora riprodurre all’infinito, magari d’inverno, con la neve, e già il pensiero va alle prossime albe su nuove cime.


Francesco Pompoli
San Martino di Castrozza, 13 agosto 2015


Itinerario

Distanza 25,5 chilometri – Dislivello positivo 1.540 metri
Percorrenza complessiva ore 8e45, escluse le soste lunghe.