Una ciaspolata tra vecchi amici al Piz Ciampei
di Gabriele Villa
Capivo che era arrivato il momento di mantenere la promessa fatta, oramai
due anni prima, a un vecchio amico, ex allievo dei corsi roccia degli
anni ottanta e socio del CAI Ferrara da lunga data.
Mi ero creato anche un impegno reale, oltre che morale, per avere una
ragione in più di non avere detto "parole al vento": fare una ciaspolata su di
una cima che non richiedesse troppo impegno fisico.
Alle mie telefonate per prendere accordi aveva risposto soltanto a sera, ma sapevo che lui è uno sciatore
accanito e, infatti, mi aveva subito detto "oggi ho sciato
come un matto".
"Io però ti propongo di fare insieme una ciaspolata dalle parti di
Passo Valparola." - gli avevo specificato.
"E' parecchio tempo che non vado a ciaspolare. Spero di potercela fare."
"Ce la farai di certo. Andremo su
di una cima vicina al Passo Valparola."
"Mi porti a Le Pale de Gerda?"
"No, andiamo al Piz Ciampei, che è ancora un po' più vicino."
"Sabato mattina mi faccio trovare al rifugio del Passo con le mie
ciaspolone."
"Aspettami a casa che vengo io a prenderti, - avevo incalzato - tanto tu abiti ad
Andraz e sei sulla strada."
Forse potrà apparire un poco strano questo dialogo telefonico, ma è solo
perchè ancora non ho detto che il mio amico, Francesco Moretti, è della
classe 1931 e si fa presto a fare i conti, ha 82 anni, compiuti ad
aprile.
La nebbia del sabato mattina ci accompagna fin quasi a Vittorio Veneto
ma riesce a ritardare non più di dieci minuti il nostro appuntamento
delle 10:30 e la prima casa di fronte alla chiesa di Andraz è molto
facile da individuare.
Francesco ha tutto pronto dietro l'uscio di casa, zaino, ciaspole e
bastoncini telescopici; li carichiamo nel baule dell'auto e
prestamente raggiungiamo il Passo Valparola in una bella mattina di sole
e, meraviglia inaspettata, non tira la benché minima bava d'aria su
questo che è il transito privilegiato delle correnti fredde che dalla
Val Badia scavalcano il valico per riversarsi in alta Valle Agordina.
Non ha smesso di soffiare un momento, invece, il flusso dei discorsi di
Francesco che racconta delle sue sciate dei giorni scorsi con le
magnifiche giornate di sole che l'alta pressione ha regalato in questo
inizio di stagione invernale, snocciolando cifre da capogiro sugli
impianti presi, sui chilometri di piste discese, sui dislivelli
superati.
"Loro credono che un vecchietto faccia solo due o tre discese, ma io
non mi fermo un attimo e scio dalle nove di mattina fino al
primo pomeriggio, dopo di che me ne torno a casa ad Andraz a mangiarmi
una bella zuppa, poi mi metto sul balcone a prendere il sole."
Se la ride di gusto, e riprende a raccontare.
"Mi fanno anche lo sconto
perchè il mio Superski Pass stagionale è quello dei Super Seniores ma non sanno che per
loro è una fregatura."
Prendiamo un caffè nel piccolo rifugio e poi iniziamo a prepararci
al sole tiepido; lo aiuto a calzare le ciaspole e poi siamo pronti a
partire, scendendo subito nella conca del laghetto perchè il sentiero
estivo attraversa a metà pendio, partendo da dietro il rifugio, ma con
la neve crostosa non è proprio il caso di seguirlo.
Infatti, troviamo la traccia già battuta e la cosa ci agevola.
Francesco parte molto concentrato; ora si tratterà solo di regolare il
passo, che cerco di impostare lento e regolare, riservandomi di valutare
strada facendo se va bene o meno.
Attraversiamo la piana del laghetto Valparola e ancora scendiamo nella
conca successiva, lasciando il sentiero estivo in alto a destra; faremo
un giro un pochino più lungo ma con il vantaggio di avere il fondo più
agevole.
A
fine conca, quando la pendenza comincia ad accentuarsi, mi preoccupo della
regolarità del passo cercando i punti con il fondo più lisciato perchè "quando
c'è da alzare il piede faccio più fatica", spiega Francesco.
Cerco di immaginarmelo sugli sci che sfreccia veloce, ma so per
esperienza diretta quanto un "vecchietto" con una buona tecnica possa
mangiare i "risi in testa" a uno più giovane ma meno esperto.
Ricordo le
giornate sugli sci con il buon Rolando che, oramai settantenne,
dopo una giornata intera trascorsa sulle piste mi aveva sempre "rosolato" a puntino e
fortuna che c'era lui a guidare l'auto per tornare a casa mentre io mi
appisolavo sul sedile, sopraffatto dalla stanchezza.
Qui però è diverso e lo sa bene anche Francesco; ne è consapevole e lo
si vede dalla concentrazione che mette nel procedere, passo dopo passo
seguendo le impronte della mia traccia.
Ora parla poco, piuttosto sta concentrato sulla respirazione, badando
bene dove sistemare le ciaspole e io sono contento che la neve sia
scarsa e pure crostosa, che la giornata sia tiepida e senza vento, che
il Piz Ciampei non sia troppo lontano e la giornata ancora lunga, al
punto che comincio a pensare che ce la faremo davvero ad arrivare a
calcarne la cima.
Risalito il valloncello arriviamo sotto la dorsale che conduce alla
vetta e la ripidità aumenta ancora un poco, però la neve rimane crostosa
e, con qualche pausa in più a rifiatare, ci portiamo in alto e credo che
a questo punto anche Francesco abbia capito che ce la faremo a
raggiungere il nostro obiettivo.
Ora appare più rilassato, e il suo volto rivela la soddisfazione per
quello che sta riuscendo a realizzare.
Attraversiamo una fascia di mughi tra i quali si sfonda qua e là, dove
la crosta non è portante e si rompe, ma sono pochi metri e poi arriviamo
ad una conchetta sopra la quale si erge la calotta rocciosa finale.
Togliamo
le ciaspole e le lasciamo al sole appoggiate sui sassi del ghiaione, per
subito ripartire lungo il sentiero che si riconosce tra qualche chiazza
di neve e porta verso la vetta.
Oramai siamo al breve pendio finale, dove ancora prevale un sottile
strato di neve, e la croce di vetta oramai è lì a portata; allungo il
passo e mi porto in posizione favorevole per scattare la foto a
Francesco la cui euforica allegria è adesso assolutamente percepibile e
trasmette soddisfazione per quella felicità così genuina e gioiosa,
quasi fanciullesca.
Siamo sulla cima del Piz Ciampei a 2.290 metri di altezza, la giornata è
stupenda, non c'è una nuvola in cielo, non tira la minima bava d'aria,
la temperatura è gradevole e, a ben guardare, non si riesce a capire chi
sia più felice tra l'accompagnato e l'accompagnatore.
Ciascuno gode della felicità dell'altro e Francesco continua a ripetere
sorridendo:
"Che bel regalo che mi hai fatto, Gabriele".
Mentre estraggo dallo zaino lo stemma delle "150 cime per i 150 anni del
CAI" gli spiego in che cosa consiste l'iniziativa promossa dalla sezione
di Ferrara e che la nostra foto di vetta entrerà nella lista pubblicata
sul sito sezionale perchè siamo i primi, come da regolamento, a salirla
con lo stemma.
"Ma c'è qualcuno della mia età a Ferrara che è riuscito a salire qualche cima?"
- chiede curioso.
"Uno sicuramente è Sandro Gorini." - rispondo alla domanda che
rivela l'istinto di competizione.
"Ma Sandro è di quattro anni più vecchio di me!" - esclama,
quasi con
una punta di rammarico.
"Eh, sì! Ti devi rassegnare al secondo posto. - Scherzo,
sorridendo al pensiero - Però questa tua è la prima vetta della stagione
invernale fatta con le ciaspole."
Facciamo le foto di rito e poi ci sediamo a mangiare qualcosa godendo del
panorama e chiacchierando ad ampio raggio, di ogni cosa, dalla
situazione politica nazionale, ai prezzi praticati dai rifugi e dalle
baite sulle piste da sci, a vicende familiari, ai ricordi dei corsi
CAI degli anni passati, ai comprensori sciistici che lui frequenta
attualmente.
"Forse ti annoio con tutte le mie chiacchiere. A una certa età non si
fa altro che rivangare il passato e riscoprire tutti gli errori che se
anche ci fosse una seconda vita torneremmo a fare: mi mancano molto gli
amici con i quali reciprocamente ci si confidava. Nel giugno dell'anno
scorso e' morto l'ultimo degli amici, mio coetaneo, che camminava e
sciava con me. Ora scio da solo ma non è la stessa cosa. Vado su e giù
come un automa. In più sono diventato sordo perciò non riesco a parlare
con persone che non mi conoscono."
C'è un velo di pacata tristezza nelle sue confidenze ma anche la
consapevolezza di una stagione della vita dalla quale cercare di
prendere quanto più sia possibile, vivendo e godendo giorno dopo giorno.
"Tu oggi mi hai fatto un grande regalo." - ripete, infine e mi
riempie di soddisfazione sentirglielo dire.
"Oggi è proprio una bella giornata di montagna e poi abbiamo salito
una cima." - confermo per parte mia.
Lui sembra quasi non sentire la mia voce e continua a seguire
l'invisibile filo dei suoi pensieri e dei ricordi.
"Non posso dimenticare che sei stato tu ad insegnarmi ad arrampicare.
Dopo i settant'anni ho fatto le più belle ferrate della mia vita:
Tomaselli, Lipella, Punta Anna - Tofana di Mezzo, attraversata del
Catinaccio di Antermoia, Mesules... Ferrata delle Trincee... Averau in
inizio stagione per provare se ero ancora capace... Piz da Lec... Tofana
de Inze... la Ferrata del Vallon... Ora vado al Pomedes, al Principe, al
Vallon e guardo col binocolo chi sta arrampicando. L'ultima camminata
indimenticabile l'ho fatta nel settembre 2011: Val S. Nicolò, Passo
S. Nicolò e ritorno per Passo Pascé." - racconta mentre la voce
sembra tremare nell'emozione degli intensi ricordi.
E' piacevole ascoltarlo perchè nel suo raccontare la malinconia per il
tempo passato non prevale perchè sopraffatta dall'intima
soddisfazione delle salite compiute assecondando la forte e innata
passione.
Trascorrono quaranta minuti in questo placido conversare, poi ci alziamo
per rimetterci sulla strada della discesa, prima per il pendio, poi per
la traccia di sentiero ghiaioso, arrivando al luogo dove abbiamo
lasciato le ciaspole.
Lo aiuto a calzare le sue, dimenticandomi di rimettere le mie, ma me ne
accorgo al primo passo e subito riprendiamo le tracce che abbiamo lasciato sulla neve,
attraversiamo la piccola fascia di mughi e caliamo lungo il ripido
pendio sul quale la neve è rimasta compatta perchè il flebile sole di
metà dicembre non ce la fa a scioglierla e per noi è un vantaggio non da
poco.
Sto davanti come ho fatto in salita, passo lento e regolare, mi guardo
intorno anche se sono luoghi che conosco a menadito, ascolto dietro di
me Francesco che recita le poesie che gli facevano imparare a memoria a
scuola.
"Una
volta te le facevano studiare e imparare a memoria." - sento che
racconta a Rita che chiude la nostra fila.
Poi passa alle canzoncine allegre e, una in particolare gliela sento
ripetere più volte, tanto che, alla fine, la mando a memoria pure io,
anche perchè sono solamente due strofe.
Quando g'avevo i dollari...
... i dollari in te le scarselle
tutte le bimbe belle
venivano da me.
Adesso che no go più i dollari....
... i dollari in te le scarselle
gnanca le vedovelle
vengono più da me.
Se la canta e se la ride di sottecchi il mio amico e penso che la
soddisfazione per la cima lo abbia appagato.
Intanto le nostre ombre si allungano sul pendio e la conca ci aspetta
più in basso, rigata dalla nostra traccia.
Divalliamo
con calma, traversiamo la conca, risaliamo alla forcella del laghetto,
perdiamo qualche metro di quota e traversiamo verso il rifugio nei
pressi del quale incrociamo due ragazze anche loro con le ciaspole.
"Da dove venite?" - ci chiede quella davanti con tono allegro.
"Siamo stati sulla cima del Piz Ciampei con questo ragazzo del 1931."
- rispondo prontamente.
"Ah... però. Complimenti." - conclude, prima di un "buona
passeggiata" che ci scambiamo vicendevolmente.
La nostra, a dire il vero, volge al termine, rimane soltanto da
superare la rampetta che ci riporterà sul piazzale del rifugio
Valparola, uno strappetto che impegna il sempre concentrato Francesco.
"Come vedi, i vecchi guardano sempre per terra." - conclude
mentre compie gli ultimi passi stando ben attendo a non scivolare.
Sono passate tre ore e mezza dalla partenza e abbiamo raggiunto il
nostro obiettivo che, a chi sa leggere tra le righe, apparirà chiaro
non essere stato solamente raggiungere la vetta del Piz Ciampei che pure,
nel suo piccolo, è una bella cima panoramica.
Nel breve lasso di tempo che impieghiamo ad arrivare ad Andraz fa in tempo
a raccontare alcune disavventure occorsegli negli ultimi tempi, tra cui
una caduta con le ciaspole nella quale aveva battuto la testa
procurandosi una ferita poi suturata con sette punti, episodio che lo
aveva fatto decidere di smettere di ciaspolare, per i rischi che può
comportare trovarsi da soli in ambienti isolati.
Salendo
in casa sua, scopro il Francesco "tecnologico", che si fa dare la
memoria della mia digitale per scaricare le foto che gli ho scattato
durante la giornata, dicendo "non ho mai avuto un servizio
fotografico così dettagliato".
Poi mi mostra il programma che gli elabora i dati rilevati dal suo cip
digitale durante le giornate trascorse sugli sci: "mi dice quanti
impianti ho preso, mi fornisce i dislivelli superati e le distanze
chilometriche percorse."
Sembra non avvertire le fatiche della giornata e io lo guardo
stupefatto di tanta energia e resistenza, mentre comincio, per contro a
sentire non tanto le fatiche della giornata ma la stanchezza dell'alzataccia del mattino.
Lunedì nel pomeriggio ricevo una sua e-mail che leggo con piacere e
interesse:
"Caro Gabriele, io non so ancora come ringraziarti del magnifico
regalo che mi hai fatto. Come hai pronosticato, domenica ero cotto e
sono stato in riposo assoluto con la compagnia di qualche crampo.
Stamattina alle 8.45 ero di nuovo ad Alleghe. Solo dopo alcune discese i
muscoli si sono rilassati e ho ripreso a sciare come si deve."
Stupefacente Francesco, ancora mi ringrazia ma forse non sa che pure io
ringrazio lui perchè ho la piacevole sensazione di avere imparato
"qualcosa" in più della vita nella giornata che abbiamo trascorso
assieme.
E
me lo rivedo davanti, soddisfatto e sorridente, nell'incontro fortuito di
due anni prima, davanti alla Baita di Andraz mentre mostrava orgoglioso la
sua tessera CAI: anno di iscrizione 1949.
In quell'anno io non ne avevo ancora compiuti due ed ero alle prese con
i pannolini, ma oggi la comune passione per la montagna ci ha unito e
non è retorica dei sentimenti ma una sensazione reale.
Credo che pure Francesco abbia percepito qualcosa di simile quando, a
conclusione della sua e-mail, scrive:
"Mi ha colpito il motto LA MONTAGNA UNISCE. Alla montagna mi sono
aggrappato mani e piedi nei momenti più difficili della mia vita. Ho
ripetuto mentalmente questo motto tutta domenica, ho ritagliato la foto
dove siamo io e te in modo che il motto fosse ben leggibile e l’ho
spedita a figli e nipoti..."
Gabriele Villa
Una ciaspolata tra vecchi amici al Piz Ciampei
Passo Valparola, sabato 14 dicembre 2013